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Lo scontro di civiltà in casa nostra. Continuano, ed aumentano, le incomprensioni tra laicità e Chiesa

02 maggio 2007

Lo scontro tra civiltà è uno dei drammatici argomenti che negli ultimi tempi si è venuto a sviluppare sempre più spesso. Argomento che ha visto contrapporsi la civiltà occidentale con quella mediorientale, tra la civiltà cattolica e quella musulmana. Se però teniamo conto dell'esigenza, sempre più presente e pressante, della Chiesa nel riferire quasi quotidianamente quali sono i precetti che la nostra civiltà dovrebbe tenere nella massima considerazione, e gli episodi, sempre più pressanti e presenti, che sono accaduti contro la chiesa, ci potremmo rendere conto che quello scontro tra civiltà si trova vicinissimo a noi, e che non è esclusiva di due differenti popoli, ma interno ad uno solo. Il nostro.

Negli ultimi giorni la Chiesa ha lanciato una raffica di messaggi inerenti alle solite e abbondantemente ribadite tematiche: la mostruosità dell'aborto e dell'eutanasia e l'importanza dell'inviolabilità del matrimoni tra un uomo e una donna.
Ieri il Papa è tornato ad affrontare il tema che gli sta a cuore: la famiglia, frutto del matrimonio tra uomo e donna. ''Se gli esseri umani non sono visti come persone, maschio e femmina, creati a immagine di Dio, dotati di una dignità inviolabile, sarà ben difficile raggiungere una piena giustizia nel mondo'', queste le parole di Benedetto XVI, inviate in un messaggio alla Pontificia accademia delle Scienze sociali. ''Solo l'amore all'interno della famiglia, fondata su un uomo e una donna, creati a immagine di Dio, può assicurare - prosegue le parole del Pontefice - quella solidarietà inter-generazionale che trasmette amore e giustizia alle generazioni future''.
Insomma, per Papa Ratziger solo la famiglia cattolicamente intesa può sbaragliare il fenomeno dell'intolleranza e dell'ingiustizia, come dire: solo la ferrea volontà di uniformarsi all'interno di modelli precostituiti può far scomparire i problemi che nascono dalla ''diversità''.

Di qualche settimana fa invece lo ''j'accuse'' lanciato da monsignor Angelo Amato, numero due della Congregazione per la dottrina della fede, contro l'aborto e l'eutanasia, e contro chi ne parla o ne è a favore, ritenuti questi ultimi come dei ''terroristi''
Oltre all'''abominevole terrorismo dei kamikaze'' che assomiglia a un ''perverso film sul male'' girato ogni giorno in qualche regione diversa del mondo ''con sceneggiature sempre nuove e crudeli'', esiste anche ''un cosiddetto terrorismo dal volto umano che viene subdolamente propagandato dai mezzi di comunicazione sociale''. In tale categoria rientrano l'aborto, l'eutanasia, ma anche la pillola abortiva Ru 486 e i laboratori dove si manipolano gli embrioni, e quei Parlamenti che approvano leggi contrarie all'essere umano. Tutto ciò può essere paragonato alle sette sataniche che praticano ''un vero e proprio culto sacrilego del male''.
Questa la dura accusa di mons. Amato, teologo autorevole e che fu braccio destro dell'allora cardinale Ratzinger nell'ex Sant' Uffizio, che ha affrontato il tema ''Il problema del male. Riflessioni filosofiche e teologiche'' nel corso del Seminario mondiale dei cappellani cattolici e membri delle cappellanie dell'aviazione civile a Roma.
Secondo la lettura dell'arcivescovo, dunque, il male ''non è solo azione di singoli o di gruppi ben individuabili, ma proviene da centrali oscure, da laboratori di opinioni false, da potenze anonime che martellano le nostre menti con messaggi falsi, giudicando ridicolo e retrogrado un comportamento conforme al Vangelo''. ''Purtroppo - ha anche aggiunto mons. Amato - non possiamo chiudere le biblioteche del male né distruggere le sue cineteche che si riproducono come virus letali'' ma possiamo chiedere a Dio di ''rafforzarci, mediante la formazione di una retta coscienza che cerca e ama il vero e il bene ed evita il male''.

Sempre nelle scorse settimane anche la Cei è tornata all'attacco su famiglia, diritti e dintorni. Monsignor Giuseppe Betori, segretario della Conferenza dei vescovi, concludendo il convegno sulle ''Prospettive dei cattolici'' iniziato il 26 aprile, ha infatti sostenuto che la famiglia fondata sul matrimonio è l'''unica garanzia per il futuro dell'Italia'', e ''I media sbagliano - ha inoltre sottolineato Betori - quando considerano la Chiesa una parte politica collocandola in uno schieramento politico''. Anche se è stata proprio la Cei a rivolgersi direttamente ai politici invitandoli a non votare i Dico.
''La famiglia fondata sul matrimonio - ha detto - non è semplicemente il frutto di un contratto, ma è simbolo del passaggio tra le generazioni. Una coppia di sposi riassume nella propria unione la storia di due famiglie da cui ha preso vita, in vista di una nuova generazione: solo in quest'ottica è possibile immaginare un futuro per un popolo''.
Betori ha poi spiegato che la Chiesa italiana ha la necessità di saper parlare ad una società in ''cambiamento'', un cambiamento che ''non è solo questione di moda, ma segna in modo profondo la nostra cultura e la fase attuale della nostra civiltà''.

Insomma, una posizione, quella della Chiesa, forte ed unitaria che esprime la propria visione in maniera tanto perentoria da sembrare più un'imposizione che la semplice espressione di un modo di pensare e concepire la realtà.
Una posizione che ha avuto una risposta inquietante, espressione di violenza e intolleranza. Nei giorni scorsi, infatti, il presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, ha ricevuto un plico al cui interno c'erano un bossolo e una sua foto con una svastica disegnata a mano. La busta è arrivata negli uffici della segreteria della curia di Genova, in piazza Matteotti, con posta ordinaria e indirizzata direttamente a monsignor Bagnasco. Secondo quanto ha scritto il Corriere Mercantile, il plico è stato aperto da un collaboratore della segreteria insieme con altre decine di lettere. Il presidente della Cei è stato avvertito della minaccia qualche ora dopo, al suo rientro a Genova da una visita a Milano.

Insomma l'ennesima minaccia, esacerbante ed esacerbata,  nei confronti di una Chiesa che si sente sempre più minacciata dall'inevitabile percorso di cambiamento nel quale la società contemporanea  si ritrova a camminare, e che religioni e politiche possono solo comprendere, accogliere ed interpretare nella migliore maniera possibile, pena un pericoloso scontro tra civiltà.

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02 maggio 2007
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