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Gianfranco Miccichè dice addio al partito del Cavaliere mentre i suoi sodali di sempre pensano ad un "regicidio"

10 giugno 2011

Gianfranco Miccichè ha deciso di uscire dal Pdl. Il sottosegretario lo ha comunicato ieri pomeriggio al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al neo segretario del partito Angelino Alfano, incontrati insieme ad Arturo Iannaccone, esponente di Noi Sud alla Camera. Tuttavia, ha spiegato Miccichè al termine dell'incontro, pur collocandosi fuori dal Pdl l'appoggio e il sostegno alla maggioranza non mancheranno anche se l'obiettivo è quello di "condizionare le scelte del governo in merito alle politiche per il Sud".
Ma il progetto di Miccichè e Arturo Iannaccone è quello di costituire un Partito del Sud al quale dovrebbe aderire anche Io Sud, la formazione guidata da Adriana Poli Bortone.
"Ho informato il presidente Berlusconi della decisione presa dalla Direzione nazionale di Forza del Sud di fare uscire la nostra delegazione parlamentare dai gruppi del Pdl di Camera e Senato. Per ora confluiremo nel gruppo misto, presto nasceranno anche i gruppi autonomi. La scelta è consequenziale rispetto alla volontà di creare, insieme ad Arturo Iannaccone e Adriana Poli Bortone, un grande e radicato movimento del Sud: rimanere in un partito e crearne un altro è impossibile". Così il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e leader di Forza del Sud. "Stiamo lavorando per costruire un partito che ha il suo orizzonte nelle prossime elezioni politiche".
A Berlusconi e ad Alfano, ha aggiunto Miccichè, "abbiamo assicurato che non intendiamo creare problemi di equilibrio alla maggioranza e che se dovessero esserci delle difficoltà, cercheremo in tutti i modi di risolverle".

Il progetto del Partito del Sud si proietta dunque sulle elezioni del 2013 ma, intanto, Miccichè intende impegnarsi per costituire un gruppo autonomo, a Montecitorio così come a palazzo Madama. "Dobbiamo fare delle verifiche tecniche - ha spiegato - oggi come oggi alla Camera siamo una decina e quindi non abbiamo i numeri per poterci costituire in un gruppo. Per adesso ci iscriveremo al gruppo misto. Comunque la strada è già segnata". La stessa cosa dovrebbe avvenire a palazzo Madama dove i senatori pronti a seguire Miccichè sarebbero 4-5. "L'esigenza principale è quella di rivalutare le politiche per il Sud che, in questi anni, è stato totalmente sottovalutato. Come la Lega ha fatto per le regioni del Nord, noi vogliamo e possiamo condizionare le scelte del governo per il Meridione".
La permanenza di Miccichè al governo, come sottosegretario al Cipe, dipende ora da Berlusconi. "La mia presenza nell'esecutivo è nelle sue mani. Cosa fare lo deciderà lui", ha detto Miccichè lasciando Palazzo Grazioli e dicendo addio al Popolo delle libertà.

Intanto i "Servi del Cav." pensano ad un "regicidio" - L'ha ripetuto dal momento in cui si sono chiuse le urne per le amministrative: "il Paese si è stufato dei monologhi" di Silvio Berlusconi, che perciò deve "cambiare passo", rimettersi in gioco con "una grande campagna che può dare un orizzonte politico, senza il quale non ci sarà un rilancio del governo". Funzionali a questa strategia sono "libere primarie generali a data ravvicinata, il primo e due ottobre, con un regolamento semplice" dove "i leader potenziali si mettano in gioco anche loro".
Giuliano Ferrara ha riunito al 'Capranica' la "libera adunata dei servi del Cav." - i direttori de 'Il Tempo', Mario Sechi; di 'Libero', Maurizio Belpietro; de 'Il Giornale', Alessandro Sallusti, insieme a Vittorio Feltri - perché "la botta è stata dura", ma il "grande outsider" della politica italiana, Silvio Berlusconi, battutto dagli "outsider" Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris, deve tornare "a combattere". Perché il momento della successione, lo dicono all'unisono i politici che intervengono alla manifestazione, dai ministri Giancarlo Galan e Giorgia Meloni, da Daniela Santanché ad Alessandra Mussolini, non è ancora arrivato. "Finchè è in campo - ha sottolineato Sechi- deve giocare e cambiare gioco", perché "o Berlusconi cambia o gli elettori cambiano lui".
Se il presupposto è questo, Belpietro non nasconde allora di essere "scettico" sulle primarie: avviarle, spiega, "certifica che è iniziato il processo del dopo Berlusconi". Piuttosto, il premier "non deve raccontarci i problemi dell'Italia, deve tornare a far sognare il Paese, deve darci una soluzione", con la consapevolezza però che "se decidessimo di tagliare le tasse ci ritroveremmo come la Grecia".

Bisogna quindi tornare, esorta Galan, "alle promesse del '94" che "non abbiamo mantenuto", alla "rivoluzione liberale", anche se "abbiamo cambiato l'Italia. Potevamo cambiarla in meglio, ma penso che lo possiamo fare con Silvio Berlusconi". E se le primarie possono essere "un esercizio di democrazia", guai a tornare ai "signori delle tessere", perché se accade questo "abbiamo perso una seconda volta, per sempre".
Invece occorre "spalancare le porte e le finestre del partito alla partecipazione popolare", esorta Meloni, ma "Berlusconi - ha sottolineato Santanchè - deve comandare di più". "Non lo imbalsamate", protesta Mussolini mentre bacia la gigantografia di cartone esposta sul palco che riproduce il Cavaliere. "Lasciatelo da solo, fatelo respirare", ha chiesto la deputata del centrodestra, criticando chi da' suggerimenti al premier, consigliandolo male, ad esempio, in materia di referendum, rispetto a questioni particolarmente sentite dai cittadini come il nucleare, sul quale la Mussolini ha annunciato che voterà sì. E poi, "chi ha deciso di nominare la Melchiorre sottosegretario? Chi ha sbagliato nelle elezioni di Napoli, dove Gianni Lettieri, che, per carità ce l'ha messa tutta, sembrava un agente immobiliare, mentre le donne vedevano De Magistris e dicevano che bello guaglione!".
Una furia iconoclasta che Sallusti ha cercato di frenare: "attenzione a buttare una classe dirigente vincente", ha avvertito riferendosi a Denis Verdini, presente per buona parte della manifestazione, che, ha ricordato il direttore de 'Il Giornale', "ha vinto tutto: politiche, europee, amministrative regionali". E, scherzosamente, ha ammonito Ferrara dal "mettere in scena un regicidio, perché dobbiamo partire dal presupposto che il berlusconismo è una monarchia".
Che tuttavia, hanno ammonito gli 'infiltrati' di sinistra, Marina Terragni e Ritanna Armeni, da alcuni contestate da altri ascoltate con interesse in alcuni passaggi dei loro interventi, è avviato al tramonto. "Per i giovani di Milano -ha affermato la prima- Berlusconi è il vecchio e la muffa", mentre per la seconda "è illusorio e controproducente il ritorno al '94, è come il ritorno alla Dc". Piero Sansonetti, altro "infiltrato" invitato, guarda invece alla fine del berlusconismo come ad un'occasione per avere una "sinistra libertaria, riformista e radicale", che non sia "la sinistra di De Benedetti e di Marchionne".
La "festa per il caro amico Silvio" l'ha conclusa Feltri suonando la carica: "Berlusconi e il centrodestra debbono individuare "due o tre punti e, impegnandosi alla morte, arrivare al 2013 in condizioni di vincere le elezioni, perché la sinistra non c'è", alle amministrative "si è persa una partita ma il campionato è lungo e se l'avversario è Bersani e noi perdiamo le elezioni del 2013 io vengo qui e mi sparo".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa]

 

 

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10 giugno 2011
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