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La Sicilia come ''porta d'ingresso'' per gli immigrati clandestini ''inseriti in organizzazioni criminali''

A Palermo sette arresti nell'operazione antiterrorismo denominata ''Passepartout''

29 novembre 2005

Mentre montano le polemiche sull'assoluzione del marocchino Mohamed Daki e dei tunisini Maher Bouyahia e Ali Ben Saffi Toumi, già prosciolti in primo grado dal giudice per l'udienza preliminare Clementina Forleo dall'accusa di terrorismo internazionale (il reato 270 bis del codice penale introdotto dopo gli attentati dell'11 settembre), a Palermo la Digos ha concluso un'operazione antiterrorismo che ha portato all'arresto di sette persone.
Un'organizzazione di pakistani avrebbe fornito in Sicilia documenti e appoggio logistico a terroristi islamici. Si tratta di un gruppo di extracomunitari che da anni è residente a Palermo, scoperto dagli agenti della Digos. La struttura riusciva ad aiutare immigrati pakistani e di altre nazionalità grazie all'appoggio di insospettabili, come un ispettore della polizia e un impiegato dell'ufficio provinciale del lavoro.

Le sette persone sono state fermate ieri mattina su ordine del pm Antonio Ingroia, del Dipartimento distrettuale antiterrorismo, che ne ha disposto l'arresto. La posizione degli indagati sarà sottoposta nei prossimi giorni al vaglio del gip al quale la procura chiederà la convalida del provvedimento.
Dall'inchiesta, denominata ''Passepartout'', è emerso che la Sicilia sarebbe diventata la ''porta d'ingresso'' per gli immigrati clandestini ''inseriti in organizzazioni criminali''. Secondo gli inquirenti la struttura scoperta a Palermo ''risulta essere stata utilizzata anche per l'appoggio logistico ed economico degli immigrati clandestini militanti nelle organizzazioni dell'integralismo islamico''. ''Le risultanze dimostrano che la Sicilia - affermano i magistrati - ha costituito negli ultimi anni un luogo di ingresso, passaggio e smistamento di soggetti in transito verso le regioni settentrionali dell'Italia e dell'Europa. La Sicilia, insomma, si atteggia ad essere una sorta di porta d'ingresso verso il Nord Europa, sia perché è più semplice per l'affiliato delle organizzazioni criminali mimetizzarsi fra le migliaia di 'disperati' approdati clandestinamente in Sicilia, sia perché in Sicilia è attiva ormai da anni una collaudata 'struttura di servizio', che gestisce l'ingresso e lo smistamento nel resto d'Italia e d'Europa degli immigrati clandestini''.

In cella sono finiti i pakistani Sarfraz Agha Muhammad (37 anni), Ismail Muhammad (47), Ghazanfar Hussain (34), Ayub Muhammad (45), e i palermitani Elisabetta Chianello, di 46 anni, responsabile per i flussi migratori dell'Ufficio provinciale del lavoro, Domenico Grasso, di 47, e Antonino La Barbera, di 54, ispettore di polizia dell'ufficio Immigrazione della questura. Sono accusati di associazione per delinquere, violazione delle norme sull'immigrazione, falso e concussione.
L'organizzazione consentiva la regolarizzazione illegale di extracomunitari che dopo avere ottenuto il permesso di soggiorno dalla questura di Palermo si spostavano in diverse città italiane ed europee. A capo della banda, secondo la polizia, c'era Sarfraz Agha che sfruttava suoi contatti in patria ma anche in uffici chiave della pubblica amministrazione in Italia. Il reclutamento degli stranieri disposti a pagare per ottenere i documenti di soggiorno era curato da Muhammed Ismail (alias Khan) e Muhammed Ayub, rispettivamente fratello e cognato di Sarfraz, e da Hussain Ghazanfar. I tre facevano la spola tra il Pakistan e l'Italia, dove restavano fino alla conclusione dell'iter della pratica con la complicità dei tre italiani.
Elisabetta Chianello avrebbe fornito un ''apporto tecnico-burocratico'' istruendo in prima persona le pratiche e dando priorità, se non addirittura l'esclusiva, alle richieste segnalate dai pakistani. L'ispettore La Barbera si occupava invece di sollecitare e sveltire la pratica di rilascio di autorizzazioni all'ingresso e di permessi di soggiorno. Grasso si sarebbe occupato di reperire soggetti disponibili a firmare, dietro un compenso, una dichiarazione fittizia di assunzione degli immigrati, salvo concordare anticipatamente il loro licenziamento. [La Sicilia]

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29 novembre 2005
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