Liberi tutti?
La VI Sezione penale della Cassazione ha smantellato una delle più importanti sentenze contro la mafia siciliana
Bernardo Provenzano, Pietro Aglieri, Stefano Ganci, Filippo e Giuseppe Graviano, Carlo Greco, Salvatore Lo Piccolo, Francesco Madonia, Giovanni Marcianò, Giovanni Matranga, Giuseppe Montalto, Calogero Passalacqua, Bartolomeo Spatola, Franco Spatola, Benedetto Spera, Antonino Troia e Mariano Troia, Giuseppe Calò, Domenico Ganci.
Visti così, tutti insieme, questi nomi che evocano gran parte della storia negativa della Sicilia, si potrebbe pensare servano per formare virtualmente un'imbattibile squadra di ''fantamafia'', all'interno di un gioco sicuramente di cattivo gusto.
Invece, dietro questa terribile lista, tra l'altro parziale, c'è un grave rischio, quello che vede tutti i possessori di questi nomi di nuovo liberi, fuori dalle carceri o dalle loro colpevolezze.
La Cassazione ha infatti deciso di smantellare una delle più importanti sentenze contro la mafia siciliana.
La VI Sezione penale ha annullato, con rinvio a nuovo giudizio, l'ergastolo al superboss latitante Bernardo Provenzano e a decine di altri capi e killer in relazione al processo per 127 omicidi di Cosa Nostra avvenuti, a Palermo e provincia, tra gli anni '70 e i primi anni '90.
Molti dei delitti, ora senza colpevole, riguardano uccisioni di mafiosi ammazzati dai corleonesi nella guerra per impadronirsi del controllo del capoluogo siciliano. Ma alcune delle vittime erano uomini delle forze dell'ordine (come il capitano dei carabinieri Mario D'Aleo, ucciso nel 1983, e l'agente Calogero Zucchetto ammazzato nell'82) o cittadini qualsiasi.
Una sentenza che avrà anche effetti collaterali pesanti. E' probabile infatti, che in seguito a questa decisione, alcuni personaggi, considerati dei killer professionisti possano tornare rapidamente in libertà, ed è sicuro che le istanze dei loro avvocati partiranno con la massima celerità.
L'annullamento con rinvio è stato disposto dalla Suprema Corte anche per boss del calibro di: Pietro Aglieri, Paolo Alfano, Giovanni Battaglia, Giovanni Di Gaetano, Vincenzo Di Maio, Giuseppe Farinella, Stefano Fontana, Stefano Ganci, Filippo e Giuseppe Graviano, Carlo Greco, Girolamo Guddo, Salvatore Liga, Giovani Lipari, Matteo Lo Duca, Salvatore Lo Piccolo, Francesco Madonia, Giovanni Marcianò, Giovanni Matranga, Giuseppe Montalto, Calogero Passalacqua, Antonino Porcelli, Nicola Riolo, Pietro Salerno, Simone Scalici, Giusto Scarabba, Gaetano Scotto, Bartolomeo Spatola, Franco Spatola, Benedetto Spera, Francesco e Giuseppe Spina, Antonino Tarantino, Antonino Tinnirello, Antonino Troia e Mariano Troia.
Tutti questi imputati dovranno essere riprocessati dalla Corte di assise di appello di Palermo.
In totale, di 81 ergastoli, ne restano in piedi solo una quindicina.
La Cassazione ha infatti confermato e reso definitive le condanne a vita per il capo dei Corleonesi Totò Riina, Leoluca Bagarella, Salvatore Biondo, Michelangelo La Barbera, Antonino Madonia, Salvatore Biondino, Giovanni Buscemi, Giulio Di Carlo, Giovanni Di Giacomo, Raffaele Ganci, Salvatore Giuliano, Antonino Marchese, Biagio Montalbano e Giovanni Motisi.
Proprio in questa ''distinzione'' si possono individuare, forse, le posizioni giuridiche che sono alla base della sentenza della Cassazione.
Infatti, la Suprema Corte (i giudici sono stati in camera di consiglio una settimana, dal 13 aprile a oggi) sembra aver applicato la sua stessa giurisprudenza più recente: quella secondo la quale gli uomini di Cosa Nostra non possono essere considerati e, quindi, ''condannati'' come facenti parte di un'organizzazione o di una "cupola" responsabile di tutti i delitti.
Ciò vuol dire che per ogni singolo delitto, le procure avrebbero dovuto dimostrare i rapporti precisi tra assassino e mandante: altrimenti il mandante va considerato innocente.
In quel lungo periodo, poi, Totò Riina prendeva le sue decisioni consultando poche persone della cerchia ristretta dei corleonesi; non è quindi dimostrato, secondo la VI sezione, che Provenzano e altri condannati abbiano partecipato a quelle scelte di morte.
Stesso discorso per i capi mandamento che, in molti casi hanno ricevuto mandati di cattura per delitti compiuti mentre erano in carcere.
Per la Cassazione, se un uomo è in galera, non può essere mandante di un delitto per il solo fatto di comandare una cosca. Secondo i pentiti e secondo i magistrati che li avevano condannati, invece, anche dalla prigione, certi personaggi potevano prendere decisioni importanti, anche ''condanne a morte''.
La Suprema Corte ha inoltre annullato con rinvio, limitatamente ad alcuni capi di imputazione per singoli omicidi, le condanne all'ergastolo per Giuseppe Calò, Giuseppe Dainotti, Raffaele Galatolo, Domenico Ganci, Domenico Guglielmini e Francesco Gullo.
Annullata con rinvio anche la condanna all'ergastolo di Gioacchino Cillari, Nunzio Milano, Francesco Mulè e Antonio Scimone: anche tutti questi boss mafiosi saranno processati nuovamente dalla Corte di assise di appello di Palermo per rivalutare la loro responsabilità in determinati e specifici omicidi. Ma resta il giudizio della loro colpevolezza per la maggior parte degli episodi sanguinari loro addebitati.
Infine la VI Sezione penale della Cassazione ha stabilito che, per alcuni reati minori, deve essere rideterminata la pena per Michele Dentici, Antonino Geraci, Giuseppe Lucchese, Salvatore Madonia, Antonino Rotolo, Giovanni Torregrossa.
La rideterminazione è dovuta alla dichiarazione di prescrizione di alcuni reati minori.