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Le parole di Manuel Pasta

Il neopentito sta raccontando ai pm della Dda di Palermo i tanti segreti del mandamento mafioso di Resuttana

20 aprile 2010

Manuel Pasta parla con i magistrati e svela tanti importanti dettagli della cosca palermitana di Resuttana, legata a doppio filo a quella dei padrini Sandro e Salvatore Lo Piccolo.
Pasta, arrestato dai militari dell'Arma a dicembre scorso nel blitz denominato 'EOS', è accusato di associazione mafiosa ed estorsione. Grazie alla sua collaborazione i carabinieri all'inizio di aprile hanno arrestato Andrea Quatrosi, nuovo 'reggente' del mandamento mafioso di Resuttana che si stava riorganizzando (LEGGI).

Nelle scorse settimane ai pm della Dda di Palermo ha rivelato che al servizio della cosca di Salvatore e Sandro Lo Piccolo c'era una talpa, tra gli investigatori o negli uffici giudiziari, che ha consentito di venire a conoscenza anticipatamente di almeno due operazioni antimafia tra il 2006 e il 2008. Una circostanza questa gia raccontata da altri due collaboratori di giustizia, Francesco Franzese e Gaspare Pulizzi.
Il pentito avrebbe anche riferito dell'intenzione di Cosa nostra di rialzare la testa con un'intimidazione eclatante che aveva come obiettivo un personaggio simbolo dell'impegno antimafia, il procuratore aggiunto Antonio Ingroia. Secondo Pasta si voleva danneggiare l'auto privata della famiglia di Ingroia e dare un segnale preciso allo Stato e alla procura che aveva messo sotto scacco i mandamenti un tempo in mano ai Lo Piccolo. Poi il progetto non fu realizzato per l'opposizione dello stesso Pasta, circostanza che testimonierebbe il peso specifico del collaborante all'interno dell'organizzazione criminale e l'importanza delle sue ammissioni.

Lo scorso 13 aprile, parlando con i pm Marcello Viola, Anna Picozzi e Lia Sava, Pasta ha raccontato come i fratelli Giuseppe e Salvino Madonia, capimafia storici del mandamento di Resuttana e detenuti ormai da anni, percepiscono dalla "famiglia" uno stipendio mensile: 1.800 euro, fino a qualche tempo fa, "ridimensionato, ora, a 1.000 euro perchè le entrate della cosca si sono ridotte".
I verbali con queste ultime dichiarazioni sono stati depositati dai pm della Dda nel processo denominato "Rebus" che vede imputati, i fratelli Madonia, Maria Angela Di Trapani (moglie di Salvino Madonia) e altre 19 persone. "Salvo Genova - ha raccontato Pasta - faceva pervenire 1.800 euro l'uno ai Madonia e 1.800 a Nicolò di Trapani. Somma ridimensionata a 1000 euro da Bartolo Genova (ex reggente del clan n.d.r.)". Dopo l'arresto di Genova a fare da tramite per la consegna del denaro sarebbe stata un'anziana zia, vedova del boss.
Pasta parlando della Di Trapani, in carcere dal 2008 con l’accusa di associazione mafiosa, l'ha descritta come un vero e proprio "uomo di Cosa nostra": "Il placet alla reggenza (del mandamento di Resuttana n.d.r.) di Bartolo Genova venne da uno dei Madonia detenuto che, per un periodo, non ebbe il 41 bis e la notizia fu trasmessa da Mariangela Di Trapani. La Di Trapani si comportava come un uomo di Cosa nostra e ci faceva arrivare dal carcere i messaggi provenienti dal marito e dai cognati. Fu lei a farci sapere che Michele Di Trapani si 'doveva stare a casa' mentre dal carcere davano il gradimento per Bartolo Genova".
Il pentito ha anche svelato che i fratelli Madonia sono i reali proprietari di un noto bar della città, il bar Sofia. "Bartolo Genova - ha raccontato Pasta - mi disse che noi continuavamo a pagarli nonostante i cospicui guadagni provenienti anche dal bar".
Pronto a puntare il dito contro Antonino, Giuseppe e Salvino Madonia (quest'ultimo killer dell'imprenditore Libero Grassi), Pasta scagiona, però, il quarto fratello: Aldo, detto il farmacista, anche lui in carcere, che si è sempre detto estraneo alla cosca. "Non fa parte della famiglia di Resuttana - ha spiegato - e non ha mai tenuto la cassa della famiglia".

Infine, Manuel Pasta ha raccontato di come il proprietario di un ristorante molto noto a Palermo, uomo d'onore del clan di Resuttana, venne "posato", estromesso cioè, da Cosa nostra, perché il fratello era un vigile urbano, quindi un esponente delle forze dell'ordine. "Fu messo fuori dalla famiglia perché il fratello aveva indossato la divisa", ha detto il collaboratore di giustizia, confermando una delle "regole" della mafia, che vieta l'appartenenza all'organizzazione a chi abbia familiari nelle forze dell'ordine. Una storia dall'epilogo curioso, però, visto che il vigile urbano in questione, Antonino Corsino, sempre a dire di Pasta, in un secondo momento "si mette a disposizione di Cosa nostra". Corsino è imputato, nello stesso processo a carico dei Madonia, di abuso d'ufficio e rivelazione di segreto istruttorio: avrebbe avvertito Francesco Di Pace, imprenditore vicino al clan, anche lui sotto processo, dei controlli programmati dalla polizia municipale.

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Ansa, LiveSicilia.it, GdS.it]

- E' stato sciolto il ''Rebus'' (Guidasicilia.it, 17/04/09)

 

 

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20 aprile 2010
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