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La verità sull'omicidio Rostagno

Dopo 22 anni il processo per l'omicidio del giornalista-sociologo, ucciso dalla mafia nel 1988 nel Trapanese

02 febbraio 2011

A oltre 22 anni di distanza dall'agguato si è aperto oggi davanti la Corte d'Assise di Trapani, presieduta da Angelo Pellino, il processo per l'uccisione del sociologo Mauro Rostagno. Gli imputati sono il presunto killer Vito Mazzara e il boss Vincenzo Virga indicato come il mandante dell'agguato avvenuto il 26 settembre 1988, quando nella frazione Lenzi di Valderice il sociologo-giornalista venne crivellato dalle fucilate di un commando.
In compagnia della segretaria, Monica Serra, rimasta illesa, aveva appena lasciato gli studi dell'emittente privata Rtc dove lavorava e in macchina stava rientrando nella comunità per il recupero di tossicodipendenti Saman. Era stato proprio Rostagno con la compagna Chicca Roveri e il giornalista Francesco Cardella a fondare la struttura.
La sua auto, una Fiat Duna, venne affiancata da un'altra macchina con tre sicari che fecero fuoco. I primi passi dell'inchiesta andarono in una direzione sbagliata: quella di un omicidio scaturito da contrasti all'interno della comunità. La stessa Roveri fu arrestata e Cardella ricercato. Poi la pista interna venne abbandonata e cominciò a prendere consistenza quella di un delitto di mafia: Cosa nostra avrebbe deciso di eliminare il giornalista perché "con i suoi commenti e le sue cronache televisive rompeva". Così, secondo alcuni pentiti, si sarebbero espressi i capi della mafia trapanese tra cui Francesco Messina Denaro, il padre del boss Matteo, che è morto per cause naturali durante la latitanza. Virga sarebbe un uomo di Messina Denaro. In carcere sta scontando condanne per alcuni omicidi.
Decisivi sono stati, oltre alle dichiarazioni dei collaboratori, i risultati di una perizia balistica ordinata dai pm Antonio Ingroia e Gaetano Paci che molti anni dopo il delitto hanno riaperto l'inchiesta. Una comparazione con le armi usate dai sicari di mafia ha accertato che Rostagno fu ucciso con lo stesso fucile impiegato per eliminare nel 1995 il poliziotto Giuseppe Montalto. In un caso e nell'altro il sicario si sarebbe dimostrato un tiratore infallibile. E anche nel caso del poliziotto venne risparmiata la moglie. Come responsabile dell'agguato a Montalto è gia stato condannato con sentenza definitiva Vito Mazzara che amava definirsi "campione di tiro al piccione".


Mauro Rostagno con la figlia Maddalena

Questa mattina un corteo in memoria di Mauro Rostagno è stato organizzato da alcune centinaia di persone che hanno percorso i circa duecento metri che separano piazza Vittorio Veneto dal Palazzo di giustizia. A sfilare, dietro alcuni striscioni che invocano verità e giustizia nel nome di Rostagno, familiari, rappresentanti politici, sindacalisti della Cgil e associazioni come Arci e "Ciao Mauro" che ha promosso la manifestazione.
"Questo processo è un regalo importantissimo, comunque vada a finire. Già il fatto che inizi è un segnale molto forte. Sono grata a questi inquirenti che sono riusciti a ottenere questo risultato, a differenza di quelli che in precedenza hanno indagato sul delitto". Lo afferma la figlia di Mauro Rostagno, Maddalena. "Dopo un anno dall'omicidio c'erano due relazioni, una dei carabinieri e l'altra della polizia - ricorda - che contenevano gli stessi dati oggettivi, ma le cui letture sono state completamente diverse. Si è voluto dare credito a una pista interna e abbiamo dovuto attendere 22 anni prima che iniziasse il processo. Speriamo adesso di potere aggiungere qualche altro elemento di verità". "Siamo qui - ha aggiunto Maddalena Rostagno - al fianco di inquirenti perbene che hanno ottenuto il rinvio a giudizio per due imputati. Questa è l'unica possibilità per ricordare Mauro che era una bravissima persona. Ha sempre scelto chi essere, cosa fare e dove stare. Aveva deciso di essere trapanese, come diceva e come ricordano tutti quelli che lo hanno conosciuto. Si era innamorato della Sicilia sin dagli anni Settanta. Io stessa sono nata a Palermo nel 1973. Ci sono rimasta per tre anni, poi siamo andati via".
Non manca qualche riferimento polemico alla prima fase dell'inchiesta quando venne imboccata la "pista interna". "Ora sono state messe le cose al loro posto" aggiunge Maddalena Rostagno mentre stringe la mano al pm Gaetano Paci. "Mi fa piacere ringraziarla - dice - per quello che ha fatto".
"Le indagini sull'omicidio di Mauro Rostagno non si sono mai fermate e tutti i filoni investigativi hanno avuto il merito di evidenziare il profilo della figura del giornalista Rostagno. L'accusa cercherà, con questo processo, di mettere un punto fermo sull'esecuzione materiale di Rostagno". Queste le parole di Gaetano Paci. "Rostagno faceva paura come giornalista, è questa la tesi dell'accusa - ha aggiunto Paci - la vicenda di Rostagno si inserisce in un contesto storico di una Trapani di fine anni '80 con la presenza di importanti pezzi della politica e dell'imprenditoria collusi con l'organizzazione mafiosa".
Alla domanda se il boss latitante Matteo Messina Denaro possa avere avuto un ruolo nell'omicidio, il pm Paci ha risposto: "Nel corso del dibattimento l'accusa cercherà di fare emergere le prove acquisite". E ha aggiunto: "Certamente Vito Mazzara non è stato l'unico esecutore materiale dell'omicidio, che erano almeno tre...".


All'apertura dell'udienza i familiari della vittima, l'Ordine dei giornalisti, l'Assostampa, la Regione siciliana, la Cgil e alcuni comuni e associazioni antimafia hanno avanzato la richiesta di costituzione di parte civile. Proprio sulla folta presenza di associazioni che vogliono costituirsi parte civile Paci ha commentato: "L'imponente presenza è molto importante".

Delitto Rostagno, c’era Messina Denaro? - Sulla scena dell’omicidio Rostagno potrebbe essere comparso lo stesso Matteo Messina Denaro, il padrino di Cosa Nostra latitante. E’ un sospetto che aleggia da tempo sulle indagini per il delitto del giornalista ucciso a Trapani 22 anni fa. Tra misteri irrisolti e piste che non si è riusciti a battere fino in fondo o avvolte in una nebbia fitta c’è anche questo interrogativo che circola, solo sussurrato, tra gli investigatori. Lo porta a galla per la prima volta il libro "Matteo Messina Denaro, la Mafia del Camaleonte", in questi giorni in libreria, scritto da Fabrizio Feo per i tipi della Rubbettino.
Per l’assassinio del giornalista Mauro Rostagno insieme al boss Vincenzo Virga è oggi sotto processo Vito Mazzara, lo specialista, il tiratore scelto della mafia trapanese. Vito Mazzara era secondo gli investigatori alle dirette dipendenze di Vincenzo Virga capo del mandamento di Trapani, ma proprio per la sua abilità nel tiro era stato chiamato ad eseguire diversi delitti ordinati da Cosa Nostra in Sicilia. E Vito Mazzara – questo il percorso seguito dagli investigatori ricostruito nel libro – compare certamente, armi in pugno, in almeno un delitto al fianco di Matteo Messina Denaro, l’omicidio Piazza, compiuto a Partanna nel 90, due anni dopo l’omicidio Rostagno, che, è bene ricordarlo, sarebbe peraltro stato ordinato a Virga proprio dal padre di Matteo Messina denaro, don Ciccio, a quel tempo capo della famiglia mafiosa di Trapani.
E per ordine dello stesso Matteo Messina Denaro Vito Mazzara ha poi compiuto nel 95 un’altra esecuzione, il delitto dell’agente della polizia penitenziaria Giuseppe Montalto. Delitti apparentemente distanti, nel tempo e per le vittime prescelte, firmati dallo stesso vertice mafioso, da considerare atti della medesima strategia criminale.
"Matteo Messina Denaro potrebbe aver preso parte personalmente al delitto Rostagno, in particolare?" si chiede Fabrizio Feo nel libro, seguendo il percorso battuto dagli investigatori. Nessun pentito ne parla. Ma ci sono altri omicidi, considerati da Cosa Nostra importanti, cui Matteo Messina Denaro avrebbe preso parte e dei quali non è stato formalmente accusato per carenza di elementi. [LiveSicilia.it]

[Informazioni tratte da Lasiciliaweb.it, Ansa, Adnkronos/Ing, Repubblica/Palermo.it]

- La verità sull'assassinio di Mauro Rostagno (Guidasicilia.it, 18/11/10)

 

 

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02 febbraio 2011
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