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Lo spaccio a Palermo

Maxiblitz dei carabinieri contro il narcotraffico nel capoluogo siciliano

21 aprile 2008

Angelo Galatolo, presunto boss di Cosa nostra, sarebbe stato a capo di una banda di narcotrafficanti che controllava il traffico di droga a Palermo. Questa l'accusa contenuta nell'inchiesta che stamani ha portato i carabinieri del Comando provinciale a eseguire una imponente operazione denominata 'Freedom' (nell'operazione sono stati impiegati oltre 300 carabinieri, elicotteri e unità cinofile) per l'esecuzione di 22 ordinanze di custodia cautelare.
Nell'indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, i 22 indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di cocaina e hashish. I provvedimenti sono stati emessi dal gip Fabio Licata.

A Galatolo, che sarebbe stato a capo della banda di narcotrafficanti, confluivano gran parte degli introiti delle attività che, nel campo sia delle droghe leggere e pesanti, venivano gestite in una vasta parte della città. Secondo l'accusa, il boss, figlio di Vincenzo Galatolo, esponente di spicco di Cosa nostra del clan di Palermo-Acquasanta, sfruttando la sua influenza sul territorio svolgeva una penetrante attività di copertura e "garanzia delle operazioni" dei fornitori e dei pusher e assicurava lo svolgimento dei traffici illeciti. Il boss pretendeva, per ogni affare andato in porto, sia nell'ambito del traffico di stupefacenti che di furti, la percentuale del 20 per cento degli incassi.

L'inchiesta è scaturita dalle indagini che i militari del Comando provinciale di Palermo hanno condotto per oltre 18 mesi, indagini che hanno permesso di individuare due distinte organizzazioni, che operavano nei quartieri di Palermo Acquasanta, Montelpellegrino, Montalbo e Arenella, a cui corrispondevano altrettante reti di fornitori e pusher che si dividevano i mercati della cocaina e dell'hashish. L'organizzazione aveva una cassa comune composta dal capitale versato dai "soci" per l'acquisto di partite di droga, e dai guadagni derivanti dalla successiva rivendita degli stupefacenti. Gli associati, ogni due mesi, effettuavano i conteggi delle entrate e delle uscite, procedendo alla spartizione dei guadagni, rispetto ai quali andavano considerate le somme che Angelo Galatolo pretendeva per gli affari andati a buon fine e svolti nella zona di sua competenza.
Il gruppo contava su diversi pusher (alcuni legati strettamente all'associazione), che non partecipavano agli investimenti ma guadagnavano in relazione alla droga che, acquistata dall'associazione, riuscivano a piazzare sul mercato. Inoltre, i pusher più fedeli acquistavano a credito e pagavano solo dopo l'ulteriore rivendita al minuto dello stupefacente. Il gruppo inoltre, quando calava l'attività di spaccio, si dedicava ai furti in appartamento o negli esercizi commerciali, all'interno di grossi uffici e anche in ospedale.

[Informazioni tratte da La Sicilia.it]

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21 aprile 2008
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