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Le rivelazioni di Calogero Mannino

Parla l'ex ministro democristiano, assolto definitivamente dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa

18 gennaio 2010

"Incontrai Giovanni Falcone a fine settembre '91. Mi disse che era preoccupato per le possibili convergenze tra Cosa nostra e servizi segreti non italiani, che avrebbero provocato uno scossone, un terremoto nel Paese''. Questa la rivelazione dell'ex ministro democristiano Calogero Mannino, intervistato da Maria Latella su Sky Tg 24.
Mannino, assolto lo scorso 14 gennaio in Cassazione dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa dopo un processo durato 17 anni (LEGGI), ha aggiunto che quella con Falcone fu "una conversazione privata, che si ripeté alla presenza di Peppino Gargani". "Del contenuto di quel colloquio - ha aggiunto - parlai allora con il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, con il presidente del Consiglio Giulio Andreotti e con il capo della Polizia Vincenzo Parisi. Fui ascoltato, ma nessuno era in grado di valutare quell'intuizione di Falcone".
L'ex ministro, ora deputato nazionale dell'Udc, ha anche aggiunto che il magistrato ucciso a Capaci lo aveva sollecitato ad accettare l'incarico di commissario della Dc in Sicilia: "Mi disse - ha detto - che era importante che i partiti politici non si dividessero e facessero contro la mafia quello che avevano fatto contro il terrorismo".

"Alla fine degli anni Ottanta, erano maturate le condizioni per un mutamento di fondo: l'Italia poteva essere liberata dalla situazione instaurata, con equilibrio, nel '47 in un Paese facente parte della Nato. Con la caduta del Muro di Berlino, inevitabilmente ci sarebbero state delle conseguenze'', ha detto ancora Mannino nell'intervista. Commentando la stagione di mani pulite e le notizie di questi giorni sugli ipotetici rapporti tra Antonio Di Pietro ed esponenti di servizi segreti, Mannino ha detto che ritiene le dichiarazioni dell'ex pm "un'operazione di outing. Di Pietro mette le mani avanti. Su di lui, come su di me, sono circolate voci. Si tratta di capire cosa è vero e cosa è falso". "In Italia - ha aggiunto - nell'89 erano presenti tutti i servizi segreti. Si trattava di rivedere quelle presenze, di disattivarle. Cossiga fu l'unico a capire il mutamento e occorreva valutare questo passaggio. Le questioni irrisolte della Prima Repubblica ce le portiamo dietro ancora adesso. Dal disperato discorso di Craxi non c'é stata una valutazione sul finanziamento dei partiti, che da allora è quintuplicato".
Infine, Mannino ha parlato della "svolta" della Dc sul fronte antimafia: "Nel congresso dell'83 il partito decise di mettere fuori dalla porta Vito Ciancimino e l'anno precedente, nel corso di un convegno sulla mafia, la Dc lanciò il chiaro messaggio che non intendeva più tollerare debolezze nei confronti di Cosa nostra e appoggiò l'operato del pool antimafia. Già nel '79 la Democrazia cristiana acquisi' la consapevolezza che la mafia stava sviluppando un'azione terroristica con l'uccisione di Michele Reina (segretario provinciale di Palermo della Dc, ndr), Piersanti Mattarella e poi Gaetano Costa, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa". [ANSA]

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18 gennaio 2010
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