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La strage di Ustica fu causata da un missile

E' arrivata la sentenza della Cassazione e lo Stato dovrà risarcire le vittime

29 gennaio 2013

Dopo quasi 33 anni, è un giudice civile - in sede di Cassazione - a scrivere la verità definitiva sulla strage di Ustica, dopo tanti processi penali senza fine e senza colpevoli, e a inchiodare lo Stato alla responsabilità per la morte degli 81 passeggeri del tragico volo Itavia: secondo la Suprema Corte non fu una bomba ma un missile a far precipitare il Dc9 partito da Bologna e diretto a Palermo, la sera del 27 giugno 1980, e i radar civili e militari non vigilarono come avrebbero dovuto sui cieli italiani. Per questo i Ministeri della Difesa e dei Trasporti devono essere condannati a risarcire i familiari delle vittime.

È questa la conclusione alla quale, in poche pagine, è arrivata la Terza sezione civile della Cassazione nella sentenza che, per la prima volta, convalida la condanna al risarcimento (circa un milione e duecentomila euro) inflitta dalla Corte di Appello di Palermo - nel giugno 2010 - per risarcire i parenti di tre vittime che, per primi, hanno intrapreso la causa civile, poi seguite da altri ottanta familiari costituitisi in un altro procedimento, sospeso in appello e aggiornato al 2014, per il quale i ministeri dovrebbero pagare altri 110 milioni di euro.

Ora "speriamo che si tolga ogni reticenza" nel capire "chi è stato ad abbattere il Dc9: il governo si attivi per farsi dare risposte" dagli stati esteri, ha detto Daria Bonfietti, presidente dell'Associazione delle vittime. Il sindaco di Bologna Virginio Merola spera "che questo sia il primo importante passo verso la piena verità che da troppo tempo tutti attendiamo".
Rosario Crocetta, governatore della Sicilia, ha assicurato che la Regione sarà al fianco dei familiari delle altre vittime "per rafforzare la richiesta di risarcimento". "Ho già contattato l'avvocatura dello Stato per la costituzione di parte civile della Regione e l'avvio di un procedimento per rafforzare la richiesta di risarcimento dei danni a favore delle famiglie delle vittime", ha detto il presidente a Bruxelles. "Una sentenza che fa chiarezza e dice ciò che gli italiani pensano da anni, che quello era stato un missile. Il nostro dolore è anche più forte - ha proseguito Crocetta - perché sapere che degli esseri umani hanno perso la vita per una manovra militare ci fa molta più rabbia. Non è stato un incidente fatale ma qualcosa che si poteva evitare".
"Finalmente si riconosce che quella terribile strage è stata causata da un missile, e che attorno a quell'aereo fu combattuta una battaglia sui cieli italiani", ha detto Walter Veltroni, da sempre voce contro il muro di gomma.

È "abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile", accolta dalla Corte di Appello di Palermo a fondamento delle prime richieste risarcitorie, scrive la Cassazione nella sentenza 1871, confermando che il controllo dei radar sui cieli "nazionali", e quindi sulla sicurezza interna, non era adeguato. Con il verdetto sono stati così respinti i ricorsi con i quali il Ministero della Difesa e quello dei Trasporti, assistiti dall'Avvocatura dello Stato, volevano negare il risarcimento. Hanno sostenuto che il disastro aereo era ormai prescritto, e che non si poteva loro imputare "l'omissione di condotte doverose in difetto di prova circa l'effettivo svolgimento dell'evento".

La Cassazione ha replicato che "è pacifico" l'obbligo delle due amministrazioni "di assicurare la sicurezza dei voli", e che, appunto, è "abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile". Quanto alla prescrizione, il motivo è "infondato". L'evento stesso dell'avvenuta strage, poi, "dimostra la violazione della norma cautelare". La Cassazione ricorda di aver ordinato nel 2009 la riapertura della causa civile in accoglimento della richiesta risarcitoria di Itavia alla quale, invece, la Corte di Appello di Roma - dove pende il caso - aveva negato il risarcimento nonostante la chiusura della compagnia fosse stata decisa dal governo che, pochi mesi dopo Ustica, aveva individuato il colpevole nel vettore. Ora l'Alta corte rinvia ai principi affermati allora, in base ai quali "una volta dimostrata in giudizio la sussistenza dell'obbligo di osservare la regola cautelare omessa (il controllo dei cieli, ndr), ed una volta appurato che l'evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava ad evitare attraverso il comportamento richiesto, non rileva, ai fini dell'esonero dalla responsabilità, che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dell'esistenza del pericolo". I supremi giudici sottolineano che non "è in dubbio che le Amministrazioni avessero l'obbligo di garantire la sicurezza dei voli".

Nel coro unanime di consenso alla sentenza, da segnalare le voci dissonanti di Carlo Giovanardi che insiste sulla tesi della bomba, e dell'ex capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Leonardo Tricarico che ritiene in "assurda contraddizione" l'odierna sentenza con quella penale della stessa Cassazione, a dimostrazione "che in Italia la giustizia non funziona".

Un mistero da oltre trent'anni - Il Dc-9 I-Tigi Itavia, in volo da Bologna a Palermo con il nominativo radio IH870, scomparve dagli schermi del radar del centro di controllo aereo di Roma alle 20.59 e 45 secondi del 27 giugno 1980.
L'aereo era precipitato nel mar Tirreno, in acque internazionali, tra le isole di Ponza e Ustica. All'alba del 28 giugno vennero trovati i primi corpi delle 81 vittime (77 passeggeri, tra cui 11 bambini, e quattro membri dell'equipaggio).
Il volo IH870 era partito dall'aeroporto Guglielmo Marconi di Borgo Panigale in ritardo, alle 20.08 anziché alle previste 18.30 di quel venerdì sera, ed era atteso allo scalo siciliano di Punta Raisi alle 21.13. Alle 20.56 il comandante Domenico Gatti aveva comunicato il suo prossimo arrivo parlando con "Roma Controllo".
Il volo procedeva regolarmente a una quota di circa 7.500 metri senza irregolarità segnalate dal pilota. L'aereo, oltre che di Ciampino (Roma), era nel raggio d'azione di due radar della difesa aerea: Licola (vicino Napoli) e Marsala.

Alle 21.21 il centro di Marsala avvertì del mancato arrivo a Palermo dell'aereo il centro operazioni della Difesa aerea di Martinafranca. Un minuto dopo il Rescue Coordination Centre di Martinafranca diede avvio alle operazioni di soccorso, allertando i vari centri dell'aeronautica, della marina militare e delle forze Usa.
Alle 21.55 decollarono i primi elicotteri per le ricerche. Furono anche dirottati, nella probabile zona di caduta, navi passeggeri e pescherecci. Alle 7.05 del 28 giugno vennero avvistati i resti del DC 9. Le operazioni di ricerca proseguirono fino al 30 giugno, vennero recuperati i corpi di 39 degli 81 passeggeri, il cono di coda dell'aereo, vari relitti e alcuni bagagli delle vittime.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, AGI, ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it]

 

 

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29 gennaio 2013
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