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Lo scontro politico sul ddl intercettazioni

L'opposizione promette una battaglia durissima alla Camera. Berlusconi: "E' una legge che vuole la gente"

12 giugno 2010

Non si ferma lo scontro politico sul ddl intercettazioni. Il provvedimento giovedì è stato approvato al Senato (LEGGI) e ora è pronto per il passaggio alla Camera.
"E' stato cambiato ma su aspetti del tutto marginali. E' una legge contro la legalità, oltre che una legge contro l'informazione". Le correzioni introdotte sul testo approvato dall'assemblea di Palazzo Madama sono quindi, a parere del segretario del Pd Pier Luigi Bersani, del tutto ininfluenti. "Noi - ha ribadito il segretario del Pd in un'intervista al Tg3 - siamo contro e dato che c'è da fare una battaglia alla Camera, vogliamo rendere evidente all'opinione pubblica di che tipo di legge stiamo parlando. Per questo, nella manifestazione del 19 giugno indetta contro la manovra economica, inseriremo anche il ddl sulle intercettazioni".
Proseguendo sulla via dello scontro, il Partito democratico ha chiesto formalmente al presidente dell'aula di Montecitorio, Gianfranco Fini, di rispettare regolamento e tempi per l'iter del ddl intercettazioni a Montecitorio. "Qualunque forzatura sarà considerata dal Pd inaccettabile", ha sottolineato il capogruppo Dario Franceschini che ieri ha scritto una lettera al presidente Gianfranco Fini e alla presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno.
"In base al regolamento - ha spiegato Franceschini ai cronisti - il provvedimento non può arrivare in aula prima di settembre". Infatti l'articolo 81, cita il capogruppo Pd, prevede la discussione di due mesi in commissione. "Fini distingua il suo ruolo politico dentro il Pdl e il suo ruolo di garanzia come presidente della Camera - è l'appello dell'esponente Pd -. Il disegno di legge è alla Camera in terza lettura; è stato 14 mesi a Montecitorio in prima lettura, un anno e 15 giorni al Senato, dove ha subito delle modifiche rilevanti che lo hanno peggiorato. Per esaminarlo occorrono i tempi regolamentari" ha scritto Franceschini nella missiva a Fini.

Le parole di Franceschini non sono piaciute al vice capogruppo vicario del Pdl alla Camera Osvaldo Napoli, che ribatte: "Ha perso la trebisonda. Anzi, ha perso qualche foglio nel suo calendario. Con una dichiarazione tanto confusa quanto insultante per l'autonomia delle istituzioni, pretende di dettare il calendario dei lavori al presidente della Camera; di far credere che questo sia già scritto e immodificabile come le Sacre scritture; congettura malamente su presunti scambi di interesse fra il presidente della Camera e il leader della minoranza interna del Pdl, riuscendo a portare due offese in una volta sola".

Sempre dal Pd, il vicesegretario Enrico Letta è stato netto: "Alla Camera sarà battaglia e mi sento di dire che il passaggio del ddl intercettazioni alla Camera per la maggioranza sara' un Vietnam". "Faremo di tutto - ha aggiunto - per cambiare quel testo in Parlamento e la caduta che la maggioranza ha avuto questa settimana su due ddl dimostra che la situazione per loro non è facile e, appunto, che alla Camera non sarà una situazione indolore. Faremo di tutto per cambiare il provvedimento".
A stretto giro la replica di Margherita Boniver del Pdl: "A chi nell'opposizione minaccia il 'Vietnam' a Montecitorio sul ddl intercettazioni suggerisco quanto meno di aspettare la fine della stagione delle piogge. L'opposizione fa il suo mestiere, ma esagera. Sono ben altri i problemi''. Ironizza Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl: "Francamente non riusciamo a vedere Enrico Letta nei panni di un vietcong".

Anche la presidente del Pd Rosy Bindi ha ribadito la volontà del partito di fare muro: "Come opposizione sentiamo il dovere di modificare questa legge, che è contro la sicurezza dei cittadini perché lega le mani alla magistratura e contro la libertà di informazione perché mette il bavaglio alla stampa e a tutto il sistema informativo. Non accettiamo diktat da nessuno - ha aggiunto -, tanto più da un presidente del Consiglio che continua a fare le leggi per sé e per i suoi amici, non certo per risolvere i problemi del Paese".

Dal suo blog tuona il leader dell'Idv Antonio Di Pietro: "Stamattina l'Italia s'è svegliata meno libera. Un altro pezzo di democrazia conquistato negli anni le è stato scippato dal governo Berlusconi. La legge bavaglio, approvata in Senato, aiuterà le organizzazioni criminali, nasconderà gli affari delle cricche, bloccherà le inchieste, imbavaglierà la stampa libera''. E torna ad annunciare battaglia sul ddl intercettazioni. "L'Italia dei Valori - ha annunciato Di Pietro - si batterà con ogni mezzo affinché questa ennesima legge porcata non venga approvata. Abbiamo occupato l'aula del Senato, faremo resistenza anche alla Camera. Infine, se la Consulta e il presidente della Repubblica non dovessero bloccare la legge, lo faremo noi indicendo un referendum abrogativo. Il quarto, dopo quelli contro il legittimo impedimento, contro la privatizzazione dell'acqua e contro il nucleare".
Sempre dall'opposizione, netto il giudizio di Pier Ferdinando Casini, ex presidente dell'aula di Montecitorio e leader dell'Udc: "E' un pessimo inizio e va cambiata alla Camera di tutto punto".

Dal governo replica alle polemiche il ministro della Giustizia Angelino Alfano: "La sinistra demagogica ignora il diritto alla privacy dei cittadini", sottolineando che "la sinistra pratica tecniche dilatorie e metodi perditempo che hanno un solo scopo: ignorare il diritto alla riservatezza e alla privacy dei cittadini. Per la sinistra, l'art. 15 della Costituzione, semplicemente, non esiste. Noi, invece, vogliamo difendere 'l'inviolabilità della libertà e della riservatezza delle comunicazioni personali', senza impedire le indagini, né la pubblicazione dei fatti".

Il premier Silvio Berlusconi, durante una cena organizzata con i giovani dei Circoli della libertà, parlando del decreto legge ha detto: "Abbiamo messo la fiducia al Senato proprio per non perdere più tempo. Speriamo che sia così". Parlando di intercettazioni Silvio Berlusconi  ha confermato la sua linea: "Le vogliono solo le lobby, la gente non ce la fa più ad essere spiata", ha spiegato ai giovani dei Circoli della Libertà. "Un provvedimento esce cavallo dal Consiglio dei ministri e diventa ippopotamo dopo il suo iter nelle aule parlamentari". E così arriva l'esempio del ddl sulle intercettazioni che dopo il via libera del Senato facilmente si potrà perdere "nei meandri della Camera". Per questo motivo il Cavaliere torna ad insistere sullo strumento della fiducia. "E' un atto di coraggio - ha spiegato il presidente del Consiglio - e non uno strumento di imposizione". Ed ancora: "E' un atto di democrazia perché si chiede alla maggioranza uscita dalle urne di scommettere sulla sua esistenza pur di difendere il provvedimento del governo".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Corriere.it, Repubblica.it]

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12 giugno 2010
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