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Lavoro nero in Sicilia, un fenomeno che impoverisce non solo il tessuto economico ma anche quello sociale della regione

19 maggio 2006

Negli ultimi 10 anni, in Sicilia, il lavoro nero è cresciuto e si stima che nel 2005 abbia toccato quota 28%: 13 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Dal fenomeno è peraltro derivato un mancato gettito per l'erario pari al 7% annuo del Pil: 6 miliardi di euro di mancate entrate che da sole basterebbero, ad esempio, a coprire il 90% della spesa sanitaria regionale.
La denuncia viene dalla Cgil siciliana che ieri ha tenuto una conferenza stampa per lanciare in Sicilia la campagna del sindacato contro il sommerso: un'iniziativa le cui parole chiave sono ''tolleranza zero'', di fronte a un fenomeno che ''impoverisce il tessuto economico e sociale della regione - sostiene la Cgil - e spesso va a braccetto con altre forme di illegalità''.

''E' un tema di grande portata - ha detto Fulvio Fammoni, della segreteria confederale nazionale Cgil - che dobbiamo aggredire se vogliamo dare una svolta al paese''. ''E' una questione - ha aggiunto Italo Tripi, segretario generale della Cgil siciliana - che poniamo sia al governo nazionale che a quello regionale, per un'assunzione di responsabilità in merito. Occorre mettere fine a una grande mistificazione - ha aggiunto - e dire a chiare lettere che il lavoro nero è uno svantaggio per tutti: per i lavoratori, per le imprese sane, per la collettività''.

Il centro studi della Cgil ha analizzato la serie storica dei dati Istat dal 1996 al 2003. In questo lasso di tempo il lavoro nero è cresciuto al ritmo dell'1% l'anno, trend che, secondo le stime, si mantiene nel triennio successivo. Per il 2005 si calcolano 430 mila lavoratori irregolari, alcune decine di migliaia dei quali sono immigrati. Se si guarda al tasso di irregolarità per settore, è il 44% del totale delle unità di lavoro in agricoltura, il 26% nell'industria in senso stretto, il 35% nelle costruzioni, il 25% nei servizi.
La Cgil ha denunciato il ''fallimento dei piani di emersione del passato governo''. ''Dal 2002 - ha sostenuto Tripi - si parla di un centinaio di lavoratori emersi''. Ma anche il fallimento delle politiche regionali in materia, con ''commissioni che non hanno prodotto nulla e talvolta, come nel caso di quelle provinciali, non si sono neppure mai riunite''.

Nel corso della conferenza stampa si è parlato delle ''conseguenze subdole'' del lavoro nero. ''Ai lavoratori - ha spiegato Tripi - vengono negati importanti prestazioni previdenziali e il sostegno al reddito (dagli assegni familiari, alla maternità, alle indennità di disoccupazione)''. Secondo le stime del sindacato per 15mila euro in nero di retribuzione annua un lavoratore perderà 300 euro l'anno di pensione. ''Non è un caso - ha affermato Tripi - che gli importi medi delle pensioni siano in Sicilia tra i più bassi d'Italia: 548 euro a fronte degli 808 della Lombardia''.
Secondo la Cgil ''anche il vantaggio per le imprese è illusorio e in ogni caso, con il ricorso al lavoro nero, si configurano forme di concorrenza sleale e l'abbassamento della qualità''. Per il sindacato il fenomeno va combattuto con la repressione, finanziando dunque adeguatamente gli organi ispettivi, collegando le banche dati di Inps, Inail, ispettorati del lavoro e agenzie delle entrate, creando la figura dell'ispettore unico che batta a tappeto i luoghi di lavoro. ''Deve essere mandato - ha sottolineato Fammoni - il chiaro messaggio che si è deciso di intervenire'' Il sindacato propone anche che le denunce all'Inps di inizio di rapporto di lavoro vengano fatte il giorno prima dell'assunzione eliminando quella finestra di 5 giorni che diventa il luogo dove si scaricano le inadempienze. ''Guarda caso - ha detto Tripi - la più alta percentuale di incidenti sul lavoro si verifica nei presunti primi cinque giorni di attività''. In realtà l'infortunato nella stragrande maggioranza dei casi lavora già da tempo ma viene denunciato solo quando ha l'incidente.

La Cgil chiede anche l'estensione del 'durc', il documento di regolarità contributiva già previsto per l'edilizia, a tutti i comparti produttivi che prendono appalti pubblici. Per fare un esempio, anche un'impresa di pulizia che lavora con la pubblica amministrazione deve dimostrare attraverso il durc di avere i lavoratori in regola.
Nella proposta sindacale anche gli incentivi graduati all'emersione, superando la logica che è finora prevalsa; gli indici di congruità, che stabiliscano il rapporto ''congruo'' tra servizi e beni prodotti e lavoratori da impiegare nell'impresa; il permesso di soggiorno temporaneo automatico per i lavoratori stranieri clandestini che denunciano il caporale.

Fonte: ViviEnna.it

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19 maggio 2006
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