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Libera anche Messina...

E' stato arrestato il latitante Giuseppe Mulè, ritenuto il più pericoloso capomafia di Messina

10 dicembre 2007

Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, nei giorni scorsi, intervistato dal Tg regionale della Rai, aveva lanciato un appello a tutti i mafiosi ancora in libertà: “Nessun latitante riuscirà a sfuggire per sempre. Tutti, prima o poi, verranno presi. Consiglio, quindi, di mettersi dalla nostra parte, perché una forma di tutela da parte dello Stato esiste... La mafia è solo sofferenza, quella della morte e del dolore dei parenti, e quella del carcere, dove prima o poi i mafiosi andranno a finire...”. 
E dopo Palermo, Catania e Gela è arrivato il turno di Messina: anche per la Città dello Stretto è arrivato il momento della liberazione da un capomafia!
Ad essere arrestato Giuseppe Mulè, noto boss mafioso messinese. I Carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno catturato il pregiudicato sabato sera a Scafati, in provincia di Salerno. Mulè, capo dell'omonimo clan attivo nel quartiere 'Giostra', è considerato ad oggi il più pericoloso leader criminale di Messina, ed è già stato condannato per diversi fatti di sangue e reati di stampo mafioso. Nello scorso settembre aveva fatto perdere le proprie tracce mentre si trovava sottoposto a regime di sorveglianza speciale, dopo essere stato scarcerato per motivi di salute.
Giuseppe Mulè come il boss di Gela, Daniele Emmanuello,  ha tentato la fuga gettandosi dalla finestra dell'appartamento in cui aveva trovato rifugio, situato al secondo piano di una palazzina. Al contrario della drammatica fine di Emmanuello, Mulè non si è fatto nulla essendo stato subito bloccato da un maresciallo del reparto operativo di Messina.

Come dicevamo, l'uomo era latitante dall'inizio di settembre, quando, scarcerato su ordine del Tribunale di sorveglianza di Milano e posto ai domiciliari perché ritenuto affetto da Aids conclamato, era stato sottoposto a sorveglianza speciale. Dai domiciliari era comunque riuscito a fuggire e a far perdere le sue tracce. Subito dopo la fuga, Mulè aveva trovato rifugio nel quartiere messinese di 'Giostra'. Le operazioni condotte dalla polizia in questi ultimi mesi gli hanno però fatto terra bruciata intorno, convincendolo a rifugiarsi altrove. Negli ultimi due mesi la Squadra mobile ha infatti decimato il clan Mulè con le tre tranche dell'operazione 'Ghost', che hanno portato in carcere, tra gli altri, Floriana Rò, convivente storica del boss. Nessuna delle 9 persone arrestate dalla polizia ha però deciso di parlare, violando la cortina di ferro innalzata intorno al capo clan. I carabinieri sono riusciti ugualmente a trovare le tracce del boss, ed in due occasioni gli sono stati molto vicini alla cattura, la prima volta nel quartiere fortino di Giostra, la seconda a Catania.
Le accurate indagini, condotte dai carabinieri di Messina e coordinate dal sostituto procuratore Maria Pellegrino e dalla collega della Direzione distrettuale antimafia, Rosa Raffa, hanno infine portato gli investigatori a ritenere che il latitante avesse trovato rifugio fuori dall'isola ed in particolare in Campania. Individuato l'appartamento in cui si era stabilito è scattato un blitz, al quale hanno collaborato anche i carabinieri della locale compagnia e quelli di Messina Centro.

Una latitanza, dunque, durata tre mesi e cinque giorni. Il boss di 'Giostra' era ospite di una coppia di incensurati disoccupati, Giuseppe Oliviero, 39 anni, Lucia Cefariello, 38 anni, e di un'altra donna, Virginia Carotenuto, 28 anni, proprietaria dell'appartamento dove si nascondeva. I tre, tutti di Ercolano, sono stati arrestati per favoreggiamento. Il blitz è scattato intorno alle 20. I carabinieri hanno circondato la palazzina e, quando i due coniugi che si occupavano della sua assistenza sono usciti dall'appartamento, hanno fatto irruzione. Mulè ha cercato di fuggire attraverso la finestra, giù dal secondo piano del palazzo, ma in basso, ad attenderlo, c'era un maresciallo del Reparto operativo che lo ha arrestato.
Nell'appartamento, i carabinieri hanno trovato un passaporto con l'identità falsa che il boss era pronto ad assumere, con l'alias di Giuseppe Parisi, di Catania, una Beretta 98Fs con la matricola abrasa completa di due caricatori, 2 mila euro in contanti, altro materiale ora vaglio degli investigatori e, in bagno, le medicine da cui il malvivente non si separa mai.
Secondo gli investigatori Mulè avrebbe continuato, da latitante, a controllare il racket delle estorsioni attraverso la compagna, Floriana Rò, arrestata il 21 novembre scorso a Messina, e dei suoi “picciotti”.

“Abbiamo assestato un importante colpo contro i clan messinesi, dobbiamo ringraziare anche la polizia per la collaborazione”. Queste le parole del comandante dei carabinieri di Messina, Maurizio Stefanizzi, commentando in conferenza stampa l'arresto di Mulè. “La polizia - ha aggiunto - con le operazioni Ghost 1 e 2 aveva fatto terra bruciata attorno al boss del rione Giostra, il quale era stato costretto a fuggire fuori dalla Sicilia”.
“E' il momento per tutti quelli che sono stati vessati dalle richieste estorsive e dal terrore che il boss incute in città - ha aggiunto il capitano Piero Vinci, comandante della compagnia Messina Centro - di denunciare: Mulè è in manette e ragionevolmente ci resterà per parecchio, ed anche i suoi fedelissimi sono dietro le sbarre”.

Un capolavoro di professionalità di Carabinieri e Polizia

(TempoStretto.it, 09/12/07)
Come si arriva a catturare un boss del calibro di Giuseppe Mulè? E' un lungo lavoro investigativo vecchia maniera, fatto di intercettazioni, pedinamenti, molta furbizia e tanto fiuto. Mulè non è personaggio nuovo a imprese del genere. Qualche anno fa era fuggito su una sedia a rotelle dall'ospedale Margherita dove si trovava ricoverato. Ha alla spalle una lunga carriera criminale e può contare su una fitta rete di appoggi e complicità. Soprattutto Mulè non ha niente da perdere. Condannato all'ergastolo con sentenza definitiva e malato di aids non ha certo problemi a tentare il tutto per tutto per garantirsi la libertà.
Per questo ieri sera i Carabinieri che lo hanno arrestato hanno fornito un grande esempio di professionalità. Si poteva rischiare il conflitto a fuoco perché Mulè era armato. In casa gli sono stati trovati una pistola e due caricatori completi di cartucce. Insomma il boss era pronto a difendersi a tutti i costi pur di non farsi catturare. I Militari hanno atteso l'unico momento giusto, quando ha aperto la porta per accompagnare i suoi vivandieri. Lì lo hanno sorpreso e, pur disarmato, si è lanciato da una finestra al secondo piano. Perché con un ergastolo sulle spalle si può anche rischiare qualcosa. Ma in questa inchiesta c'è un aspetto che va finalmente sottolineato. La perfetta sintonia fra Carabinieri e Polizia che per una volta hanno collaborato fattivamente. Ed il risultato è stato straordinariamente efficace.

Oggi il quadro è piuttosto chiaro. Mentre da un lato i Carabinieri del Comando Provinciale tentavano di stanare Mulè, cercando le sue tracce, individuando i suoi covi ed i suoi complici la Squadra Mobile inceneriva tutto quanto cresceva attorno al boss. In un mese gli uomini del capo della Mobile, Marco Giambra hanno messo a segno ben tre operazioni contro esponenti del clan Mulè. Poca fantasia nell'etichettare le inchieste (Ghost, Ghost 2 e Ghost 3) ma tanta tempestività. In pochi giorni sono finiti in carcere Floriana Rò, convivente storica del boss, il cognato e sette affiliati al suo clan. Tutti accusati di estorsioni ai danni di commercianti ed imprenditori della zona nord. Da sempre l'attività principale del gruppo Mulè, gestita in maniera capillare, quasi senza eccezioni. Le intercettazioni telefoniche hanno portato alla luce una realtà fatta di ricatti, attentati, danneggiamenti, minacce di morte. Qualcuno è stato costretto a chiudere l'attività, altri a sborsare fior di quattrini per continuare a lavorare. Da qui l'appello lanciato oggi dal sostituto procuratore Maria Pellegrino e dal comandante provinciale dei Carabinieri, colonnello Maurizio Stefanizzi. Un invito pressante alla denuncia ed alla collaborazione da parte delle numerose vittime di estorsione. Approfittando del momento difficile di Mulè e dei suoi amici. Mai come oggi questo è il momento giusto per estirpare definitivamente la pianta del malaffare. Non cogliere quest'occasione sarebbe la più grave delle complicità con i boss che per anni hanno vessato migliaia di onesti cittadini.

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10 dicembre 2007
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