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Le Talpe alla Dda di Palermo. L'ex maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro condannato per favoreggiamento

Quattro anni e otto mesi di reclusione per favoreggiamento semplice

09 aprile 2005

Il Gup Bruno Fasciana ha condannato con il rito abbreviato a 4 anni e otto mesi di reclusione per favoreggiamento semplice, non riconoscendo l'aggravante dell'articolo 7, il maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro.
L'imputato è stato invece assolto dall'accusa di concorso in associazione mafiosa. Il Gup ha assolto anche il gioielliere Giuseppe Giglio, che doveva rispondere di favoreggiamento. I Pm Nino Di Matteo e Michele Prestipino avevano chiesto la condanna a otto anni e sei mesi per Ciuro e a otto mesi per Giglio. Ciuro è stato anche interdetto dai pubblici uffici per cinque anni.
Il maresciallo della Dia è coinvolto nell'indagine sulle cosiddette ''Talpe alla Dda'', che vede imputati tra gli altri, in un processo parallelo, il maresciallo del Ros Giorgio Riolo, il presidente della Regione Salvatore Cuffaro e l'imprenditore della sanità privata Michele Aiello.

Le accuse per le quali il maresciallo Giuseppe Ciuro è stato condannato dal gup Bruno Fasciana sono quelle di favoreggiamento personale, violazione del sistema informatico della procura e rivelazione di segreto d'ufficio. Il sottufficiale, giudicato con il rito abbreviato, era sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, accusa che il giudice ha derubricato in favoreggiamento (del primo e secondo comma dell'articolo 378 del codice penale) che non è stato aggravato dall'articolo 7 che riguardava l'aver favorito Cosa nostra. Ciuro è stato assolto anche dall'abuso d'ufficio, che riguardava la vicenda del rilascio della certificazione antimafia da parte dela prefettura per l'imprenditore Michele Aiello, attualmente imputato per associazione mafiosa in un altro processo alle talpe della Dda che si svolge davanti ai giudici della terza sezione del tribunale di Palermo e riguarda 13 persone, fra cui il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro e il maresciallo dei carabinieri del Ros, Giorgio Riolo.

''Ciuro non è mafioso: la sentenza ha riconosciuto l'assoluta estraneità del maresciallo a contatti con ambienti mafiosi''. Lo ha detto l'avv. Fabio Ferrara, difensore di Giuseppe Ciuro, commentando la sentenza del gup Bruna Fasciana. ''Ciuro - ha aggiunto l'avvocato - si è limitato a favorire l'amico Michele Aiello''.
''Possiamo dire che è stato ridimensionato e per gran parte annullato, l'impianto accusatorio''. E' il commento dell'altro difensore, l'avv. Vincenzo Giambruno. ''La sentenza ha riconosciuto - ha proseguito Giambruno - che il ruolo di Ciuro nell'indagine era del tutto secondario''.
Ciuro è detenuto da 18 mesi. I suoi legali hanno comunicato che faranno immediatamente istanza di scarcerazione. ''Una richiesta - hanno commentato i due difensori - che a questo punto appare doverosa''. Nessun commento è venuto dai pm Nino Di Matteo e Michele Prestipino che, dopo aver ascoltato la sentenza, hanno lasciato frettolosamente l'aula. Nessun commento ha voluto rilasciare Franca Ciuro, la moglie dell'imputato, che ha seguito col figlio la conclusione del processo.

La procura ha annunciato che presenterà appello contro la sentenza che ha condannato il maresciallo  Giuseppe Ciuro, che è stato allo stesso tempo assolto dall'accusa di associazione mafiosa. ''I fatti che venivano contestati a Ciuro - afferma il pm Nino Di Matteo, che ha istruito il processo - sono stati ritenuti provati. Il gup ha dato agli stessi fatti una qualificazione giuridica del tutto diversa da quella che ritenevamo corretta, e per questo appelleremo la sentenza''. La procura di Palermo ritiene «pesante» la condanna inflitta al maresciallo Ciuro. ''Il gup - afferma il pm Maurizio De Lucia, che ha sostenuto l'accusa - ha ritenuto che l'imprenditore Michele Aiello, mafioso, veniva aiutato dalle rivelazioni fatte da Ciuro. La nostra visione dell'inchiesta ci porta dunque a ritenere, alla luce di questa sentenza, che l'impostazione dell'accusa non è sbagliata. Ciuro - prosegue il magistrato - ha dunque aiutato l'amico mafioso, e secondo il giudice non tutta l'organizzazione di cosa nostra. Per questo motivo ribadiremo la nostra tesi accusatoria in corte d'appello''.

Fonte: La Sicilia, 8 Aprile 2005

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09 aprile 2005
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