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Lo scafandro e la farfalla

Julian Schnabel racconta la drammatica vicenda del giornalista Jean-Dominique Bauby

15 febbraio 2008

 






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LO SCAFANDRO E LA FARFALLA
di Julian Schnabel

Nel dicembre del 1995, all'età di 43 anni, Jean-Dominique Bauby - dinamico e carismatico direttore di ELLE Francia - fu colpito da un ictus devastante che ne rese inattivo il sistema cerebrale e ne cambiò la vita per sempre. Superato un iniziale stato di coma, si svegliò per scoprire di essere vittima di una sindrome locked-in - mentalmente vigile ma prigioniero dentro il suo stesso corpo, in grado di comunicare col mondo esterno solo attraverso il battito della palpebra dell'occhio sinistro. Costretto a confrontarsi con quest'unica prospettiva di vita, Bauby riuscì a costruire un ricco universo interiore per trovare dentro di sé le uniche due cose che non fossero paralizzate: l'immaginazione e la memoria. All'Hospitale Maritime di Berck-Sur-Mer imparò un alfabeto completamente nuovo, che codifica le lettere più frequenti del vocabolario francese. Queste parole, queste frasi, questi capitoli dolorosamente espressi lettera per lettera, raccontano la storia di una profonda avventura all'interno della psiche umana e della battaglia tra la vita e la morte. Questo alfabeto riuscì a scardinare la prigione del corpo di Jean-Dominique, che lui chiamava il suo scafandro, ed aprì gli sconfinati territori della libertà interiore, da lui chiamati la farfalla.

Anno 2007
Tit. Orig. Le scaphandre et le papillon
Nazione Francia, USA
Produzione Pathé Renn Productions, France 3 Cinéma, The Kennedy/Marshall Company
Distribuzione BIM
Durata 112'
Regia Julian Schnabel
Sceneggiatura Ronald Harwood
Tratto dal romanzo omonimo di Jean-Dominique Bauby
Fotografia Janusz Kaminski
Con Mathieu Amalric, Marie-Josée Croze, Emmanuelle Seigner, Anne Consigny, Max von Sydow
Genere Biografico, Drammatico

“Sono stato cieco e sordo o ci è voluta l'amara luce di un dramma per trovare la mia vera natura?” chiede Jean-Dominique Bauby, rivolgendosi a se stesso e a tutti noi. Ci vuole la sindrome locked-in per rendere cosciente un essere umano e per creare empatia con gli altri? Ci dobbiamo ammalare perché gli angeli vengano  a salvarci?
Mio padre è morto a 92 anni e non è era mai stato realmente malato in tutta la sua vita. E' stato felicemente sposato con mia madre per più di sessant'anni. La maggior parte delle persone metterebbero la firma per avere la vita che ha avuto lui ma, non essendo mai stato malato, era impreparato e terrorizzato dalla morte. Alla fine della sua vita ha vissuto con me e mia moglie, ma non sono riuscito a risparmiargli questa paura. La vita non può essere solo dolore, caos sessuale e nulla. Ci deve essere qualcos'altro.
Quando Jean-Dominique Bauby era in piena salute, atletico e intelligente, era un autore qualificato. Era uno scrittore che si conformava al successo. Attraverso la sua paralisi e la sua rinascita in veste di occhio - il punto di vista di quello che lui chiama la farfalla - indaga sulla sua vita e sui paradossi della vita in generale, portando a termine un lavoro che ha un profondo effetto su chiunque lo abbia letto.

Julian Schnabel

La critica
"Si pensa a 'Mare dentro' naturalmente, ma Schnabel segue una pista diversa da Amenabar e fa dell'avventura di Bauby un viaggio autoanalitico fra immaginazione e memoria. Con qualche caduta nel gusto facile o prevedibile, compensata dalla prova degli attori (in testa Bauby/Mathieu Amalric, con la sua vivacità e simpatia), dalla qualità del copione di Ronald Harwood, complice dell'ultimo Polanski. E dalle immagini con cui Schnabel racconta la solitudine di Bauby, il suo humour, la sua disperazione, i suoi rapporti con i medici e con le fisioterapiste (tutte belle e devote, naturalmente), con il padre (un gigionissimo Max Von Sydow), con i figli, con l'ex-moglie Emmanuelle Seigner, col prete che vuole mandarlo a Lourdes (Jean-Pierre Cassel alla sua ultima apparizione). Uscendone abbastanza bene, anche se con un soggetto simile il ricatto emotivo è sempre in agguato."
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'

"Il soggetto sembra uscito da una vecchia rubrica di Selezione: 'Una persona che non dimenticherò mai'. Ma Schnabel riesce ad artigliarti nel profondo. Da 'Lo scafandro' gli spettatori, anche i normodotati, escono con le lacrime agli occhi. Perché l'occhio buono di Bauby è la spia dilaniata, ma spietata, di tutte le inadeguatezze, le ipocrisie dei normali nei confronti del malato."
Giorgio Carbone, 'Libero'

"La peculiarità del film di Schnabel è quella di viaggiare su un doppio binario: da una parte descrive con precisione documentaristica la condizione vissuta dal protagonista, dall'altra da voce alla sua dimensione interiore, determinato a sfuggire dallo 'scafandro' della paralisi, liberando le 'farfalle' della sua immaginazione e dei suoi sogni. Notevole la fotografia di Janusz Kaminsky, collaboratore più che decennale di Spielberg."

Giacomo Visco Comandini, 'Il Riformista'

"Mathieu Amalric, nella parte della ciglia danzante dà una delle sue più intense e atletiche interpretazioni, mentre l'artista e regista Julian Schnabel, ci mette tutta la sua perfida conoscenza degli ambienti intellettuali à la page per descriversi come un 'vincente' cieco di spirito, mai malato in vita sua, che si automaschera perché è l'unico gioco divertente da fare in certe situazioni. Facendo del punto di vista di Amalric, e del battito di ciglia, anche la metafora del cinema, non proprio profonda, come morte al lavoro della retina."
Roberto Silvestri, 'il manifesto'

"Julian Schnabel, il regista, è un newyorchese apprezzato nel mondo soprattutto per i suoi quadri. E' un artista a tutto tondo che ha esordito nel cinema con un film 'a tema', la biografia del pittore Jean Michel Basquiat; successivamente ha diretto 'Before Night Falls', in concorso a Venezia 2000. Il raffinatissimo gusto visivo sul quale ha costruito 'Lo scafandro e la farfalla' era, per così dire, scontato: per nulla scontato, invece, che Schnabel padroneggiasse così bene la materia narrativa e che azzeccasse tutti gli strumenti cinematografici per raccontarla: a cominciare dal battito di ciglia che diventa oltre che il modo di comunicare di Bauby, anche il battito ritmico del montaggio, la ragione di vita del film stesso."
Alberto Crespi, 'l'Unità'

"Forse ci voleva proprio un regista 'occasionale' come Julian Schnabel (i suoi quadri sono più famosi dei suoi film) per affrontare un tema così ostico e anticinematografico: la degenza in ospedale di un ex caporedattore di Elle colpito da una paralisi che gli fa muovere solo la palpebra dell'occhio sinistro. Da questa storia vera poteva uscire la più melensa e ricattatoria delle operazioni, e invece 'Le Scaphandre et le papillon', non assomiglia a nessuno dei film ospedalieri fatti fino a oggi. (...) Affidato alla recitazione di Mathieu Amalric, che per metà film non si vede e per l'altra metà è immobile e deformato dalla paralisi, il film è quanto di più antispettacolare si possa immaginare, ma proprio per questo colpisce in maniera indelebile la fantasia (e l'emozione) dello spettatore."
Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera'

Premio per la Miglior Regia al 60mo Festival di Cannes (2007) - Golden Globe 2008 per Miglior Regia. Era stato candidato anche per: Miglior sceneggiatura e Film straniero - Candidato all'Oscar 2008 per: Miglior Regia, Sceneggiatura non originale, Fotografia e Montaggio.

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15 febbraio 2008
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