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Le stragi del '93 non sono affare di Stato...

Via al processo sulle stragi mafiose a Firenze, Milano e Roma, ma lo Stato non era presente in aula

24 novembre 2010

Si è aperto ieri mattina a Firenze, nell'aula bunker di Santa Verdiana, il processo a Francesco Tagliavia, 56 anni, uomo della famiglia mafiosa palermitana di Corso dei Mille e figlio del cassiere di Brancaccio Pietro Tagliavia, raggiunto a marzo da un nuovo ordine di arresto in carcere nell'ambito dell'inchiesta sugli attentati del '93, quelli di Via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993), di Via Palestro a Milano (27 luglio 1993) e di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro (28 luglio 1993) a Roma.
A far scattare il provvedimento emesso dal giudice di Firenze erano state le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, l'ex braccio destro dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Spatuzza ha riferito che nel maggio del 1993, durante una riunione tenutasi in un villino, nel comune di Santa Flavia, alla quale parteciparono Gaspare Spatuzza, Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano, Cosimo Lo Nigro e lo stesso Francesco Tagliavia, venne pianificata la strage di via dei Georgofili e formalizzata la decisione di colpire i beni del patrimonio artistico cittadino.

Francesco Tagliavia, già all'ergastolo per l'omicidio di Paolo Borsellino venne arrestato il 22 maggio del 1993, quattro giorni prima dell'attentato di Firenze: tuttavia avrebbe messo a disposizione tre suoi uomini, Lo Nigro, Barranca e Giuliano come esplosivisti per compiere l'attentato, finanziandone anche le trasferte. E' accusato di strage e devastazione, in concorso, tra gli altri, con Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, Matteo Messina Denaro, Bernardo Provenzano, Salvatore Riina, tutti già condannati per la campagna stragista di Cosa nostra del '93-'94.
Spatuzza, inoltre, ha riferito ai pm che mesi dopo l'arresto di Tagliavia, durante un'udienza al Tribunale di Palermo, il boss di Corso dei Mille incontrò lo stesso Spatuzza e il suo picciotto Lo Nigro e in quella occasione Tagliavia disse a Lo Nigro: "Fate sapere a Madre Natura di fermare tutto il Bingo", che significava: avvertite Giuseppe Graviano di interrompere il progetto di nuovi attentati.
Il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi ha definito Spatuzza "perfettamente attendibile" e le sue dichiarazioni "determinanti" per arrivare all'arresto di Tagliavia.

Se la procura citerà Spatuzza fra i testimoni, la difesa di Tagliavia ha annunciato che chiederà ai giudici di ascoltare, fra gli altri, Giuseppe Graviano, Massimo Ciancimino, gli ex presidenti della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi, l'ex capo del Dap Nicolò Amato, e gli ex ministri Giovanni Conso e Nicola Mancino.
I pm Giuseppe Nicolosi e Alessandro Crini si sono posti definendo le posizioni di Ciancimino jr e Amato "non pertinenti". I magistrati hanno detto no anche alla richiesta di accogliere fra i testimoni Ciampi, Scalfaro e Nicola Mancino. La decisione arriverà nella prossima udienza, prevista per il 14 dicembre.
L'imputato ha seguito il processo in videoconferenza dal carcere di Viterbo, dove sta scontando la condanna per la strage di via d'Amelio. Fra l'altro il difensore di Tagliavia, l'avvocato Luca Cianferoni, ha chiesto l'acquisizione della sentenza d'appello del processo Dell'Utri perchè, ha spiegato ai giornalisti "ne emerge l'inattendibilità di Spatuzza". Fra i testimoni citati dalla difesa, ha spiegato il pm Nicolosi, ci sono soprattutto "voci dall'interno di Cosa Nostra". Fra i teste, Pietro Carra, Salvatore Grigori e Salvatore Cancemi. "Abbiamo tarato il nostro progetto di dibattimento - ha spiegato in aula Crini - principalmente su posizione di Tagliavia".

Chi è Francesco Tagliavia - Francesco Tagliavia, 56 anni, il nuovo indagato nell’ambito dell’inchiesta sugli attentati del '93 a Firenze, Roma e Milano con le autobomba, è un esponente di spicco di Cosa Nostra. Il suo nome compare infatti in numerose inchieste di mafia. Affiliato alla cosca di Corso dei mille, una zona alla periferia orientale di Palermo, figlio del "cassiere" di Brancaccio Pietro, Tagliavia è stato condannato all’ergastolo per la strage di via D’Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. Accusato di molti omicidi, viene indicato da numerosi pentiti come uno dei killer più spietati della cosca, molto attivo anche nel campo delle estorsioni. Non a caso il suo nome era citato nel libro mastro sequestrato al boss Ciccio Madonia, con l’abbreviazione nemmeno troppo fantasiosa di "Ciccio Taglia", una delle tre persone che gestivano la raccolta del pizzo e delle scommesse clandestine all’ippodromo di Palermo. La "carriera" criminale di Francesco Tagliavia fu interrotta bruscamente il 22 maggio del 1993, quando venne arrestato in una villa di Torretta, in provincia di Palermo. Ma anche dal carcere, dove oggi gli è stata notificata la nuova ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Firenze, avrebbe continuato a dare ordini e a gestire il racket delle estorsioni attraverso i suoi familiari. In particolare impartendo disposizioni alla moglie, Giuseppa Sansone, che fu anche arrestata. La donna era stata inchiodata dalle registrazioni dei suoi colloqui in carcere con il marito. Gli investigatori riuscirono infatti a decrittare il contenuto delle conversazioni in cui il boss si diceva preoccupato per la comparsa di "pesci strani" (nuovi personaggi) che avevano "passato il mare" (erano sconfinati) e ora erano loro a chiedere il "pizzo" ai commercianti. E siccome la cosca era in difficoltà economiche, voleva che il figlio assumesse le iniziative necessarie per risolvere la situazione di quelli che in carcere "muoiono di fame". Alle vittime recalcitranti bisognava dunque far capire che "quando è Natale, è Natale per tutti". Ma dopo la  condanna in primo grado con l’accusa di concorso in associazione mafiosa, Giuseppa Sansone fu assolta in appello, insieme al marito. Secondo i giudici, infatti, l’uso di un linguaggio criptico non implica necessariamente che le conversazioni abbiano come oggetto attività illecite.

Lo Stato assente in aula - Intanto è scoppiata la polemica sulla mancata costituzione di parte civile da parte dello Stato. L'Avvocatura dello Stato, infatti, non ha chiesto la costituzione di parte civile nel processo per la strage dei Georgofili, in cui morirono 5 persone. Hanno chiesto invece, e ottenuto, la costituzione a parte civile la Regione Toscana, il Comune di Firenze (rappresentanto in aula dall'assessore alla Legalità Rosa Maria di Giorgi) e i famigliari e parenti delle vittime degli attentati di 17 anni fa.
Non hanno chiesto la costituzione a parte civile i Comuni di Milano e Roma. L'Avvocatura dello Stato si era invece costituita parte civile nei processi degli anni Novanta. Nel diritto, è stato ricordato in aula, vale il principio 'semel constituta, semper constituta' ovvero 'una volta costituiti, sempre costituiti' ma la richiesta, come prevedono le norme, deve essere reiterata per ogni nuovo processo.
"Forse l'Avvocatura dello Stato è in ritardo..." ha commentato con una certa amarezza il procuratore capo di Firenze Quattrocchi.
Raggiunta telefonicamente però la stessa Avvocatura dello Stato ha fatto sapere di non essersi costituita parte civile in quanto non ha ricevuto nessuna notifica. "La notifica è stata fatta per pubblici annunci ai sensi dell'articolo 155 C.p.p. alle persone offese - hanno spiegato alla sede di Firenze dell'Avvocatura dello Stato - Non ci siamo costituiti parte civile perché non ne siamo venuti a conoscenza. Non ci è stato notificato nulla per iscritto o verbalmente, ma solo con la notifica per pubblici annunci".
Il Procuratore Capo Quattrocchi però ha replicato: "La notifica è stata fatta per pubblici proclami, sta nella Gazzetta Ufficiale. Così si fa".

Sulla vicenda il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha affermato in una nota che: "Il fatto che lo Stato non si sia costituito parte civile al processo per le stragi mafiose del ‘93 non stupisce ma inquieta. E’ grave che il Governo, invece di aiutare la ricerca della verità, continui ad essere latitante su certe scottanti realtà". "Alla luce di quanto sta emergendo dalle indagini sulle stragi degli anni '90 e dalla sentenza della Corte d’Appello di Palermo - ha aggiunto Di Pietro -, appare sempre più evidente la connivenza di settori dello Stato con la mafia. Il Presidente del Consiglio dovrebbe chiarire in Parlamento ma continua ad essere latitante. Ci auguriamo, per il bene del Paese, per la credibilità delle nostre istituzioni e per il rispetto alla nostra storia democratica che lui e il suo governo vadano a casa al più presto".
"E' gravissimo che lo Stato non si sia presentato come parte civile nel processo per la strage dei Georgofili" ha affermato Walter Veltroni. "L'assenza di una rappresentanza di tutti gli italiani nel rivendicare piena giustizia in una delle stragi mafiose di quella stagione terribile è ingiustificabile: l’Italia vuole conoscere la verità, specie quando ci sono ombre sul comportamento di organi dello stato, su componenti deviati che avrebbero intrattenuto una vera e propria trattativa con la criminalità organizzata. Ci aspettiamo una risposta decisa da parte del governo, una parola chiara perché lo Stato non può essere assente, sarebbe uno schiaffo alle vittime di quelle stragi e a tutti i cittadini – ha concluso l'ex segretario del Pd – che hanno diritto alla verità".
Per il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia, "è l’ennesima vergogna italiana, che intacca ancora una volta la credibilità delle istituzioni in ordine alla volontà di ricercare la verità sulle stragi e di contrastare la criminalità organizzata". "Proprio in questi giorni - ha aggiunto Lumia – il Tribunale di Palermo ha stabilito che la delegittimazione ai danni del giudice Giovanni Falcone fu architettata da 'ambienti delle istituzioni'. Un episodio estremamente grave che si va a sommare alla trattativa Stato-mafia e ai tanti tentativi di depistaggio messi in atto da pezzi deviati delle istituzioni. Proprio per questo oggi più che mai è necessario che le istituzioni tutte, il governo e la politica diano il loro contributo per scoprire la verità, fare giustizia e dare credibilità allo Stato".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, LiveSicilia.it, www.giuseppelumia.it]

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24 novembre 2010
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