Le campane della famiglia Trusso e otto secoli di tradizione
Hanno scandito le ore più liete e quelle più tristi
Oggi a distanza di tanti anni si propone la rivitalizzazione delle lavorazioni dei metalli e quindi della creazione delle campane.
Per la fusione delle campane venivano utilizzate due tecniche: la tecnica a cera persa e la tecnica a staffa. La tecnica a cera persa: è molto antica ed i suoi processi e le sue tecniche sono molto lunghi. In un primo momento si prepara il modello, che poi verrà sostituito dal bronzo fuso, composto da materiali malleabili e gommosi: cera d'api, paraffina e cera greca. Questa è una delle tecniche migliori perchè grazie ad essa si possono avere dei prodotti molto ben definiti nei particolari e dopo la colata del bronzo fuso non sono necessari molti lavori di ripulitura.
Nella tecnica a staffa invece vengono impiegati durante la produzione dei vari oggetti in bronzo delle staffe in ferro; questa tecnica è molto meno precisa rispetto alla tecnica a cera persa, infatti dopo la fusione l'oggetto prima di essere considerato finito ha bisogno di parecchie attenzioni quali la pulitura e la cura dei dettagli.
La differenza sostanziale fra le due tecniche e costituita dal modello, infatti mentre con la tecnica a staffa il modello può essere utilizzato più volte, con la tecnica a cera persa il modello può essere utilizzato una sola volta.
Il suono delle campane anticamente veniva utilizzato soprattutto come mezzo di comunicazione: il precursore del ''telefonino'' per intenderci.
Col tocco delle campane si annunziavano le liete novelle ma anche le notizie più tragiche e, in determinati periodi, come sirene dall'allarme.
In Sicilia l'arrivo dei Normanni fu salutato con tutti i mezzi di comunicazione dell'epoca dal tamburo, ai cantastorie, ai pupari, alle campane: nel 1061 una spedizione normanna guidata dal conte Ruggero di Altavilla e dal fratello maggiore Roberto iniziò la conquista della Sicilia. Dopo aver preso Messina e Rometta, i Normanni passarono per Monforte, diretti a Tripi; secondo la tradizione, furono accolti trionfalmente dalla popolazione e soprattutto dai monaci basiliani. Il ricordo di questo episodio rivive nella tammurinata e campanata di S. Agata o Katabba.
Il termine Katabba alcuni lo fanno risalire al greco katabasis e gli attribuiscono il significato di discesa, altri dall'arabo quataba che significa adunata.
In questi giorni e fino al 5 febbraio, per la festa di Sant'Antonio Abate, si rappresenta con un gioco fatto di scampanii e tamburiate questo evento: con 25 ritmi diversi sarà annunciato l'arrivo del messo, che anticipa l'ingresso nel paese degli Altavilla, e il trotto dei cavalli.
Il passo del cammello sul quale si dice viaggiasse Ruggero, la fuga dei saraceni, l'entusiasmo per la vittoria sono rappresentati egregiamente da quelli che possono essere considerati come gli ultimi due interpreti della tradizione: Piero Catanese al tamburo e Giovanni Giorgianni alle due campane della chiesa di Sant'Agata.