Le luci della sera
Kaurismaki chiude la sua ''trilogia dei perdenti'' con un sentito film dall'anima fiabesca
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LE LUCI DELLA SERA
di Aki Kaurismaki
Koistinen è un piccolo uomo senza qualità. Buono e incapace di perdere la speranza, lavora come guardiano di un grande magazzino ad Helsinki. Un giorno una giovane donna di grande bellezza lo seduce per far sì che i suoi complici riescano ad entrare nella struttura e la svaligino. Complice suo malgrado del furto, amato soltanto dalla padrona di un chiosco di salsicce, Koistinen viene condannato dalla giustizia a pagare per la sua ingenuità e per reati che non ha commesso, ma non denuncia chi lo ha tradito. Solo alla fine, stremato, accetterà un gesto di solidarietà e amore.
Tit. Orig. Laitakaupungin valot
Anno 2005
Distribuzione BIM
Durata 78'
Regia e montaggio Aki Kaurismaki
Con Maria Järvenhelmi, lkka Koivula, Janne Hyytiäinen, Maria Heiskanen
Genere Drammatico
Note di regia
''Le luci della sera'' è l'ultimo film di una trilogia che ha avuto inizio con ''Nuvole in viaggio'' e ''L'uomo senza passato''. Laddove il primo film trattava il tema della disoccupazione e il secondo descriveva la vita dei senza tetto, il tema di questo terzo film è la solitudine. Così come il piccolo vagabondo di Chaplin, il protagonista del film, un uomo di nome Koistinen, vive la dura realtà quotidiana al solo scopo di trovare un posto in cui rifugiarsi, ma sia i suoi simili che l'anonimo apparato sociale si sentiranno in diritto di privarlo di tutti i suoi sogni e di cancellare ogni sua speranza. Un gruppo di delinquenti farà leva sul suo bisogno d'amore e sulla sua posizione di guardia notturna, per compiere una rapina, lasciandolo solo ad affrontare le conseguenze. Tutto ciò, con l'aiuto di una donna senza cuore, uno dei personaggi femminili più insensibili della storia del cinema, paragonabile alla protagonista di ''Eva contro Eva'' di Joseph L. Mankiewicz (1950). Koistinen viene privato del suo lavoro, della sua libertà e dei suoi sogni. Fortunatamente per il nostro protagonista, l'autore del film è noto per il suo 'cuore tenero', perciò ci auguriamo che una scintilla di speranza illumini il finale.
La critica
''Kaurismaki, chiude la 'trilogia dei perdenti' con 'Le luci dei sobborghi'. Il mood, inconfondibile, è lo stesso di 'Nuvole in viaggio' e 'L'uomo senza passato', con una punta di humour in meno. La città è sempre Helsinki, una Helsinki moderna e insieme senza tempo, fatta di periferie silenziose e bar malinconici che probabilmente esistono solo nei film del geniale finlandese. (...) Luci anni '50, dialoghi scarni ma irresistibili (Kaurismaki è un maestro del sottotesto), una colonna sonora che mescola Puccini e Gardel (ancora 'Volver !') ai tanghi di Olavi Virta, compositore finlandese amatissimo in patria. Più una fievole speranza che in extrenmis illumina il destino dei diseredati. Ammirevole per coerenza, Kaurismaki stavolta non brilla per novità. E il suo ultimo film somiglia fin troppo a tutti gli altri, un po' come l'irresistibile cagnetto Paju, ultimo discendente di una famiglia di bastardini che accompagna da sempre il lavoro del finlandese.''
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'
''Destinato ai cultori del cinema d'arte e d'essai, 'Les lumières du Faubourg' non aggiunge nulla all'identikit di Aki Kaurismaki. Già incoronato con due premi importanti a Cannes grazie a 'L'uomo senza passato', il regista finlandese vi sviluppa l'allusione chapliniana del titolo con i consueti toni da ballata minimalista: una sorta di spleen boreale che privilegia sino alla maniera il sottomondo degli umili e dei marginali e lo culla con le immagini fredde e asettiche e la complicità dell'accompagnamento musicale. Assistiamo così, senza un briciolo di vera emozione, alla discesa agli inferi del signor Koistinen (Janne Hyytiainen), sconsolato nottambulo ingiustamente accusato di furto con scasso proprio dalla donna di cui è innamorato. Negli sgradevoli sfondi di un nord Europa più disumano che mai, il poverocristo s'appresta a perdere in un colpo solo e senza un lamento posto di lavoro, alloggio, libertà e illusioni; ma per fortuna anche nella miseria più nera può materializzarsi l'ala di un angelo... E Kaurismaki finisce per fare della stralunata naiveté compositiva un fine ammiccante anziché un mezzo espressivo.''
Valerio Caprara, 'Il Mattino'
''Come quasi sempre nei film di Kaurismaki, il racconto di 'Luci al tramonto' si dipana semplice e schietto nel giro di neanche un'ora e mezza. La peculiarità di questo piccolo grande regista, costantemente alle prese con fatti di gente comune, sta nell'infondere autenticità ai personaggi evocando per le loro disavventure nitidi sfondi urbani di eloquente quotidianità. Ma c'è un' altra arte in cui Aki è maestro ed è quella (sempre più rara nel cinema, ma anche nei romanzi) di togliere il superfluo, ridurre il racconto all'essenziale, evitare i convenevoli, i luoghi comuni e il già detto. Sicché con Kaurismaki non c'è il rischio di annoiarsi.''
Tullio Kezich, 'Corriere della Sera'
''Questa volta Aki ci regala solo un campo lungo del suo cinema, un frammento del suo gelido incantato mondo dell'innocenza (...). Un film 'muto', tagliato dalle luci, dai vuoti e dai silenzi e dal sorriso interiore di uno tra i più grandi registi della scena internazionale.''
Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto'
''A dispetto del titolo chapliniano, Les Lumières du faubourg si rifà a Keaton, tanto caro al maestro del cinema finlandese, principe della sobria ebbrezza, padre dell'humour nero e massimo esponente della metafisica ironica che si chiama Aki Kaurismaki. Aggiungete una riflessione, che deriva direttamente dalla letteratura russa, sulla natura e la necessità del male assoluto per giustificare l'esistenza della compassione assoluta ed avrete un'immagine quasi precisa del suo nuovo film.''
Jacques Mandelbaum, 'Le Monde'
- In concorso al 59mo Festival di Cannes (2006)