Lo 'scudo' del Cavaliere
All'esame della Consulta la costituzionalità della legge sul legittimo impedimento. Giovedì il verdetto
Lo "scudo" all'esame della Consulta. E' iniziata questa mattina al Palazzo della Consulta l'udienza pubblica presso la Corte Costituzionale sul legittimo impedimento. Sotto la presidenza di Ugo De Siervo, il primo a intervenire è il giudice relatore Sabino Cassese, cui seguiranno gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo in difesa della costituzionalità della legge approvata in Parlamento il 7 aprile 2010, e Michele Di Pace e Maurizio Borgo per esporre la posizione dell'Avvocatura dello Stato.
Il collegio nel suo plenum conterà quindici giudici. Quattordici uomini e una sola donna: Maria Rita Saulle, convalescente, per cui è stata preparata, se dovesse essere necessario, una sedia a rotelle. La decisione però verrà presa solo nella giornata di giovedì, in un'apposita camera di consiglio dedicata a questa sola questione, visto che quella di domani è impegnata con la decisione sull'ammissibilità di sei referendum (tra cui anche quelli per abolire la legge Ronchi sull'acqua). Una delle prove referendarie proposta dall'Idv riguarda proprio la richiesta di abrogazione popolare del legittimo impedimento. Sulla sentenza di eventuale illegittimità peserà inevitabilmente anche il via libera a questo referendum, dato per scontato perché ne ricorrono tutti i presupposti.
Sulla questione di costituzionalità, la Corte è spaccata in due: tra la maggioranza dei giudici favorevoli alla bocciatura completa della legge (otto) e i fautori del rigetto dei tre ricorsi sollevati dalla magistratura di Milano (sette). Si starebbe tentando però la strada di una mediazione, così da rendere il legittimo impedimento conforme a Costituzione dichiarandone la parziale bocciatura. In questo caso sarà l'Ufficio centrale della Cassazione a decidere se la consultazione referendaria si terrà o meno.
Stamattina il giudice relatore, Sabino Cassese, ha cominciato a riassumere i motivi dei tre ricorsi dei giudici di Milano che sullo 'scudo' lamentano la violazione dell'art.138 della Costituzione (necessità di una legge costituzionale) e 3 (irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione).
Dicevamo che i giudici costituzionali si chiuderanno in camera di consiglio per la sentenza sul leggittimo impedimento solo nella giornata di giovedì. Se la Consulta dovesse invalidare lo "scudo" sono tre i processi pronti a ripartire a Milano a carico di Silvio Berlusconi: il caso Mills, i Diritti tv e Mediatrade. Tutti e tre si sono interrotti lo scorso anno quando i giudici hanno deciso di 'contestare' la legge che sospendeva i processi a carico del premier consentendogli di non presentarsi in aula nel caso di impegni istituzionali importanti per sei mesi, e di ricorrere alla Corte Costituzionale.
Nel caso la Consulta accogliesse i ricorsi dei giudici milanesi e 'bocciasse' la legge, le lancette della giustizia, a Milano, riprenderebbero a 'girare', ma non senza qualche problema. Per tutte e tre le cause, infatti, potrebbero cambiare i giudicanti con un passaggio che, inevitabilmente, potrebbe costringere i 'nuovi' giudici di almeno due procedimenti ad azzerare quanto fatto prima delle sospensioni e iniziare tutto da capo. Con un serio pericolo: la prescrizione.
Il Consiglio Superiore della Magistratura contro Silvio Berlusconi - "Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha denigrato con accuse infondate il sostituto procuratore di Milano Fabio De Pasquale, pm del processo Mills e tutta la magistratura nel suo complesso". E' quanto ha scritto, secondo quanto si apprende, la Prima Commissione del Csm nella delibera della pratica a tutela di De Pasquale, approvata a maggioranza, con il voto contrario del laico della Lega Matteo Brigandì. Il documento approvato dalla Prima Commissione sarà discusso dal plenum del Csm probabilmente la prossima settimana.
Il presidente del Consiglio il 3 ottobre dell'anno scorso, alla Festa del Pdl a Milano, parlò dell'esistenza di un'"associazione a delinquere" tra le toghe e definì "famigerato" il magistrato milanese. Non solo. La Prima Commissione del Csm rileva come Berlusconi mise in evidenza che "tre diversi collegi, quello di primo grado, secondo grado e la Cassazione" avevano avallato la tesi del pm del processo Mills", dimostrando, secondo il premier, l'esistenza di "un accordo fra i giudici di sinistra che vuole sovvertire il risultato delle elezioni". Quanto al "famigerato" De Pasquale, Berlusconi nella stessa occasione ricordò come il pm fosse lo stesso che, in piena Tangentopoli, "disse a Gabriele Cagliari che il giorno dopo l'avrebbe messo in libertà e poi è andato in vacanza, e il giorno dopo Cagliari si è tolto la vita". Il premier chiuse quella Festa del Pdl rincarando la dose, giungendo a chiedere una commissione d'inchiesta sulla magistratura italiana che voleva "farlo fuori" dalla scena politica.
All'epoca, le parole di Berlusconi generarono la profonda indignazione tanto dell'Associazione nazionale magistrati, per i "continui attacchi che rischiano di delegittimare un'istituzione dello Stato", quanto del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati, che bollò le parole del premier come "denigrazioni che si qualificano da sole".
Ieri dalla Prima Commissione del Csm è giunto innanzitutto un giudizio di infondatezza delle accuse rivolte da Berlusconi a De Pasquale per il caso Cagliari. Per l'organismo, non esiste alcun collegamento tra il suicidio del manager e il comportamento del pm milanese, riconosciuto legittimo dagli accertamenti penali e disciplinari compiuti all'epoca. Inoltre, la Commissione conferma il rischio esistente di una delegittimazione dell'intera magistratura quando Berlusconi parla di un "preteso e non dimostrato accordo" tra le toghe per "sovvertire il risultato elettorale".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Repubblica.it, Libero-news.it]