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Le parole di padre Scordato troppo "estreme" per la Chiesa di Palermo

Il clero frena sulle parole di don Cosimo sugli omosessuali e la famiglia: "Sì ai diritti per i gay , no alle adozioni"

27 gennaio 2011

Sì al riconoscimento dei diritti per le unioni di fatto tra omosessuali ma da qui a chiamarle famiglie, nel senso tradizionale del termine, il passo sembra ancora troppo lungo. Questa in sintesi la posizione di alcuni esponenti del clero palermitano sul dibattito che ha preso vita a Palermo all'indomani delle dichiarazioni di padre Cosimo Scordato, parroco di San Saverio all'Albergheria, quartiere "frontiera" del capoluogo siciliano che sul tema della famiglia e delle unioni omosessuali ha preso posizione: "Sono persone che hanno tutto il diritto di amare e di essere amati - aveva detto padre Cosimo - e in quanto tali di formare delle famiglie". (LEGGI)
Le parole del sacerdote da anni impegnato in attività di promozione della legalità, non trovano però, come c’era da immaginarsi, molto consenso. "Credo che non si possa parlare di queste unioni in termine di famiglia, intesa nel senso tradizionale del termine – ha detto padre Carmelo Torcivia rettore della chiesa di Maria Santissima della Catena - tanto meno penso che si possa parlare di adozioni. Diverso - ha aggiunto - è il tema del riconoscimento dei diritti per le unioni di fatto tra omosessuali, credo che questo sia necessario in uno stato laico come il nostro, ma stiamo attenti a non fare confusione, famiglia e unioni tra omosessuali sono due cose distinte, occorre guardarsi dal mettere in un unico calderone".
Sulla stessa lunghezza d'onda anche padre Antonio Garau, presidente dell'associazione Jus Vitae che risponde: "Padre Cosimo parla di amore, ma facciamo attenzione non tutti i tipi di amore sono corretti, possono essere egoistici o generare violenza. Nel caso degli omosessuali - ha detto - sono totalmente contrario alla possibilità che essi adottino dei bambini, i quali in nome di questo amore verrebbero privati del diritto di avere un padre ed una madre. Diverso è riconoscere i diritti a queste coppie - ha concluso padre Garau - su questo mi trovo pienamente d'accordo".
La pensa nello stesso modo padre Giacomo Ribaudo, parroco della Magione che dice: "Massimo rispetto per queste persone e per la loro libertà di amarsi ma non si può chiamare famiglia. Sono invece d'accordo per riconoscere i diritti di queste unioni". [Italpress, Corriere del Mezzogiorno.it]

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27 gennaio 2011
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