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La tristezza dei lavoratori siciliani

"L'azienda chiude e io che faccio? Chi mi da un lavoro a 47 anni?"

03 maggio 2010

Per moltissimi lavoratori siciliani quella appena trascorsa è stata una Festa dei Lavoratori amara e carica di tristezza. Sono infatti centinaia i lavoratori dell'isola costretti alla cassa integrazione o alla mobilità in una regione che è al primo posto per il tasso di disoccupazione (13,9%) che diventa un dato drammatico se si guarda a quella giovanile che arriva al 38,5%.
Sabato in diverse fabbriche e aziende siciliane i lavoratori hanno passato il loro primo maggio davanti le aziende chiuse come alla Sat di Aci Sant'Antonio (Catania) dove oltre 150 persone sono in cassa integrazione e non vedono la luce in fondo al tunnel dopo la chiusura dell'azienda che produceva supporti metallici anche per microchip. "È una giornata triste - ha testimoniato un lavoratore - L'azienda chiude e io che faccio? Dove trovo un impiego a 47 anni?". I dipendenti hanno anche creato un profilo su Facebook per supportare la loro lotta e oggi il sindaco Giuseppe Cutuli ha convocato una riunione in comune cui sono invitati i sindacati e la Regione per cercare di trovare soluzioni.
Preoccupazione anche a Termini Imerese (Pa) dove il 3 maggio gli operai della Fiat dovrebbero tornare a lavorare dopo la Cig ma con un futuro tutt'altro che roseo vista la conferma della chiusura della fabbrica data dall'Ad Marchionne, e l'annuncio di una nuova cassa integrazione a partire dal 20 maggio prossimo. "Ma è certo - ha detto la segretaria regionale Fiom Giovanna Marano, che sabato è andata a trovare i lavoratori della Sat - che non staremo con le mani in mano a guardare la fabbrica che chiude".
All'Italtel di Carini (Palermo), con 60 operai in Cig su circa 200, le famiglie dei lavoratori hanno festeggiato davanti al gazebo montato per presidiare la fabbrica.
E scontenti sabato, sono stati anche i tanti commessi dei negozi palermitani i cui proprietari per arginare il calo delle entrate hanno deciso di aprire le saracinesche. Nessuno ha manifestato contro questa decisione, ma è stato chiaro che l'apertura del primo maggio non è andata loro a genio.
E da contrappunto ai negozi, soprattutto i grandi magazzini, aperti hanno fatto le vetrine sparse in tutta la città con la scritta "Affittasi" o "Chiuso", segno di una crisi che non accenna a terminare.

Disoccupazione giovanile oltre il 30 per cento in sei regioni - Nel 2009 in sei Regioni il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni è risultato superiore al 30%: in Sardegna è al 44,7%, in Sicilia al 38,5%, in Basilicata al 38,3%, in Campania al 38,1%, in Puglia al 32,6%, in Calabria al 31,8% e nel Lazio al 30,6%. Sul versante opposto le Regioni con la disoccupazione più bassa sono la Toscana con il 17,8%, la Valle d'Aosta con il 17,5%, il Veneto con il 14,4% e il Trentino-Alto Adige con il 10,1%.
A scattare la fotografia sulla disoccupazione giovanile è la Confartigianato nelle elaborazioni flash pubblicate nei giorni scorsi e che vede il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) arrivato a marzo 2010 al picco del 27,7%, 2,9 punti percentuali in più rispetto ad un anno prima. Se si prende a riferimento il tasso di occupazione, in otto regioni si riscontra un tasso inferiore al 20%: i valori più bassi in Campania (12,9%), seguita dalla Calabria (13,4%), la Basilicata (13,6%), la Sicilia (14,2%), la Sardegna (15,5%), il Molise (17,7%), l'Abruzzo e la Puglia (18,4%).
La più bassa occupazione dei giovani tra 15 e 24 anni in Campania con il 12,9%, in Calabria con il 13,4%, Basilicata con 13,6%, Sicilia con 14,2% e Sardegna con il 15,5%. In una valutazione su più larga scala, prendendo cioè in esame la classifica del tasso di occupazione delle 271 regioni europee (e riferita al 2008), tra le ultime dieci regioni europee per tasso di occupazione 15-24 anni, ben quattro sono italiane: Campania, Basilicata, Sicilia e Calabria. Peggio di Sicilia e Calabria fanno solo le tre ex colonie francesi oltremare della Martinica, della Guyana francese e di Guadalupa.

In Sicilia, nel 2010, chiuse oltre 9 mila imprese - In Sicilia nei primi tre mesi del 2010 il numero di imprese che hanno chiuso i battenti supera quello delle aperture: tra gennaio e marzo sono state infatti 8.526 le iscrizioni al registro delle Camere di Commercio contro le 9.763 cessazioni, totalizzando un saldo negativo di 1.237 unità e un tasso di crescita trimestrale dello stock di imprese pari a -0,26%.
Sono questi i dati sulla Sicilia che emergono dall'indagine sulle imprese nel primo trimestre dell'anno fotografati da Movimprese, la rivelazione trimestrale condotta per Unioncamere da Infocamere (società consortile di informatica delle camere di commercio italiane). "La coda della crisi continua a produrre effetti negativi sull'economia siciliana", ha spiegato il presidente di Unioncamere Sicilia, Giuseppe Pace. "Gli imprenditori, però, - ha aggiunto - vogliono rimanere sul mercato. In questa fase, è essenziale che le istituzioni contribuiscano alla ripresa semplificando la vita delle imprese. Solo così si potrà uscire dalla crisi". "Come ogni anno - ha spiegato il segretario generale di Unioncamere Sicilia, Alessandro Alfano - il saldo del primo trimestre è influenzato dalle cessazioni delle imprese decise alla fine dell'anno che, per motivi contabili, vengono comunicate alle Camere di Commercio nei mesi successivi. E' quindi normale aspettarsi una performance negativa, soprattutto dopo un anno terribile come è stato il 2009".
Segno meno anche per le imprese artigiane siciliane, un universo di 85.148 unità sul totale delle 469.340 aziende presenti nell'Isola (dato aggiornato al 31 marzo 2010). Nei primi tre mesi dell'anno il comparto ha perso per strada 597 imprese. L'andamento negativo (-0,70%) deriva da un alto numero di cessazioni (1.938) e dal rallentamento sulle aperture (1.341). Tengono invece le imprese costituite in forma di cooperativa. Nel periodo preso in considerazione dall'indagine, in Sicilia (come nel resto d'Italia) questa tipologia ha fatto registrare un saldo positivo di 51 unità, pari a una crescita trimestrale dello 0,49%.
A livello provinciale, le performance migliori della demografia delle imprese si sono registrate a Siracusa (tasso a +0,21%), Catania (+0,15%) ed Enna (-0,03%). Segno meno per tutte le altre province siciliane. Fanalino di coda della classifica nazionale è Agrigento dove, tra iscrizioni (703) e cessazioni (1.240), il territorio ha perso 537 imprese (-1,21%).

[Informazioni tratte da Ansa, La Siciliaweb.it, GdS.it]

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03 maggio 2010
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