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Le carceri torneranno presto a straripare

Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha lanciato l'allarme: azzerato l'effetto indulto

17 ottobre 2007

L'annuncio lanciato da Ettore Ferrara, magistrato capo del Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) non poteva essere più chiaro: ''Se non verranno adottati interventi adeguati per riformare il sistema penale, tra un anno e mezzo, nonostante l'indulto dello scorso anno, potrebbe riproporsi la questione del sovraffollamento delle carceri, mentre negli ultimi 15 mesi il numero dei detenuti è cresciuto in media di 600 persone al mese, una tendenza pressoché costante negli ultimi anni.''.
Questo l'allarme di Ferrara facendo il punto sul rapporto tra il numero dei detenuti e quello dei posti a disposizione nelle carceri italiane (43 mila posti).
''L'incremento del numero dei detenuti - che in alcuni periodi dell'anno ha avuto dei picchi che hanno fatto registrare un saldo attivo anche di 1.000 unità al mese - ha determinato complessivamente, negli ultimi 15 mesi, una crescita di 9.000 detenuti: dai 38.000 di agosto 2006 ai 47.000 di oggi'', si legge in una nota redatta dal Dap. Secondo quanto spiega la nota però, sull'incremento del numero dei reclusi non ha influito in alcun modo l'indulto. L'aumento piuttosto è legato a flussi di detenuti in entrata, ''la cui permanenza in carcere non è connotata da particolare stabilità''. ''I detenuti definitivi infatti, allo stato attuale, risultano essere circa 18.000 mentre la restante parte dei reclusi è composta da giudicabili ed è soggetta a un frequente ricambio, indipendentemente dai provvedimenti di clemenza''.

''Noi - ha detto ancora Ferrara - stiamo cercando di fare qualcosa per alleggerire la situazione''. Fra le iniziative messe in campo dall'amministrazione penitenziaria, il direttore del Dap ha posto l'accento sull'utilizzo della polizia penitenziaria ''per l'attività di sorveglianza delle persone soggette a misure alternative alla detenzione, in maniera da spingere i magistrati di sorveglianza ad avvalersi di questa possibilità''. Un ulteriore modo per far fronte alla problematica, ben conosciuta nel nostro Paese, è poi nelle mani del Parlamento, ossia l'approvazione, al più presto, delle proposte per la modifica del sistema penale ''sostanziale e processuale, che rendano stabili le detenzioni dei soggetti pericolosi''. ''Il Dap chiede inoltre che invece venga affidata a misure alternative al carcere la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale e che si trovino soluzioni al problema degli stranieri detenuti - che rappresentano oggi oltre il 35% della popolazione carceraria - mediante accordi internazionali che consentano l'espiazione delle pene nei paesi di origine''.

E' d'accordo il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che difendendo il proprio provvedimento ha detto:  ''Figuratevi cosa sarebbe successo senza l'indulto''. ''Senza l'applicazione di quel provvedimento ci troveremo dunque a quota 78mila, quindi con una situazione devastante. Le forze politiche devono evitare che ci siano morti e rivolte nelle carceri. Il problema vero è che occorre la certezza della pena, che deve essere espiata non per forza tra le mura di un carcere''. ''Mi auguro - ha poi aggiunto il ministro - che non ci siano episodi di violenza in carcere. Se succedesse, saremmo non un Paese civile, ma un Paese da piripicchio''.
Infine il Guardasigilli ha voluto dire la sua anche sulla costruzione di nuovi istituti di pena, spostando su altri la responsabilità. In particolare sul ministro delle infrastrutture: ''E' lui che decide se costruire nuove carceri. Io non c'entro - ha concluso Mastella - posso soltanto utilizzare interventi finanziari per rimodernare strutture che già ci sono''. E ce ne sono parecchie, completamente abbandonate, sparse per tutto il Paese e che ai cittadini sono costate fior di miliardi.

Alla discussione è intervenuto anche l'ex ministro della Giustizia e attuale vicepresidente della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, che ha posto un accento polemico su alcune delle misure contenute nel ''pacchetto sicurezza'' del quale si occupera il Consiglio dei ministri martedì prossimo: ''E' troppo facile prendersela con i bambini rom accattoni, con i lavavetri o i parcheggiatori abusivi, mentre si lasciano indisturbati evasori fiscali, bancarottieri, corruttori e corrotti''. Per Flick questa è la strada per avere carceri sempre più piene perdendo d'occhio la gerarchia dei valori e si finisce solo per aggiungere nuove leggi alle innumerevoli che già ci sono ma che non vengono applicate. ''La legalità - ha detto Flick - non vuol dire invocare nuove leggi (tanto non costa nulla fare un nuovo ddl e farne parlare i giornali); bisogna piuttosto mettersi la mano sulla coscienza e tentare di capire perché le leggi che ci sono non funzionano''. E ancora: ''attenti a non prendersela con le microviolazioni, altrimenti è come sparare contro la Croce Rossa. C'è una gerarchia di valori da difendere: la pena prevista per un omicidio è più severa di quella per un furto perché la vita vale di più, e così anche un furto è più grave delle molestie dei lavavetri''. Insomma, ''non si può invocare la tolleranza-zero per i lavavetri abusivi e per mendicanti romeni, per quanto fastidiosi, mentre si predica o si pratica la tolleranza-cento per sè, per gli evasori fiscali, o per i bancarottieri che mandano in fumo i risparmi di molte persone''.

Allarme psicologi: ''Rischio rivolta nelle carceri''
(Adnkronos Salute/Ign, 16 ottobre 2007)

La situazione delle carceri italiane è di nuovo esplosiva. A poco più di un anno dall'indulto, la situazione nei penitenziari non è cambiata di molto: dopo l'uscita di più di un terzo dei reclusi, un ex detenuto su cinque è tornato a delinquere. E le condizioni di vita degradanti delle carceri italiane si rivelano poco utili a un reale recupero del detenuto. E' l'allarme lanciato oggi dagli psicologi italiani in una conferenza stampa a Roma al Palazzo dell'Informazione Adnkronos.
Nel corso dell'incontro i rappresentanti del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi e della Società italiana degli psicologi penitenziari hanno sottolineato il ruolo dei professionisti nel percorso di recupero dei detenuti, denunciando, allo stesso tempo, le precarie condizioni di lavoro sia perché gli psicologi non sono strutturati sia per il loro numero ridotto rispetto ai detenuti-pazienti. ''La tensione e il malessere dominante nelle carceri determinano un aumento dell'aggressività che - spiega Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi - potrebbe portare nei prossimi anni a disordini significativi''.
E questa mancanza di 'dignità' e di attenzione ha già portato, denunciano gli psicologi, nei primi cento giorni del 2006 a un'incidenza del 67% di casi di suicidio sul totale delle morti. Nello stesso periodo del 2007 i casi di suicidio sono scesi al 18% sul totale dei decessi, un calo dovuto soprattutto al provvedimento dell'indulto.

A tracciare il quadro dell'assistenza psicologica nelle carceri è stato Alessandro Bruni, presidente della Società italiana psicologi penitenziari. Nei 205 penitenziari italiani, spiega l'esperto, operano solo 404 psicologi: 90 sono impiegati nel servizio di recente introduzione ''nuovi giunti'', intervenendo nel primo colloquio; 294 si occupano dell'attività di ''osservazione e trattamento'', che è successiva al primo intervento, e solo 20 sono gli psicologi penitenziari di ruolo. In ogni carcere il numero massimo di ore mensili previsto di assistenza psicologica è di 64 ore, nella sostanza se ne fanno meno della metà, circa 30: questo significa meno di 12 minuti al mese per detenuto.
''Un servizio di questo tipo - dice provocatoriamente Bruni - o si potenzia o si cancella. In queste condizioni le nostre possibilità di intervento sono praticamente nulle, soprattutto se si considera che gli psicologi devono fare: servizio di accoglienza, trattamento, pareri sui permessi, tutte le forme di sostegno necessarie in un carcere''.

E poi il dramma dei bambini. Nelle carceri italiane ce ne sono circa cinquanta, nati durante la detenzione delle loro madri. Per i piccoli e per le loro mamme non è prevista alcuna assistenza psicologica, nonostante la complessità della loro condizione che li costringe a vivere da 'detenuti', in spazi totalmente inadeguati all'infanzia. ''Alle detenute che partoriscono - spiega Palma - sono garantite, come è giusto, le cure di carattere medico, ginecologico ostetrico. Ma non viene garantito supporto psicologico, né a loro né ai loro bambini. Come potranno i piccoli crescere serenamente?''.
Quello dei bambini in carcere ''è un capitolo di grande sofferenza - conclude Bruni - e dobbiamo dar atto che ci sono molti tentativi da parte del ministero della Giustizia di fare qualcosa per garantire spazi separati. Ma sono necessarie soluzioni radicali per non tenere più i piccoli, che non hanno colpe da scontare, in luoghi inaccettabili per loro''.

- Per Clemente ricevuta... (Guidasicilia.it, 22/09/07)

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17 ottobre 2007
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