Liberi i tre operatori di Emergency
"Stiamo compatibilmente bene con quello che abbiamo passato". Gino Strada: "Volevano screditare Emergency"
Sono tornati liberi i tre operatori italiani di Emergency Marco Garatti, Matteo dell'Aria e Matteo Pagani, arrestati otto giorni fa a Lashkar Gah, nella provincia di Helmand, in Afghanistan.
Ad annunciarlo è stato ieri il ministro degli Esteri Franco Frattini esprimendo il suo più vivo compiacimento per la positiva conclusione della vicenda. "Abbiamo ottenuto quello che era il nostro obiettivo prioritario, e cioè la libertà per i nostri connazionali senza mettere in discussione la nostra posizione di ferma solidarietà con le istituzioni afgane e la coalizione internazionale nella lotta contro il terrorismo in Afghanistan", ha sottolineato il ministro. "Questa conclusione positiva - ha aggiunto Frattini - è il risultato dell'intensa azione condotta dalla diplomazia italiana che ha agito con straordinaria professionalità e discrezione, nel rispetto delle istituzioni afgane che l'italia e la comunità internazionale stanno aiutando a crescere. Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla soluzione positiva del caso''.
Anche cinque dei sei cooperanti afgani di Emergency, arrestati insieme ai tre italiani con la stessa accusa, sono stati rilasciati oggi a Kabul. Il sesto, sospettato di aver nascosto le armi nell'ospedale di Lashkar-gah, resta "in custodia". Lo ha reso noto l'agenzia afghana Pajhwok citando un comunicato dell'Nds, i servizi di intelligence afghani.
Tra vederdì e sabato gli operatori erano stati trattenuti dalle autorità afgane all'interno di una guest house, avevano riferito fonti dell'intelligence sottolineando che "probabilmente l'epilogo della vicenda sarà l'invito da parte delle autorità di Kabul a lasciare l'Afghanistan. La liberazione dei tre è avvenuta "nel momento in cui gli investigatori afgani hanno verificato che non sono stati raccolti riscontri significativi alle accuse formulate in un primo momento".
Già ieri mattina il sito di Articolo21 aveva annunciato come "imminente il rilascio del personale di Emergency dopo un accordo con il ministero degli Esteri che attraverso l'inviato speciale Massimo Iannucci si è fatto relatore di una proposta accettata dall'Amministrazione Afgana". "A quanto risulta - si leggeva nelle nota riportata dal sito diretto da Stefano Corradino - i servizi segreti non hanno potuto indicare a tutt'ora nessuna prova a supporto delle pesanti accuse e ciò ha convinto il Presidente Karzai a fare in modo che il rilascio avvenga immediatamente anche se per una questione di immagine potrà sembrare che vengano poste delle condizioni, forse l'impegno a considerare la posizione dei tre funzionari di Emergency in Italia''.
Soddisfazione è stata espressa anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "La liberazione dei tre operatori di Emergency in Afghanistan è motivo di sollievo per noi tutti e, in primo luogo naturalmente, per i familiari. L'intesa raggiunta tra le autorità afgane e il governo italiano - aggiunge il capo dello Stato - garantisce il rispetto dei diritti fondamentali delle persone bruscamente arrestate e pesantemente quanto genericamente accusate, e, nello stesso tempo, la piena corretta disponibilità, nel rispetto delle istituzioni afgane, all'approfondimento delle indagini, sulla base di ogni eventuale ulteriore elemento, da parte della magistratura italiana".
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta dal canto suo ha tenuto a sottolineare che "il governo Berlusconi non ha mai fatto discriminazioni nei confronti di qualunque cittadino italiano si trovasse in condizioni di difficoltà. Non guardiamo al colore o alle idee di nessuno, guardiamo ai cittadini italiani che hanno bisogno di garanzie e di diritti. Questo abbiamo fatto e questo continueramo a fare".
Soddisfatto dell'epilogo della vicenda il fondatore di Emergency Gino Strada: "Stanno bene e hanno voglia di riprendere il loro lavoro. Ho parlato con loro al telefono a lungo e stanno bene. Sono tutti molto felici e ora meritano qualche giorno di riposo". Gino Strada ha poi aggiunto che con la positiva conclusione di questa vicenda "è fallito il tentativo di screditare Emergency e la sua attività in Afghanistan [...] Qualcuno ci ha provato ma ha fallito". Strada ha detto infine che Emergency valuterà "il da farsi e la sicurezza della struttura. Non sappiamo cosa sia successo, ci sono punti oscuri, non è chiaro perché sia stata costruita questa trappola, questa montatura all'interno dell'ospedale. Spero che possa riprendere l'attività". Comunque, ha assicurato il fondatore della ong, "non abbiamo mai detto di voler lasciare l'ospedale, che è stato occupato militarmente. Al nostro personale è stato impedito di andare a lavorare ma vogliamo stare lì perché quell'ospedale è la sola possibilità di cura della popolazione". Dopo le tensioni con il governo italiano, il fondatore della ong ha ringraziato l'esecutivo per il contributo dato alla liberazione dei tre operatori, e ha concluso il suo intervento con una battuta: "Invierò una maglietta di Emergency al ministro Frattini, come mi aveva chiesto".
"Siamo felici che sono liberi, non avevo dubbi perché sono completamente innocenti. Aspettiamo il loro rientro e il loro abbraccio con le famiglie", è invece il commento della presidente di Emergency Cecilia Strada. "La loro liberazione - ha sottolineato - è dipesa dal lavoro di tutti sia in Italia che in Afghanistan, hanno cooperato tutti per la loro libertà".
Intanto è di questa mattina la notizia che Garatti, Dell’Aira e Pagani hanno rifiutato di tornare in Italia con un volo di Stato. I tre sarebbero dovuti rientrare con il Falcon dell’Aeronautica che sta conducendo in Afghanistan il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, che parteciperà al cambio del comando del contingente italiano; ma i tre hanno rifiutato l’offerta del volo di Stato. "Non ho parole, è un fatto che si commenta da solo", ha detto il sottosegretario alla Difesa. "Si sono rifiutati - ha confermato Crosetto -. Credo si commenti da solo il fatto che tre cittadini italiani si rifiutino di salire su un aereo che è stato messo a loro disposizione da quello stesso Stato che li ha fatti tornare liberi. Non ho parole, si commenta da solo".
Comunque, già ieri i tre operatori avevano detto di non voler lasciare subito Kabul, e questo è legato a motivi personali ed organizzativi. La loro prima notte dopo la liberazione è passata tranquilla in casa con gli amici ed ha permesso loro di riassaporare il piacere della routine. "Stiamo bene, compatibilmente bene con quello che abbiamo passato" ha detto Marco Garatti al telefono. [Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Repubblica.it, La Stampa.it]
Marco Garatti: "Ho avuto paura per la nostra onorabilità" - "Paura per la vita? No, piuttosto per la nostra onorabilità". A dichiararlo è stato Marco Garatti (nella foto con la moglie) , uno dei tre operatori italiani arrestati in Afghanistan e rilasciati ieri, in un'intervista telefonica effettuata nel corso della trasmissione di Fabio Fazio 'Che tempo che fa'. "Se in Italia avete capito poco, noi non abbiamo capito niente", ha confessato Garatti. "Siamo stati dichiarati innocenti e quindi liberi cittadini. Ho avuto paura per la mia onorabilità e per l'onorabilità dell'organizzazione", ha ribadito però il medico.
Ad una domanda su chi ha partecipato all'arresto dei tre cooperanti italiani Garatti ha risposto: "Penso la polizia, le forze speciali, l'ospedale era circondato, le strade bloccate era un putiferio. Personalmente, non ho visto uomini dell'Isaf". Ricostruendo la vicenda, il medico ha spiegato: "Probabilmente siamo stati fermati perché siamo i responsabili del progetto. Un Matteo era il coordinatore del programma a Kabul, l'altro Matteo era il responsabile della logistica, ci sono state le due Simone e adesso ci sono i due Mattei, e io sono il responsabile medico di Lashkar-gah. Suppongo che siamo stati fermati per questo motivo".
"L'intenzione di tornare in Italia c'è - ha poi aggiunto Garatti - anche perché siamo abbastanza provati da questi giorni, ma i dettagli del nostro ritorno li dobbiamo definire. Pensiamo di avere una piccola vacanza perché il nostro lavoro qua è straordinariamente importante e quindi non possiamo stare via".
Garatti alla domanda se aveva capito il perché dell'arresto ha spiegato: "Se in Italia voi avete capito poco noi da qui non abbiamo capito nulla. Ci è stato detto delle armi trovate nell'ospedale e quindi noi come personale internazionale dovevamo essere coinvolti. Le indagini hanno poi provato che così non era, non so se le armi c'erano in ospedale o no e non mi interessa. Una delle cose che noi abbiamo detto all'ambasciatore italiano, che ringraziamo molto per quanto ha fatto, era che volevamo uscire ma senza condizioni, in modo chiaro in quello che noi abbiamo fatto e non solo noi ma anche Emergency. Non è possibile che Emergency sia stata coinvolta in questa storia è un ospedale che cura le vittime di guerra".
Su possibili pericoli durante la prigionia, Garatti ha detto: "Siamo stati interrogati. E la sensazione di pericolo quando sei in isolamento è molto diversa e difficile da percepire. Nel senso che tutto ti fa paura e invece magari tutto è innocente ma non penso di essere stato a rischio della vita". "Stiamo bene, compatibilmente bene con quello che abbiamo passato", ha assicurato al termine dell'intervista Marco. [Repubblica.it]