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La ''Società della famiglia''...

In Italia l'azienda più produttiva è quella della mafia. Sconcertanti i dati della Confesercenti

23 ottobre 2007

Con oltre 90 miliardi di euro di fatturato annuo la ''Società di Cosa nostra'' risulta la prima ''azienda'' in Italia, quella più produttiva e remunerativa. E' un primato difficile da spodestare con una giro d'affari che ruota intorno allo sfruttamento della prostituzione, al traffico di droga e di armi, alle estorsione, alle rapine e all'usura, alla contraffazione e al contrabbando, alle imposizione di merce e al controllo degli appalti, tutti ''settori'' che non conoscono crisi.
E' questo il quadro allucinante che si può leggere nel decimo Rapporto di Sos Impresa ''Le mani della criminalità sulle imprese'', presentato ieri a Roma. Uno studio, spiega Confesercenti, che conferma e rafforza una tendenza già emersa in precedenza, riguardo il crescente condizionamento esercitato delle organizzazioni criminali di stampo mafioso nel tessuto economico del Paese.
''Dalla filiera agroalimentare al turismo, dai servizi alle imprese a quelli alla persona, agli appalti, alle forniture pubbliche, al settore immobiliare e finanziario la presenza si consolida in ogni attività economica, tanto che il fatturato del ramo commerciale dell'Azienda Mafia si appresta a toccare i 90 miliardi di euro, una cifra intorno al 7% del Pil nazionale, pari a 5 manovre finanziarie, 8 volte il mitico 'tesoretto''', dice il rapporto.

Dati che fanno ancora più impressione, se messi in relazione a tutti gli organismi e ai cittadini coinvolti nel giro dell'illegalità. Per esempio, il racket delle estorsioni coinvolge 160 mila commercianti italiani, con una quote di oltre il 20 per cento dei negozi e punte dell'80 per cento negli esercizi di Catania e di Palermo e frutta ai clan 10 miliardi. I commercianti e gli imprenditori subiscono 1.300 reati al giorno, praticamente 50 l'ora.
L'usura rappresenta la principale fonte di business criminale per la mafia, con circa 30 miliardi di fatturato, 7 miliardi arrivano dai furti e dalle rapine, 4,6 dalle truffe, 2 dal contrabbando, 7,4 dalla contraffazione e dalla pirateria, 13 dall'abusivismo, 7,5 dalle mafie agricole, 6,5 dagli appalti e "solo" 2,5 dai giochi e dalle scommesse.

Purtroppo, malgrado i duri colpi subiti da forze dell'ordine e magistratura, la criminalità organizzata mantiene pressoché inalterata la propria forza e, per ora, la propria strategia: scarsa esposizione, consolidamento degli insediamenti territoriali tradizionali, capacità di spingersi oltre i confini regionali e nazionali, soprattutto per quanto riguarda il riciclaggio e il reimpiego, capacità di infiltrarsi ed ammalare i settori sani della politica, delle professioni, e di tutte le istituzioni più in generale.

Il ''cuore'' del business - Pur nella già illustrata diversificazione vasta delle fonti di guadagno, la criminalità organizzata raccoglie la maggior parte dei propri introiti dalle estorsioni e dall'usura. Nello stesso tempo, visto che la mafia è sempre più impegnata direttamente nella gestione delle attività economiche, a volte l'imposizione del ''pizzo'' diventa una richiesta puramente simbolica, perché diventa più remunerativo l'imposizione di merci, servizi, manodopera tanto da eliminare la concorrenza. Insomma, come azioni di un vero e proprio business plan aziendale, i clan prima terrorizzano gli imprenditori con le minacce estorsive, poi impongono come monopolio solo ed esclusivamente i propri ''prodotti''.
In Italia i commercianti taglieggiati oscillano intorno ai 160.000, ben oltre il 20% dei negozi italiani, con un fortissimo radicamento al Sud. In Sicilia sono colpiti l'80% dei negozi di Catania e Palermo. ''Nei cantieri sotto controllo mafioso si lavora e basta. Diritti sindacali non esistono, le norme di sicurezza sono un optional'', dice il rapporto. Quanto ai prestiti da strozzini, altra attività tipica di impiegare i soldi mafiosi, il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari è oggi stimato in oltre 150.000, dice lo studio. ''E poiché ciascuno s'indebita con più strozzini le posizioni debitorie possono essere ragionevolmente stimate in oltre 450.000, ma ciò che è più preoccupante è che i almeno 50.000 sono con associazioni per delinquere di tipo mafioso finalizzate all'usura''.
Nel complesso il tributo pagato dai commercianti ogni anno a causa della lievitazione del capitale e degli interessi si aggira in non meno di 12 miliardi di euro. Attraverso tre indicatori (persone denunciate negli ultimi dieci anni, andamento dei protesti e dei fallimenti, tipologia criminale di ciascuna attività illecita scoperta sul territorio), Confesercenti stila anche una classifica del rischio-usura nelle province italiane: al primo posto Pescara, seguita da Messina, Siracusa, Catanzaro, Vibo Valentia, Taranto, Rieti, Reggio Calabria, Napoli e Genova.

La ''collusione partecipata'' - Nel Rapporto di Confesercenti viene sottolineato anche il continuo sviluppo dell'area della cosiddetta ''collusione partecipata'' che investe anche la grande impresa italiana, soprattutto quella impegnata nei grandi lavori pubblici, che a volte preferisce venire a patti con la mafia piuttosto che denunciarne i ricatti. ''Il 'Gotha' della grande impresa italiana, soprattutto quella impegnata nei grandi lavori pubblici - è spiegato nel rapporto - preferisce venire a patti con la Mafia piuttosto che denunciarne i ricatti''. Le imprese, insomma, pagano perché conviene così, ''quasi a sottoscrivere una polizza preventiva, perché la connivenza rende più forti rispetto alla concorrenza o perché per stare dentro certi mercati bisogna fare così''.
Il ''pizzo'' viene quindi a determinare una sorta di nuovo sistema di relazioni economiche che coinvolge anche società quotate in Borsa, in cui il pagamento dell'estorsione ''surroga la tangente, la collusione rimpiazza la corruzione''. Quello che in tangentopoli era un sistema di arricchimento personale oggi diventa un ''sistema di potere tout court'' che produce, denuncia Confesercenti, una ''distorsione ancora più grande non solo del mercato ma di ogni ambiente della vita sociale''.
L'Associazione fa anche alcuni nomi di aziende che hanno ''ceduto'' alla criminalità. ''Il colosso Italcementi - si legge nel rapporto - è uno di quelli che ha ceduto alla morsa, supportando maggiori costi, assumendosi numerosi rischi ed agevolando, così, l'espansione economica della cosca dei Mazzagatti. Anche per i lavori della Salerno-Reggio Calabria gli imprenditori sono stati costretti a trattare con le cosche calabresi. La Impregilo - sempre secondo Sos Impresa - aveva insediato nelle società personaggi che, secondo gli inquirenti, da sempre avevano avuto a che fare con esponenti della criminalità organizzata e con imprese di riferimento alle cosche''.

L'impegno contro la criminalità - Nell'illustrare i dettagli del rapporto, il presidente di Confesercenti Marco Venturi ha sottolineato l'esigenza di ''creare condizioni di stimolo'' per aiutare gli imprenditori ad uscire dalla morsa della criminalità. Tra le proposte, la creazione di 'corsie preferenziali' per le imprese che si sono sottratte al ricatto mafioso, l'esclusione dagli appalti per le imprese coinvolte in legami con la criminalità, l'istituzione di un albo ''pizzo free'' per le imprese che vogliono contrattare con la pubblica amministrazione, l'esenzione per cinque anni dalle imposte e dalle tasse per le imprese che denunciano l'usura e lo stanziamento di 100 milioni di euro per alimentare il Fondo di Prevenzione nel prossimo triennio.
Tano Grasso, presidente delle associazioni antiracket, ha esortato il governo a ''cogliere la straordinaria occasione rappresentata dagli imprenditori che vogliono ribellarsi'' ai clan, mentre il commissario straordinario del governo per le iniziative antiracket, Raffaele Lauro, ha sottolineato in un messaggio la necessità di ''colpire i patrimoni accumulati illecitamente, sia immobiliari che mobiliari'' ed ha ricordato tra l'altro l'istituzione dei minipool antiusura presso le prefetture.
Per sconfiggere la cultura mafiosa è necessaria una rivoluzione della legalita che coinvolga tutte le classi dirigenti e le popolazioni, che trasformi il coraggio di pochi in presa di coscienza da parte della totalità dei cittadini, dalle grandi città ai più minuti insediamenti comunali.

- X Rapporto Sos Impresa (pdf)

- Dalla paura alla denuncia (Guidasicilia, 22 ottobre 2007)

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23 ottobre 2007
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