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Le quattro telefonate

Trattativa Stato-mafia: se il Capo dello Stato avesse "un'immunità assoluta" si dovrebbe chiamare Re

13 ottobre 2012

Ieri mattina è stato depositato alla cancelleria della Corte Costituzionale, l'atto con il quale la Procura di Palermo si costituisce in giudizio nel conflitto d'attribuzione sollevato dal Quirinale nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia per alcune intercettazioni telefoniche registrate tra il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino.
L'atto è composto da una trentina di pagine. A depositarlo è stato il professor Alessandro Pace, fino a poco tempo fa presidente dei costituzionalisti italiani, che insieme a Mario Serio e Giovanni Serges rappresenta il collegio difensivo della Procura palermitana. L'udienza si terrà il prossimo 4 dicembre.

Secondo quanto emerge leggendo gli atti sarebbero 4 le intercettazioni telefoniche tra il Presidente della Repubblica e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino. Oltre 9 mila telefonate intercettate dalla Direzione investigativa antimafia a Mancino, indagato per falsa testimonianza nell'inchiesta che vede coinvolti anche il generale Mario Mori, Calogero Mannino e Marcello Dell'Utri. Si tratterebbe di telefonate intercettate casualmente e che non sono mai state depositate.
Gli atti depositati dalla Procura di Palermo riferiscono che le telefonate effettuate da Mancino sono state registrate in un arco di tempo che complessivamente va dal 7 novembre 2011 al 9 maggio 2012: sei le utenze messe sotto controllo.
Le quattro telefonate al Capo dello Stato, indirettamente intercettate, sono state effettuate da Mancino nelle seguenti date: il 24 dicembre 2011 alle ore 9.40 (durata 3 minuti): il 31 dicembre 2011 alle ore 8.48 (durata 6 minuti); il 13 gennaio 2012 alle ore 12.52 (durata 4 minuti); il 6 febbraio 2012 alle ore 11.12 (durata 5 minuti).

Se il Capo dello Stato avesse "un'immunità assoluta" e "gli si riconoscesse una totale irresponsabilità giuridica anche per i reati extrafunzionali"- riporta la memoria - questo coinciderebbe con la "qualifica di 'inviolabile' che caratterizza il Sovrano nelle monarchie". Argomentando sul ricorso presentato dal Quirinale e ritenuto infondato dai legali che rappresentano i pm di Palermo, la memoria di costituzione affronta il tema dell'immunità presidenziale. "Un'immunità assoluta - si legge nella memoria difensiva - potrebbe essere ipotizzata per il Presidente della Repubblica solo se, contraddicendo i principi dello Stato democratico-costituzionale, gli si riconoscesse una totale irresponsabilità giuridica anche per i reati extrafunzionali. Una simile irresponsabilità finirebbe invece per coincidere con la qualifica di 'inviolabile', che caratterizza il Sovrano nelle monarchie ancorché limitate: una inviolabilità che - tenuta distinta dalla inviolabilità garantita dallo Statuto e dalle leggi a tutti i cittadini - implicava la totale immunità dalla legge penale nonché dal diritto privato quanto a particolari rapporti".

Negli atti viene anche preso ad esempio il caso della monarchia spagnola: "E' ben vero - si legge negli atti - che ancora oggi si ritiene che l'inviolabilità del Re, nell'ordinamento spagnolo, ne escluda del tutto la responsabilità civile e penale anche extrafunzionale, e pertanto egli non può essere sottoposto né direttamente né indirettamente a 'investigazione' penale (ma non quando venga in gioco la sicurezza nazionale). Inoltre si ritiene in dottrina che una legittima intercettazione di una conversazione telefonica nella quale accidentalmente figuri il Re come mero interlocutore non equivale a 'investigare la persona del Re', e quindi la registrazione della conversazione ben potrebbe essere valutata dal giudice istruttore che ne ordinerà la distruzione solo se irrilevante ai fini delle indagini, mentre in caso contrario resterebbe agli atti qualora la sua distruzione possa danneggiare l'accusa oppure la difesa con conseguente violazione dell'art. 24 della Costituzione spagnola".

Il verbale della polizia giudiziaria relativo alle intercettazioni indirette del Capo dello Stato - effettuate su mandato dei pm di Palermo - è stato redatto "senza l'indicazione del contenuto della conversazione". Era stata la stessa Corte Costituzionale a chiedere il verbale, il cosiddetto "brogliaccio", delle intercettazioni. "La polizia giudiziaria (che tempestivamente ed oralmente riferiva al p.m.) - si legge nella memoria di costituzione presentata dalla Procura di Palermo tramite i propri legali - non ha effettuato, anche su disposizione della Procura della Repubblica di Palermo, alcuna trascrizione delle conversazioni tra il sen. Mancino e il Presidente della Repubblica le cui registrazioni sono tuttora custodite dalla Procura della Repubblica nell'ambito del procedimento 11609/08 nel quale sono state disposte ed eseguite". "Deve quindi essere sottolineato - si legge ancora negli atti depositati in Corte Costituzionale - che le conversazioni con il Presidente della Repubblica non hanno mai formato oggetto di deposito che determinasse la possibilità della conoscenza ad opera di qualsivoglia parte processuale".

 

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, GdS.it, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it]

- La memoria dei magistrati di Palermo - Corriere.it (.pdf)

 

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13 ottobre 2012
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