La storia di Wahid
Evaso dal carcere in rivolta in Tunisia e sbarcato in Italia. Un unico desiderio: raggiungere la moglie e il figlio in Belgio
"Sono scappato dal carcere durante la rivolta, la Polizia ha bruciato tutto e le guardie penitenziarie si sono messe a sparare all'impazzata. Ho visto morire almeno venti detenuti. Io sono stato ferito da tre pallottole alla gamba sinistra. Ma sono riuscito ad evadere insieme a tanti altri detenuti e dopo alcuni giorni sono scappato dalla Tunisia e sono arrivato a Lampedusa". Wahid, 42 anni, tunisino, porta ancora i segni della sparatoria. Alza il pantalone, un jeans all'ultima moda, e mostra i fori delle pallottole. "Vedi? Mi fa ancora tanto male. Ma io sono vivo e tante persone sono invece morte. Pum pum. Tutti ammazzati. Siamo scappati in più di 1.400 dal carcere che ora non esiste più. E' stato bruciato ed è imploso".
Wahid è uno degli oltre 4.500 immigrati arrivati a Lampedusa dalla Tunisia. Scarpe Nike, cappellino di lana e maglioncino bianco, è seduto al bar di Lampedusa con un suo connazionale. Ha un solo desiderio: lasciare al più presto Lampedusa "per raggiungere il Belgio".
"Devo andare da mia moglie e da mio figlio che ha undici anni". Parla l'italiano, Wahid, anche se con qualche strafalcione. "Per forza - dice sorridendo - mia moglie è italiana, di Palermo. Una bellissima donna". E chiede alla giornalista se gli può prestare "per un minuto" il telefono cellulare. "Per favore, solo un attimo, posso fare sapere che sto bene? Io sono una brava persona".
Una storia complicata alla spalle, ma tanta voglia di vivere , soprattutto, di rifarsi una vita. Lontano dalla Tunisia. "Tu non puoi capire - dice mentre gli occhi si incupiscono - quanto sia bello ricevere una parola gentile, mi fa sentire un uomo libero. In Tunisia è bruttissimo. Non si poteva più vivere li'. Voglio una vita normale, ma in Tunisia non te lo permettono. Li' finisci in carcere per niente, non sei libero di fare o di dire niente".
Wahid ha vissuto per anni nei pressi di Bruxelles, e per dimostrarlo, fa vedere la tessera sanitaria della Sanità belga. "Lo vedi? Io non dico bugie. Sono sincero". Da giovane Wahid era finito in carcere in Tunisia per furto. "Ho fatto dodici anni di carcere e dopo ho lasciato la Tunisia e sono arrivato in Belgio. Qui mi sono rifatto una vita. Mi sono sposato, ho avuto un figlio, li' ci sono i miei parenti. Insomma, la mia vita".
Poi, nel 2010 cambia tutto. Wahid torna in Tunisia "per una breve vacanza", ma non riesce più a tornare in Belgio. Sette mesi fa viene coinvolto in una rissa in una discoteca a Tunisi. "Volevo difendere una ragazza e ho fatto a botte", si schermisce. Ed ecco che finisce nuovamente in galera. "Mi hanno condannato a 8 mesi di carcere per una piccola rissa, mi restava ancora da scontare un mese. La galera tunisina è un inferno. Ti tengono tutto il giorno con le catene ai piedi, in una cella ci sono 100 persone e in un letto dormono in tre. C'è gente che dorme anche sul pavimento e altri sotto il letto".
Due settimane fa i disordini in Tunisia. "Non potete neppure immaginare quello che è accaduto nel mio paese. Era una vera e propria guerra. Poliziotti ed esercito sparavano all'impazzata. Hanno ucciso tante, tantissime persone. In tv si è visto solo una parte di quello che è realmente accaduto", racconta. Durante la rivolta viene preso di mira anche il carcere di una piccola città della Tunisia. "Per favore non scrivere il nome la città - implora Wahid - altrimenti mi riconoscono e poi rischio grosso…".
Secondo il suo racconto, la struttura carceraria sarebbe stata incendiata e le fiamme hanno raso al suolo il carcere. "E' stata la Polizia a bruciare il carcere e le guardie carcerarie hanno iniziato a sparare come i matti - dice con un filo di voce - ho visto morire tanti detenuti, io sono stato ferito alla gamba ma per fortuna sono riuscito a scappare".
Wahid riesce ad evadere dal carcere e a nascondersi per alcuni giorni "da amici". Poi contatta alcuni degli organizzatori dei viaggi 'della speranza' e raggiunge un piccolo porto della Tunisia da dove è partito su un barcone con altri quaranta tunisini. Quando gli chiedi se anche lui ha pagato duemila dinari, come hanno detto in tanti, nega con decisione. "Assolutamente no! Non ho pagato neppure un dinaro". E spiega che "ai detenuti evasi dalle carceri nei giorni dei disordini viene data una mano, quindi io non ho dovuto pagare nulla a differenza di tanti altri tunisini".
Il viaggio in mare è durato due giorni. "E' stata una traversata bruttissima - dice - con mare agitato e poi eravamo tanti su quel barcone". L'altro ieri l'arrivo a Lampedusa. Ma Wahid non vuole mettere piede nel Centro d'accoglienza. "Non ci penso proprio - dice agitandosi - non voglio restare chiuso li'. Io resto fuori, appena avrò la possibilità andrò via da Lampedusa. Chiederò asilo politico. Io sono un rifugiato politico. Voglio tornare al più presto in Belgio, dalla mia famiglia".
Poi, guardandosi alza le braccia e dice: "Che schifo, sono due giorni che non mi lavo. Vorrei tanto farmi una doccia". In tasca aveva cinquanta euro, ma li ha già finiti. Per il cibo, le sigarette. E adesso? "Non lo so, so soltanto che voglio tornare al più presto dalla mia famiglia. Se torno in Tunisia mi uccido…". Poi guarda implorante e dice: "Mi compri qualcosa da mangiare, per favore?". [Adnkronos/Ing]