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La Storia nella polvere. Come riannodare il fili tra antico e moderno quando non c'è legame tra pubblico e privato?

02 febbraio 2006

La Storia nella polvere
ARCHEOLOGIA RUSPA... NTE
Riaffiora un pezzo di stoa dell'agorà di Messina nel cantiere vicino alla Provincia.Un evento che arriva dopo le demolizioni nella stessa area
di Daniele De Joannon (Centonove del 27 gennaio 2006)

Una stoa, la cui datazione probabile risale al IV secolo avanti Cristo, potrebbe essere il punto di partenza per scoprire l'agorà di Messina e per riannodare i fili tra l'antica città greca e quella contemporanea.
Il condizionale, però, è l'unico pessimistico verbo che si può utilizzare quando si parla di archeologia in riva allo Stretto: una scienza che ha fatto miracoli grazie ai (pochissimi) scavi istituzionali e ai tanti d'emergenza, ovvero determinati dai lavori di costruzione di edifici e quant'altro. Una scienza che, anche in questo caso, per la porzione di centro storico che si affaccia su via Cavour (accanto alla Provincia) e che ha da pochi giorni restituito i marmi e i resti della stoa (ovvero il sistema porticato che si interfacciava tra l'agorà e gli edifici che la circondavano), rischia di soccombere alla formula tristemente nota in città del «bilanciamento dei pubblici interessi», laddove di pubblico, in una speculazione privata, c'è ben poco. Così, dopo aver spazzato via - dopo opportune foto e mappature - un intero frammento della Messina del IV e V secolo avanti Cristo, compresa una strada che correva in direzione est-ovest (mare-monte), la Duomo srl, società titolare del cantiere dell'edificio con tre piani interrati, aspetta il momento buono per eliminare anche la stoa.
E la soprintendenza? Dopo aver imposto una breve pausa ai lavori per effettuare i carotaggi, ha posto il cantiere sotto alta sorveglianza e basta, accettando invece una sorta di ''patto col diavolo'': niente vincolo temporaneo e blocco dei lavori in cambio dei soldi per procedere con gli scavi. L'unico piccolo particolare è che, una volta studiato tutto il tessuto venuto alla luce, sono arrivate le ruspe e tutto è stato spazzato via. E non si tratta di poco, ma di un intero pezzo di tessuto urbano, molto più di quanto basta, di norma, per vincolare l'area o per chiedere una variante al progetto dell'edificio. Una variante che, però, si rivelerebbe dannosa per la Duomo srl per la realizzazione dell'immobile. Così, a sondaggi e scavi conclusi, la soprintendenza ha autorizzato la demolizione di quanto trovato. E lo stesso si teme possa accadere per la stoa, venuta alla luce in prossimità della rampa d'accesso dei camion all'area di lavoro. A sua difesa, la soprintendenza può agitare l'assenza di fondi per l'archeologia di emergenza e il famigerato "bilanciamento di pubblici interessi" per cui non è il caso di bloccare tutto. Ma questa scusa, già fragile fino ad ora, crolla alla luce dell'ultima scoperta.

Lentini... a tutelare.
«Non mi pare sia venuto fuori poco», così interviene l'ex assessore regionale alla Sanità, Federico Martino, al timido resoconto, quasi pubblico, dello scavo della direttrice della sezione archeologica della soprintendenza di Messina Maria Costanza Lentini.
Una lezione, più che una presentazione, indirizzata ai dottorandi di lettere. «Un tassello significativo per una migliore conoscenza di una città che sembrava senza storia e si rivela invece un autentico scrigno che proprio grazie ai terremoti conserva il suo passato non antico, antichissimo»; continua Martino sottolineando l'importanza di un simile ritrovamento nella nostra città.
Si parte da una Cripta del '400, e poi, seguendo i lavori della ditta privata, gli archeologi operatori della soprintendenza, a mano, scovano molto altro. Sotto la cripta, che viene subito trasportata nei magazzini della ditta, grattando grattando si va indietro nel tempo fino addirittura al V secolo a.C.. Un asse viario, direzione est-ovest, che scende cioè verso il mare. Lungo l'asse viario i relativi isolati del IV sec, lungo l'asse che da sette metri si restringe a quattro, ancora abitazioni del III sec. e poi del II, e incroci con strati minori, l'acquedotto, la canalizzazione che portava acqua agli abitati, del I sec. a.C., una fornace di calce, sul cui fondo sono stati trovati due fuochi con bollo Mamertino. E poi ancora, lembi di edificio impostati in periodo arcaico del V sec. a.c. Segue l'elencazione con zone di accumulo di ceramiche, vasi a pareti sottili, statuette, arule, lucerne, materiali legati a culti domestici e vita quotidiana. Tutto in gran parte già trasportato via. Sul lato settentrionale dello scavo, invece, di recente rinvenimento, si sviluppa una serie di ambienti con portico antistante, in fase di crollo, colonnati, capitelli, e infine un mosaico che rivela la preziosità del ritrovamento al di là di ogni ragionevole dubbio. Tutto fa pensare si sia in presenza di una stoa: «Non posso dare conclusioni, lo scavo è ancora in corso e tutto deve ancora essere soggetto ad analisi», la dottoressa Lentini è più che cauta, mentre alla platea di non solo dottorandi ricorda ripetutamente che la cronaca dello scavo è del tutto arbitraria: «Avrei potuto non raccontare niente», così si difende dalle polemiche sorte in nuce alla evidente intenzione di smantellare qualsiasi importante ritrovamento per permettere la costruzione di un edificio di civile abitazione. «Un progetto approvato anni fa. E questo per sottolineare le difficoltà di interazione con lo sviluppo urbanistico resa in questo caso ancora più difficile perché non si tratta di opera pubblica».
Gli interessi del pubblico e del privato in questo scavo si intrecciano paradossalmente, si va indietro nel tempo, infatti, proprio grazie al progetto privato che prevede un parcheggio di tre piani sotterranei. Il privato interesse involontariamente rende un servigio alla comunità, o meglio potrebbe, ma nella bilancia a pesare di più da queste parti é sempre il primo, che porta alla luce ancora una volta la nostra storia più recente, quella ossia di un'identità antica e preziosa sepolta dal ben più attuale interesse del singolo. Così nello scavo già poco rimane di quel che finora è stato recuperato che con tutta probabilità verrà tradotto in tabelle e affiches di mostre-contentino di cui troppo spesso siamo soliti accontentarci.
«Non abbiamo scoperto un teatro», continua la magnanima Lentini, mentre Giuseppe Restifo, docente di Storia a Lettere, interviene tentando una difesa della contestualizzazione, e l'ex consigliere comunale Gaetano Giunta con tatto rivendica una democraticità delle scelte da prendere.

[continua...]

In alto a sinistra: lo scavo prima del passaggio delle ruspe (foto Oskar)

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02 febbraio 2006
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