Liberalizzate pure, ma non le "trivelle facili"
Il Wwf ha segnalato il pericolo che, con l'avvio delle liberalizzazioni la ricerca di petrolio e gas diventi più selvaggia
Nemmeno il tempo di poter festeggiare per il parere negativo della commissione tecnica Via del ministero dell'Ambiente sulla possibile ricerca petrolifera nel banco di Pantelleria, che in Sicilia torna l'allarme. All'interno del 'decreto liberalizzazioni' varato la scorsa settimana dal governo Monti, torna a balenare l'ipotesi "trivella facile", che consentirebbe la perforazione via mare e terra all'interno del territorio siciliano. Il decreto prevederebbe tre articoli mirati a concedere la possibilità di trivellare gas e petrolio in aree preziosissime del nostro paese con un limite di distanza ridotto dalle 12 alle 5 miglia dalla costa. Ma non solo: si prevede di aumentare gli investimenti in infrastrutture estrattive; si abbassano drasticamente i limiti per la trivellazione in mare e si liberalizza la ricerca di nuovi giacimenti. Fatto salvo per i limiti ambientali, che però non frenano il disastro in caso di sversamento
A lanciare l'allarme è stato recentemente il Wwf, che nella sua relazione "Milioni di regali" ha posto l'attenzione sulle possibili nuove 82 istanze di ricerca che nel 2011 sono pervenute al ministero dell'Ambiente, delle quali solo 39 interessano la Sicilia.
Il coordinatore dei Verdi Sicilia, Carmelo Sardegna ha espresso il suo totale dissenso per una possibile trivellazione che "distruggerebbe la nostra costa", attaccando duramente la giunta regionale guidata dal governatore Raffaele Lombardo, reo, secondo l'ambientalista, di interessarsi solamente alla "cementificazione delle coste", senza "tutelare il territorio". Dello stesso avviso Vincenzo Moscuzza, responsabile del Comitato "No-Triv" nato per la salvaguarda della Val di Noto: "Adesso ci sono alla Regione Siciliana ben 40 richieste di permessi per ricerche petrolifere, in tutta la Sicilia, sia offshore che onshore. Questi sono dati sconvolgenti. È inutile che parliamo di territorio, di tutela dell'ambiente, di valorizzazione turistica della Sicilia, se poi arrivano i petrolieri e vogliono piazzare le loro strutture dappertutto". Il comitato "Stoppa la Piattaforma", tramite il suo portavoce Mario Di Giovanna spiega di essere "assolutamente contrario" alle liberalizzazioni ritenendole "una follia che si traduce in realtà, in una vera e propria licenza di uccidere il mare siciliano". Secondo Di Giovanna la manovra del governo non tiene minimamente conto delle Royalty, ovvero le tasse che i petrolieri pagano allo Stato su ogni singolo barile di petrolio estratto: "Per trivellare offshore sono circa il 4%, quando nel resto del mondo la media è intorno al 60/70%". Questo comporterebbe quindi "l'assalto di tutte le compagnie petrolifere del mondo attratte da tasse bassissime".
Dalla Regione Sicilia però arriva lo stop dell'assessore al Territorio e dell'Ambiente, Sebastiano Di Betta: "Il governo nazionale può liberalizzare ciò che vuole, non può certamente immaginare di devastare ciò che è il mio territorio", e puntualizza: "Bisogna ancora capire quali sono le ipotesi di emendamento, a tal proposito anche noi, come Regione Sicilia, cercheremo di far valere le nostre ragioni". Di Betta si pone favorevolmente al processo di liberalizzazione, purché "tenga conto di quali sono gli aspetti legati al territorio, alle amministrazioni comunali, regionali, e alla popolazione che ci vive".
La "minaccia" trivella, comunque, preoccupa non solo associazioni ambientaliste e non solo per le coste e il mare siciliano. All'inizio di gennaio, infatti, le amministrazioni di Caltagirone, in provincia di Catania, e di Vittoria, in provincia di Ragusa, assieme a Legambiente e al Fondo Siciliano per la Natura, hanno presentato opposizione all'istanza con cui la società Eni Mediterranea Idrocarburi Spa (EniMed) ha chiesto alla Regione siciliana l'autorizzazione a eseguire ricerche di idrocarburi liquidi e gassosi in un'area di 38 mila ettari.
I centri interessati sono Caltagirone, Mazzarrone, Vittoria, Ragusa, Santa Croce Camerina, Comiso, Acate e Chiaramonte Gulfi. Hanno inoltre diffidato la Regione al rilascio del giudizio di compatibilità ambientale positivo.
L'area del territorio di Caltagirone a rischio trivellazioni si trova nelle contrade Piano Chiazzina, Ventisalme e Sciri Sottano, vale a dire zone A e B della Riserva del bosco di Santo Pietro. "Si tratta - ha detto il sindaco calatino Francesco Pignataro - di un'area con caratteristiche che la rendono assolutamente incompatibile con la ricerca e la coltivazione di idrocarburi in quanto quest'ultima è un'attività industriale pericolosa per l'ambiente, il paesaggio, la salute dei cittadini, la vocazione turistica, agricola e viticola, l'integrità paesaggistica e culturale di questo territorio".
L'ESPLORAZIONE DEGLI IDROCARBURI IN ITALIA METTE A REPENTAGLIO GLI ECOSISTEMI DELL'ADRIATICO E DELLO STRETTO DI SICILIA
Oceana è allarmata per la recente evoluzione nello sfruttamento delle risorse idrocarburiche lungo le coste italiane che mettono a repentaglio l'integrità del fragile ecosistema marino e la sopravvivenza della popolazione costiera. L'organizzazione, che si occupa della conservazione dell'ambiente marino, incita il Ministro dell'Ambiente Corrado Clini e il governo Italiano a fermare il leasing delle nuove perforazioni al largo e a porre in essere una moratoria su tutto il Mar Adriatico per proteggere quest'area così importante e ricca dal punto di vista biologico; richiama inoltre gli altri leaders a de-carbonizzare il settore energetico italiano e ad investire nelle energie rinnovabili.
"Le aree soggette alla perforazione per ottenere gli idrocarburi sono vicine a delle aree marine protette ed ad altri siti di fondamentale importanza nello stretto di Sicilia che sono siti cruciali per la riproduzione di specie migratorie rare come gli squali bianchi, i tonni o le tartarughe marine", ha dichiarato Nicolas Fournier, coordinatore dell'ufficio di Oceana di Bruxelles. "Il governo italiano deve dare il buon esempio contro l'aumento dello sfruttamento degli idrocarburi se non vuole mettere a repentaglio l'economia costiera e la qualità dell'ambiente marino. Non vogliamo dover assistere ad un altro disastro come quello del Deepwater Horizon nel Mediterraneo e tuttavia questa eventualità rimane molto alta a causa dell'incompleto quadro normativo europeo sulle piattaforme al largo".
In particolare, crea preoccupazione la recente approvazione, da parte del Ministero Italiano dell'Ambiente, di permettere alla compagnia britannica British Petroleum di condurre delle esplorazioni sismiche al largo della costa sud della Puglia, in un'area che si estende per più di 6,600 km2 e che é limitrofa a nove zone speciali di conservazione (ZSC) integrate nella Rete Ecologica "Natura 2000", ad un Parco Nazionale, a delle Aree Speciali Protette di Importanza Mediterranea (ASPIM) in base alla Convenzione di Barcellona e ad un'Area Marittima Protetta in base alla legislazione italiana (Elenco Ufficiale delle Aree Protette del 27/04/2010).
Queste aree sono di estrema importanza per conservare la biodiversità europea dato che sono state specificatamente scelte per le loro straordinarie caratteristiche nazionali e che proteggono delle specie a rischio di estinzione, delle specie rare e degli habitat dalla crescente pressione antropogenica.
Dopo aver recentemente acquisito dati sismici nelle acque pugliesi, talvolta in siti molto vicini alla costa (7.3 miglia), Northern Petroleum sta pianificando di cominciare il perforamento al largo nel primo semestre del 2012.
Questi piani di sfruttamento saranno nocivi per 65 km2 di Posidonia oceanica Virginale che fiorisce al largo delle coste pugliesi, che é un habitat "prioritario" in base alla Direttiva europea. Questo habitat marino non è solo un'area di fondamentale importanza per la cova di svariate specie di pesci e di crostacei ed un fondamentale bio-indicatore dell'integrità dell'ecosistema, ma serve anche ad assorbire in maniera efficace il diossido di carbonio. Degli studi sui servizi degli ecosistemi stimano che il valore di questo habitat così particolare si aggira intorno a più di 14.000 Euro per ettaro. A rischio è anche la tartaruga caretta (Caretta caretta), classificata come specie a rischio dall'Unione Nazionale per la Conservazione della Natura, che si sposta per vaste aree del Mar Adriatico durante la sua migrazione. L'area è inoltre abitata da balene e cetacei, ivi inclusi gli zifi, le stenelle striate e i tursiopi, che in passato sono stati trovati incagliati a terra con lesioni causate dalle attività di esplorazione sismica.
"Lo scopo ultimo delle compagnie petrolifere è di perforare lungo tutta la costa adriatica, mettendo a rischio non solo la fauna marina ma l'intera comunità e lo stile di vita che sono strettamente legate per generazioni a un mare sano, tra cui la pesca e il turismo" ha dichiarato la Dottoressa Maria R. D'Orsogna, professore di Fisica alla California State University (Northridge) ed esperta di petrolio e gas. Ha aggiunto che "sarebbe incosciente autorizzare lo sfruttamento petrolifero in un ecosistema così delicato, con un perenne rischio di esplosioni, di perdite o di scarico in mare che metterebbe continuamente a rischio queste acque virginali".
Ancora più preoccupante è che simili operazioni siano state annunciate per l'intera costa italiana orientale e per la Sicilia, dove le operazioni di approvazione da parte delle autorità competenti sono già cominciate. Queste includono, tra l'altro, i progetti sottoposti ad approvazione della compagnia irlandese Petroceltic tra l'Abruzzo e le isole Tremiti, della compagnia inglese Spectrum Geo per l'enorme area di 30.000 km 2 di esplorazione sismica che si stende su tutta la costa adriatica da Rimini al sud della Puglia, o per la compagnia australiana Audax Energy che richiede di perforare lo stretto di Sicilia in un'area molto sensibile dal punto di vista ambientale che include Talbot, Pantelleria e le rive Avventura.
[Informazioni tratte da Corriere del Mezzogiorno (articolo di Saul Caia), Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, OCEANA]