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La verità, soltanto la verità

Il Governo italiano non ha intenzione di ritenere chiusa l'indagine sull'uccisione di Nicola Calipari

30 aprile 2005

Diciamoci la verità, il caso Calipari per gli americani è stato un caso chiuso già due giorni dopo l'avvenuto incidente. 
Il fatto che non ci dovevano essere colpevoli fra i militari Usa che hanno ucciso Nicola Calipari, la notte della liberazione della giornalista de Giuliana Sgrena, non era soltanto il malevole presagio di chi si appoggiava sui tantissimi fatti che hanno visto soldati americani colpevoli di misfatti diventare innocenti vittime del fato contrario, ma è diventata la puntuale realtà dei fatti.
La dichiarazione ufficiale della commissione militare americana, rilasciata all'inizio della settimana, è stata chiara: ''i soldati che hanno ucciso il funzionario del Sismi, e ferito la giornalista Giuliana Sgrena, sono da considerare 'non colpevoli' per quanto accaduto, perché hanno solo rispettato alla lettera le procedure standard assegnate ai militari di guardia a un checkpoint''.
E se ciò non bastasse, adesso gli americani avrebbero in mano un documento che calcherebbe la parola fine all'inchiesta sulla morte di Nicola Calipari.
Un satellite militare americano ha infatti ripreso e registrato la scena della sparatoria del 4 marzo scorso al posto di blocco a Bagdad e la ricostruzione è ora alla base delle conclusioni dell'inchiesta: lo afferma la rete tv americana Cbs, citando fonti del Pentagono.
Secondo la Cbs, grazie al satellite sarebbe stato possibile stabilire che la pattuglia al checkpoint vide l'auto quando si trovava a 137 yards di distanza (130 metri) e aprì il fuoco quando l'auto era a 46 yards (42 metri). L'intervallo di tempo tra i due momenti è risultato minore di tre secondi, il che equivale a una velocità dell'auto - secondo questa ricostruzione - pari a oltre 96 chilometri orari.

Secondo la Cbs inoltre il Pentagono avrebbe le prove che l'Italia pagò un riscatto per liberare la Sgrena. Il disaccordo sulla ricostruzione dell'incidente di Bagdad coprirebbe proprio un altro elemento di forte tensione tra il governo italiano e l'amministrazione americana, quello relativo al riscatto. Secondo il Pentagono, infatti, il passaggio di denaro ci sarebbe stato e quantificato in ''svariati milioni di dollari''. I vertici militari americani, che si oppongono a qualsiasi trattativa con i rapitori per il rilascio degli ostaggi, sottolineano che il denaro potrebbe essere utilizzato per organizzare nuovi attentati.
Fino ad ora le autorità americane non hanno mai ufficialmente ammesso di essere in possesso di registrazioni di quanto accaduto nei pressi dell'aeroporto di Bagdad.

Ma le rivelazioni della Cbs non convincono proprio una delle protagoniste della vicenda, vale a dire Giuliana Sgrena che ha replicato: ''E' assurdo, non andavamo a cento all'ora anche perché c'era una curva. E comunque il problema non è la velocità - ha sottolinea l'inviata del Manifesto - dato che non ci sono limiti di velocità su quelle strade, ma piuttosto cosa hanno fatto gli americani per segnalarci di fermarci. Non c'è stata alcuna segnalazione. E noi comunque non andavamo a quella velocità, c'era una curva, saremmo usciti di strada''.

Neanche questa ''prova schiacciante'', comunque, ha ristabilito l'accordo sull'inchiesta congiunta Italia-Usa e il Governo italiano, seppur messo davanti al fatto compiuto, non condivide le conclusioni.
''L'indagine congiunta si è ora conclusa'', si legge in una dichiarazione congiunta, diffusa ieri contemporaneamente dalla Farnesina e dal Dipartimento di Stato. ''Gli investigatori non sono pervenuti a conclusioni finali condivise sebbene, dopo aver esaminato congiuntamente le evidenze, essi abbiano condiviso fatti, deduzioni e raccomandazioni su numerose problematiche'', prosegue il comunicato. Ora ''gli investigatori riferiranno alle rispettive autorità nazionali in conformità con i regolamenti e le procedure del proprio Paese''.
Nonostante i contrasti tra gli inquirenti, nel comunicato, comunque, si riafferma che ''l'alleanza tra Italia e Stati Uniti è salda e tra i due Paesi vi è una forte e solidale amicizia che si basa su ideali e valori condivisi''. Proprio questi valori, viene sottolineato dai due governi, ''ci impegnano a rimanere a fianco del popolo iracheno''.

Amicizia e valori condivisi che, come detto, non sono bastati a fare accettare al Governo italiano le conclusioni americane. ''No, non si poteva chiedere al Governo italiano di sottoscrivere una ricostruzione degli avvenimenti che non corrisponde a quello che è accaduto quella sera a Bagdad, per un doveroso omaggio alla memoria di Nicola Calipari", ma anche e soprattutto per rispetto ''all'indispensabile dignità nazionale''. Non ha dubbi Gianfranco Fini nello spiegare perché l'Italia non abbia accettato le conclusioni del rapporto americano, e poco hanno importato le dichiarazioni arrivate da Washington a ribadire che l'amicizia fra Stati Uniti e Italia ''è vibrante'' o l'auspicio che le relazioni tra l'America e l' ''alleato fedele'' "restino quelle che sono''.
Per l'Italia dunque, il caso Calipari rimane non aperto ma spalancato, e adesso si ripartirà con un'altra inchiesta, tutta italiana questa volta. ''Per l'Italia sarà la magistratura, che ha già un'inchiesta aperta, a fare tutto quello che è in suo potere, ovviamente con il sostegno del governo'', ha precisato Fini a chi gli chiedeva come andrà avanti in Italia la vicenda.

- ''Le due versioni sul caso Calipari''. Grafico dal Corriere.it

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30 aprile 2005
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