La verità, soltanto la verità... La ricostruzione Usa sulla sparatoria che ha ucciso Nicola Calipari
''La ricostruzione fatta dal governo italiano non coincide totalmente con quella delle autorità Usa''
''Trovo assurdo formulare l'ipotesi che i nostri uomini e le nostre donne in uniforme abbiano sparato deliberatamente su singole persone, su civili innocenti. E' semplicemente assurdo''.
Così il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan ha risposto ai media che gli chiedevano un commento sulle accuse di agguato formulate in questi giorni. L'ambasciatore americano a Roma Mel Sembler ha evidenziato lo stesso punto a Silvio Berlusconi, consegnandogli in un incontro serale a Palazzo Chigi la prima ricostruzione scritta del dramma.
Il ministro degli Esteri Gianfranco Fini è intervenuto stamane in aula alla Camera proprio sull'uccisione di Nicola Calipari e il ferimento di Giuliana Sgrena, dopo il colloquio avuto ieri pomeriggio a Palazzo Chigi con l'ambasciatore Sembler.
Fini ha detto che ci sarà tutto il riserbo richiesto dalle indagini ma allo stesso modo non si permetterà ''nessuna omissione, reticenza o copertura di notizie''.
Alcune osservazioni però hanno sovrastato tutte le altre: ''La ricostruzione fatta dal governo italiano della sparatoria di Bagdad non coincide totalmente con quella delle autorità Usa''. Ci sono infatti alcune ''discrasie'': l'auto con a bordo Sgrena, Calipari e un altro agente del Sismi - ha osservato Fini - viaggiava a circa 40 km orari e non vi era alcun check-point sulla strada. Ad ogni modo, ha dichiarato Fini, ''non si è trattato di un agguato alla vita della Sgrena'', ma ''certamente di un incidente''.
Ecco perché gli americani hanno sparato
Il 50 per cento dei soldati della Terza Divisione di Fanteria che controlla Bagdad sono reclute prive di esperienza
di Lorenzo Cremonesi e Guido Olimpio per il Corriere della Sera
Segnalazioni confuse, carenze nella comunicazione tra le unità americane sul campo e il comando centrale: questo è quello che emerge dalle fonti statunitensi per cercare di spiegare i tiri contro l'auto che trasportava la Sgrena. Si tratta ancora di un quadro incompleto, che dovrà essere confrontato con i risultati dell'inchiesta americana e italiana.
La segnalazione - Il Washington Post (il giornale più vicino all'amministrazione), citando fonti militari americane a Washington e in Iraq, fornisce un dato nuovo. Le unità di guardia nella zona dell'aeroporto internazionale avevano creato un ''improvvisato posto di blocco serale'' sulla via che conduce allo scalo 90 minuti prima della sparatoria, avvenuta alle 20.55 (ora di Bagdad). Una misura motivata dal fatto che ''un diplomatico di alto livello avrebbe dovuto transitare su quella strada''. Il quotidiano precisa che dovevano proteggere la sua vettura. A tal fine avevano già bloccato e controllato altre auto in transito in quella zona. Ma aggiunge un dettaglio importante: ''Non vi era stato alcun specifico coordinamento tra coloro che erano stati coinvolti nella liberazione della Sgrena e i soldati responsabili del nuovo posto di blocco''. La ricostruzione sembra confermare ciò che hanno rivelato fonti dell'intelligence Usa al Corriere : ci sono state alcune comunicazioni da parte italiana, ma non erano specifiche, o comunque non sono state trasmesse in modo preciso alle pattuglie in servizio all'aeroporto. Ciò potrebbe spiegare alcuni motivi che hanno indotto in errore le sentinelle Usa. In primo luogo, si attendevano un convoglio di gipponi blindati, come usano i diplomatici in Iraq. E si sono trovate di fronte invece una o più vetture (il numero è ancora da chiarire) civili, con targa irachena e prive di alcun contrassegno. C'è poi da verificare l'ora. Sembra che la giornalista italiana sia stata consegnata un paio d'ore dopo l'ora pattuita. Fatto questo che avrebbe accentuato la confusione sui tempi.
Catena di comando difettosa - In verità gli ultimi cambiamenti nell'orario di arrivo e il tipo di vetture utilizzate avrebbero potuto essere comunicati in tempo se la catena di comando avesse funzionato. Ma non sembra sia così. ''Sappiamo da tempo che ci sono gravi problemi di comunicazione tra le diverse unità militari di guardia all'aeroporto e i comandi esterni. Non esiste un sistema standard di comunicazione, ogni unità ha i propri metodi. Il comando dell'intelligence Usa incontra difficoltà nel far giungere i propri messaggi ai dirigenti dell'aeroporto. Così ad ogni cambio di contingente si cambia'', spiegano al Corriere gli 007 Usa.
La Terza Divisione - Un problema, pare, peggiorato con l'arrivo 3 mesi fa dei 9.000 uomini della Terza Divisione di Fanteria. Un'unità, alla sua seconda missione nella capitale, particolarmente poca gradita alla popolazione di Bagdad. Presente con settemila soldati, durante l'invasione (marzo-aprile 2003 assieme), non fu in grado di impedire l'ondata di saccheggi. Oggi circa il 50 per cento degli effettivi sono veterani di quel periodo, gli altri sono invece reclute inesperte.
Il ''grilletto facile'' - E le reclute sparano facile. Ieri il governo bulgaro ha protestato con forza per l'uccisione di un suo soldato, colpito dagli americani ad un posto di blocco. Un caso che ricorda quello della Sgrena. Il New York Times in una dettagliata inchiesta sui casi per ''fuoco amico'' rivela che ''da dicembre nella zona dell’aeroporto sono avvenuti almeno 6 incidenti simili a quello ai danni degli italiani, in cui le vittime erano occidentali''. In un rapporto riservato citato dal giornale si parla di un caso a gennaio in cui ''soldati americani hanno aperto il fuoco contro un'auto, che pure stava viaggiando molto lentamente e l'autista mostrava la sua carta di accredito perfettamente visibile dal finestrino''. Ai primi di febbraio il gippone di una compagnia di guardie del corpo occidentali venne centrata da militari. I comandi Usa specificano tuttavia che la zona dove è morto Calipari si trova in uno dei settori ''più pericolosi'' dell'aeroporto. ''La cittadina di Abu Ghraib dista solo 3 chilometri. Di notte più volte i terroristi hanno compiuto operazioni proprio da quelle parti'', aggiungono. Una zona rossa dunque, dove i posti di blocco sono così ben mimetizzati da non essere neppure ben visibili in pieno giorno.