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La serenità di Lombardo, il silenzio del boss

Il governatore all'udienza del processo che lo vede imputato per reato elettorale: "Demolite tante sciocchezze"

16 maggio 2012

"Sono di una serenità infinita e anche molto soddisfatto per avere partecipato all'udienza perché sentendo e rileggendo gli atti mi viene facile rispondere e soprattutto demolire le tante sciocchezze che ho letto negli atti di questo processo".
Queste le affermazioni del presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, a conclusione dell'udienza di ieri nel 'processo Iblis', che lo vede imputato per reato elettorale, assieme al fratello Angelo, deputato del Mpa, e che ha reso dichiarazioni spontanee davanti al giudice monocratico di Catania, Michele Fichera.
"Non è stato difficile smontare tutto quello che abbiamo letto da mesi e mesi in queste carte - ha spiegato il governatore - non c'è stato alcun impegno per la candidatura di un tal Sinatra, che proveniva da altri, come credo che sarà stato accertato nell'attività di indagine, non c'è dubbio".

''Nessun patrocinio della ditta Safab - ha poi sottolineato Lombardo - che aveva ben altri patroni in Sicilia. Basta verificare chi l'ha inserita in una delle tante alleanze. C'è anche la mafia, c'è l'interesse dei Santapaola per il termovalorizzatore di Catania. E chi ha patrocinato quello di Palermo? Sicuramente non noi, che abbiamo smontato il sistema dei termovalorizzatori''.
''In quanto al pentito Di Gati, che già è stato dichiarato inaffidabile in altri processi su Catania - ha osservato ancora il presidente della Regione - sosteneva altri partiti ed altri candidati nel 2006. Né Lo Giudice, dell'Udc, è stato vicino a me. Chi faceva riferimento a me si chiama onorevole Roberto Di Mauro''.
"Il quarto punto è quello di questi appalti
- ha ribadito Lombardo - ma la Regione, con due assessori come Piercarmelo Russo e l'ex prefetto Marino, fa i piani ed è tenuta a destinare le risorse ai vari Ato. Poi, che gli Ato facciano appalti, abbiano in società qualunque tipo di ditte beh certamente non è di nostra competenza, non è assolutamente di nostra competenza. Posso assicurare - ha concluso il governatore - che certamente il nostro comportamento e i nostri atti sono stati tutti ispirati a massima trasparenza".

Davanti al giudice Fichera è stato chiamato a deporre anche Rosario Di Dio, ritenuto il boss mafioso di Ramacca e Palagonia, e un ufficiale del Ros dei carabinieri.
Secondo l'accusa, il 26 maggio del 2009, Raffaele Lombardo si sarebbe recato a casa di Di Dio a Ramacca per chiedergli sostegno elettorale. Questa circostanza è stata sempre negata dal governatore, il quale ha invece confermato di aver incontrato varie altre Di Dio in un distributore di benzina di cui è gestore.
Collegato in videoconferenza dal carcere dove è recluso al 41 bis, Di Dio si è avvalso della facoltà di non rispondere.
In un'intercettazione ambientale compiuta negli uffici della stazione di servizio che il boss gestisce sulla Catania-Gela, in territorio di Palagonia, Di Dio parla con un amico di presunti favori elettorali fatti al governatore e di un incontro tra lui e i fratelli Lombardo avvenuto il 26 maggio del 2009 a casa sua mentre il capomafia era sottoposto alla sorveglianza speciale. Il boss nelle conversazioni intercettate parla di Lombardo definendolo "un pezzo di mer...", "un gran cornuto" e "gesuita". I giudizi sul governatore sono espressi a un amico mentre insieme ascoltano le notizie dei telegiornali sulla nuova giunta regionale composta anche da due magistrati.
"Alle prime elezioni regionali che ci sono state - aggiunge Di Dio - questo gran bastardo aveva fatto un accordo con... a Catania. La sera prima delle votazioni... avevo la sorveglianza speciale... è venuto con suo fratello Angelo... si è mangiato otto sigarette".
"Io ho rischiato la vita e la galera per lui - afferma - e le cazzate che ha fatto lui....". Il boss gli avrebbe chiesto spiegazioni del perché non dispose un intervento nei suoi confronti che aveva "un sacco di debiti con il Consorzio" di bonifica della Piana facendo aspettare suo figlio per due ore e mezzo senza riceverlo. Una rabbia che porterà Di Dio a "dare il voto a un gran bastardo" ma non a Lombardo. "La mia famiglia - precisa - voti al presidente non gli ne ha dati...".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Ansa, Lasiciliaweb.it]

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16 maggio 2012
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