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Lo stalliere che niente sapeva di cavalli

Processo Dell'Utri a Palermo: ''Mangano fu assunto ad Arcore per 'proteggere' Berlusconi''

26 settembre 2009

Si è svolta ieri mattina davanti alla seconda sezione penale della Corte d'Appello di Palermo la requisitoria del pg Antonino Gatto nel processo a carico di Marcello Dell'Utri, il senatore di Forza Italia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e condannato in primo grado a nove anni di carcere.
Il pg Gatto ha ripercorso in aula gli anni in cui venne assunto Vittorio Mangano come stalliere nella villa di Arcore alle dipendenze di Silvio Berlusconi.
La ricostruzione dei fatti ha portato il pg a questa conclusione: "Mangano fu assunto nella tenuta di Arcore di Silvio Berlusconi per coltivare interessi diversi da quelli per i quali fu ufficialmente chiamato da Palermo fino in Brianza".
"Mi chiedo come mai - ha detto Gatto - non sia stato possibile trovare una persona in grado di occuparsi degli animali e della tenuta di Berlusconi in Brianza e invece ci si è spostati dall'estremo Nord all'estremo Sud per trovare una persona a Palermo che sapeva poco o nulla della Brianza. Questo è già motivo di incredulità. In realtà - ha proseguito Gatto - non solo Mangano di cavalli e di coltivazioni non sapeva nulla: ma se guardiamo i suoi numerosissimi precedenti penali, gli interessi che coltivava erano di tutt'altra natura rispetto a quelli agricoli".

Vittorio Mangano, morto alcuni anni fa, era stato condannato nell'ambito di un processo di mafia e per alcuni anni aveva svolto il ruolo di stalliere ad Arcore, la tenuta del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Era stato proprio Dell'Utri a farlo assumere ad Arcore.

Nel corso della requisitoria, il pg Gatto, ha poi ricordato le dichiarazioni spontanee rese in aula nel 2004 dallo stesso imputato, Marcello Dell'Utri, che ieri non era presente in aula: "Quella volta - ha detto il magistrato - Dell'Utri disse che Mangano si interessava di cani e non sapeva nulla di cavalli. Non si capisce, quindi, quale sarebbe stato l'input, da parte di Dell'Utri, per fare arrivare Vittorio Mangano nella tenuta di Silvio Berlusconi". Poi, il sostituto procuratore generale ha ricordato una intervista resa nel '92 dal proprietario della scuderia "accanto a quella di Berlusconi": "Alla domanda se Mangano si intendeva di cavalli, il proprietario della scuderia risposte 'che avesse una passione per i cavalli lo sapevo, ma che si intendesse di cavalli non saprei...'".
Ad ascoltare l'atto d'accusa del pg erano presenti i difensori dell'imputato, gli avvocati Nino Mormino, Giuseppe Di Peri e Pietro Federico.
Per il sostituto procuratore generale, Vittorio Mangano era ad Arcore per "proteggere" Berlusconi. "Mangano era il simbolo vivente - ha detto il pg - della tutela da parte di Cosa nostra a Silvio Berlusconi".
 
Antonino Gatto ha puntato la prima parte della requisitoria sui rapporti tra Gaetano Cinà e Marcello Dell'Utri, confermati, secondo il pg, dalle testimonianze di diversi collaboratori di giustizia e dalle intercettazioni telefoniche. I rapporti tra Dell'Utri e Cinà risalgono ai tempi della Bacigalupo, la squadra di calcio di Dell'Utri, in cui giocava il figlio del mafioso. "Attraverso Cinà - ha spiegato Gatto - Dell'Utri conobbe Mangano e lo presentò a Berlusconi". Il pg ha collocato nella primavera del 1975 l'incontro a Milano tra Stefano Bontade, reggente della famiglia di Santa Maria di Gesù, gli uomini d'onore Mimmo Teresi e Nino Grado, Dell'Utri e Berlusconi. Dell'incontro ha parlato il pentito Francesco Di Carlo, la cui attendibilità è stata più volte ribadita da Gatto.
Di un altro incontro, quello avvenuto nel ristorante "Le colline pistoiesi", ha parlato invece un altro collaboratore: Antonino Calderone. "In quell'occasione Calderone era con Grado - ha ricordato Gatto - Poi entrarono Mangano e Dell'Utri, che Grado saluto ossequiosamente. Poi cenarono assieme e Mangano parlò di Dell'Utri come il suo capo".
Il pg ha anche ricordato il matrimonio del boss Jimmy Fauci, a cui Dell'Utri avrebbe partecipato sedendo al tavolo con Di Carlo e Teresi. "Per tutti questi episodi - ha spiegato Gatto - le giustificazioni date da Dell'Utri ai giudici sono assurde, come ha già ribadito la sentenza del tribunale". Inoltre, per Gatto, "il comportamento di Dell'Utri è conforme a quello mafioso. Dentro le aule, infatti, smentisce la sua vicinanza alle cosche e la sua estraneità ai fatti, fuori, come è riportato in diverse interviste, difende Mangano".

Il sostituto procuratore generale ha concluso la prima parte dell'atto d'accusa, che continuerà il 9 ottobre, parlando del "pizzo delle antenne". "Il versamento di somme della Fininvest a Cosa Nostra nel 1986 per la 'messa a posto' per i ripetitori nel palermitano sarebbe avvenuto, come già ribadito in primo grado, grazie all'intermediazioni di Dell'Utri - ha concluso Gatto - Intervenuto anche nel caso dell'attentato in una delle proprietà di Berlusconi nell'86".
"La difesa prende atto che il procuratore generale ha inteso limitare la propria discussione finale alla mera riproposizione degli elementi d'accusa del giudizio di primo grado, senza tener conto delle rilevanti emergenze probatorie emerse in appello a favore dell'imputato. Evidentemente si tratta di argomenti fondati sui quali è difficile replicare". Questo quanto sostenuto in una nota dai difensori del senatore Marcello dell'Utri.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Ansa.it]

- L'amicizia col boss nata per un"cavallo" di A. Bolzoni (Repubblica.it)

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26 settembre 2009
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