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La Sicilia analizzata dalla Cgil è un'Isola che non cresce economicamente né a livello occupazionale

03 febbraio 2006

''L'economia siciliana non cresce e a creare reddito nell'Isola è soprattutto la pubblica amministrazione e i servizi a essa collegati. Il rapporto tra spesa pubblica e Prodotto interno lordo (Pil) per la Sicilia è pari infatti al 33% mentre il dato italiano è del 19%. Se si guarda alla composizione complessiva del Pil si evince inoltre che il 78% proviene dai servizi , l'11% dall'industria in senso stretto, il 6% dalle costruzioni, il 5% dall'agricoltura''.
Sono questi alcuni dei dati sulla situazione economica siciliana diffusi dal segretario generale della Cgil regionale, Italo Tripi, in apertura del 13° congresso della Cgil dell'isola, tenutosi il 23, 24 e 25 gennaio scorso.
Secondo le previsioni della Cgil inoltre, a situazione inalterata la quota di Pil derivante dai servizi nel 2013 dovrebbe attestarsi all'85%. Il Pil della Sicilia, secondo il Cerdfos (il Centro studi del sindacato) dal 1993 al 2004 è cresciuto del 16,3%, meno dunque del Mezzogiorno, dove la crescita in 10 anni è stata del 18,1%, e meno ancora del dato italiano, pari al 19,1%. Le prospettive, peraltro, non si presentano rosee: nel 2005, infatti, le stime parlano di previsione di crescita zero (molto lontano dal 2% previsto dal Dpef regionale 2005-2007) e di ripresa modesta nel 2006.

Il centro studi della Cgil siciliana ha anche analizzato la serie storica del rapporto tra reddito da lavoro dipendente e Pil e tra capitale e prodotto interno lordo. In trent'anni (dal 1972 al 2002, questo il periodo preso in considerazione) la percentuale su scala nazionale è diminuita, segno che al reddito da lavoro dipendente è andato sempre meno rispetto alla ricchezza prodotta: c'è stato in pratica un progressivo impoverimento del lavoratore dipendente.
In Sicilia si è passati dal 48,4% del 1972 al 41,2% del 2002 mentre i dati italiani sono 50,3% e 41,2%. Si deduce anche un livellamento al dato nazionale rispetto a 30 anni fa, quando il lavoro dipendente era in altre zone del paese meglio retribuito. Secondo la Cgil, inoltre, con un'accelerata a partire dal 1996 c'è stata un progressivo e significativo processo di finanziarizzazione della Sicilia che non si è però tradotto in maggiori investimenti. Mentre in Italia in trent'anni il rapporto tra redditi da capitale e Pil è rimasto stazionario (dal 15,9% al 15,7%), in Sicilia ha fatto un balzo dall'8,4% al 12%. Si tratta di quella ricchezza conseguita investendo in borsa, attraverso dividendi, partecipazioni e quant'altro dunque, che non viene tuttavia, secondo le considerazioni della Cgil, reinvestita nel territorio.

In questo contesto, rileva la Cgil, l'occupazione stagna, con settori come l'industria in preoccupante calo (-10 mila posti di lavoro nel 2004) ed alcune tendenze del 2004 sono confermate nel 2005. Prosegue infatti il fenomeno dello scoraggiamento che, nel 3° trimestre, ha riguardato 13 mila unità. Sono tanti, cioè, i siciliani che ogni anno stabiliscono di non cercare più un impiego perché ritengono di non potere trovare nulla che corrisponda alle proprie aspettative. Nel terzo trimestre del 2005 (ultima rilevazione Istat) le persone in cerca di occupazione sono diminuite del 4,7%, mentre gli occupati sono cresciuti del 3,1%, dato quest'ultimo, secondo la Cgil, da addebitare ai permessi di soggiorno rilasciati nel periodo e quindi all'emersione del lavoro sommerso di immigrati.
Un quadro di crisi che fa in questo caso il paio con quello nazionale (la crescita dell'occupazione stimata in Italia è dello 0,3% ), ma che si innesta su una situazione strutturale già critica. Il tasso di disoccupazione dell'Isola, benché nell'analisi congiunturale (raffronto tra settembre 2005 e settembre 2004) registri una diminuzione dell'1,1% a fronte del dato nazionale dell'0,3%, è sempre doppio infatti rispetto alla media nazionale, con 500 mila occupati in meno, e superiore alla media del Mezzogiorno: 15,2% della Sicilia a fronte del 7,1 della media italiana, e del 13,2% della media del sud. Il calo, inoltre, secondo l'analisi della Cgil, è da addebitare esclusivamente alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro.
Oltre allo scoraggiamento c'è l'emigrazione, che coinvolge 14.500 persone l'anno e il pendolarismo per lavoro che riguarda 500 mila persone che ogni anno si spostano temporaneamente dalla Sicilia in cerca di occupazione.

L'analisi della Cgil rileva che i consumi registrano una sostanziale stagnazione, mentre le famiglie per mantenere il proprio tenore di vita continuano a indebitarsi col sistema bancario e finanziario. Infatti, nel primo semestre del 2005 i prestiti al consumo erogati dalle banche sono cresciuti del 19% e quelli degli intermediari finanziari del 27%. A questi dati si aggiungono quelli del sommerso: secondo la Cgil in Sicilia il 25% del lavoro è in nero, il 35% è lavoro irregolare e solo il 40 è lavoro regolare. In questo contesto, i bilanci della regione sono destinati per l'80% a soddisfare la spesa corrente e, per quanto riguarda la spesa per investimenti il tasso di attivazione dei fondi di Agenda 2000 è al 31 ottobre 2005 del 31%, il livello più basso delle regioni che rientrano nell'Obiettivo Uno. Infatti, risultano impiegati nel periodo individuato, ha sottolineato Tripi, 4.580 milioni di euro dei contributi totali a fronte dei previsti 8.460 milioni e i pagamenti effettuati sono pari a 2.546 milioni di euro.

Fonte: ViviEnna.it

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03 febbraio 2006
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