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Lo stato di salute della Giustizia italiana

Da Milano a Palermo nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario

28 gennaio 2013

La densità della popolazione carceraria "supera ogni livello di tollerabilità e lede in modo grave e non più giustificabile la dignità delle persone ristrette, tanto da porre in dubbio la legittimità, nelle condizioni date, delle modalità di esercizio del diritto punitivo dello Stato".
E' uno dei passaggi del discorso di Giovanni Canzio, presidente della Corte d'Appello di Milano, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario.
La Corte di Strasburgo (LEGGI), anche di recente, ha ricordato Canzio, ha "nuovamente censurato l'Italia" per una situazione "ormai sistemica e causa di trattamento disumano e denigrante per la persona".

In un altro passaggio il presidente della Corte d'Appello di Milano ha sottolineato che il Bel Paese "ha il triste primato in Europa del maggior numero di declaratorie di estinzione del reato per prescrizione  (circa 130.000 quest'ultimo anno) e, paradossalmente, del più alto numero di condanne della Corte europea dei diritti dell'uomo per l'irragionevole durata dei processi".
Canzio ha quindi rivolto "un forte appello alla ragione perché si proceda presto, in un clima di proficuo dialogo, a nuove e più meditate scelte operative in tema di Giustizia, a effettiva tutela dei bisogni e dei diritti fondamentali della persona".

Dai problemi della giustizia ai magistrati in politica. Nulla da eccepire sui magistrati che lasciano la toga per candidarsi alle prossime elezioni e la certezza che "per la prima volta è finito il tempo in cui lo scontro tra politica e giustizia si arricchiva di giorno in giorno di una puntata" sono alcune delle considerazioni fatte dal primo presidente della Corte d'Appello di Roma, Giorgio Santacroce, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario.
"Nell'anno che ci siamo appena lasciati alle spalle - ha sottolineato - la giustizia non è stata terreno di scontro perché si è ripristinato il principio che senza il dialogo, l'ascolto e la collaborazione non si arriva al giorno dopo. Si sono archiviate concezioni che raffiguravano politica e giustizia come mondi ostili guidati dal reciproco sospetto ribadendo la necessità che ciascuno coltivi il proprio ruolo senza invadere terreni altrui".

Da parte sua il presidente della Corte d'Appello di Palermo, Vincenzo Oliveri, ha chiesto ai magistrati "di modificare molti atteggiamenti. La comunità nazionale e internazionale ci scruta, stigmatizzando l'enfasi mediatica che viene data a certi provvedimenti, la sovraesposizione e i protagonismi di alcuni costantemente presenti in talk show televisivi dove disquisiscono di processi in corso".
"Noi magistrati rinnoviamo l'impegno a non cercare lo scontro, a non sentirci investiti da missioni improprie perché il magistrato non deve dimostrare alcun assunto, non certamente quello di avere il coraggio di toccare i potenti anche contravvenendo a regole inderogabili", ha aggiunto Oliveri. "Né il magistrato può considerarsi chiamato a colpire il malcostume politico che non si traduca in condotte penalmente rilevanti. La sola missione da assolvere è quella di applicare e fare rispettare la legge". "Guai a cucire addosso al magistrato - ha osservato il presidente della Corte d'appello di Palermo - l'abito del contraddittore o dell'oppositore politico, della parte contrapposta a un'altra".

Spazio poi alla relazione sull'amministrazione della giustizia. Nell'ultimo anno le procure del distretto giudiziario di Palermo hanno effettuato 4.395 intercettazioni telefoniche e 739 ambientali, mentre la Dda ha disposto 3.114 intercettazioni telefoniche e 954 ambientali per una spesa complessiva di oltre 36 milioni di euro, circa 8 in più dell'anno scorso. "L'aumento è dipeso - ha spiegato il magistrato - non soltanto dal maggior numero dei bersagli colpiti, ma anche dall'aumento vertiginoso dei prezzi di noleggio delle apparecchiature". Per Oliveri "le intercettazioni restano uno strumento investigativo indispensabile per garantire la legalità contro il crimine". "C'è il rischio, però, - ha concluso Oliveri - di un uso distorto: ciò che deve auspicarsi è una legge che vieti la divulgazione dei contenuti delle conversazioni intercettate tutelando i terzi e i fatti non rilevanti sotto il profilo penale e salvando il diritto a informare ed essere informati".

È ancora la lunghezza dei processi, soprattutto civili, una delle note dolenti dell'amministrazione della giustizia nel distretto di Palermo. Nell'ultimo anno sono 56.174, contro i 54.518 dell'anno scorso, i procedimenti penali sopravvenuti; e 56.119, contro i 49.000 dell'anno scorso, quelli definiti. In materia civile sono sopravvenuti 131.299 procedimenti contro i 129.033 dell'anno scorso e ne sono stati definiti 129.033 contro i precedenti 130.659. Il presidente ha sottolineato un notevole aumento della la durata dei processi civili che in appello è passata da 1.644 a 1.733 giorni (4 anni e 7 mesi).
È "del tutto ragionevole" invece, secondo il magistrato, la durata processi penali che in appello si protraggono per 413 giorni, mentre in corte d'assise d'appello per 251. Oliveri ha individuato nella "incentivazione dei meccanismi di tutela stragiudiziale dei diritti nel civile e nella riduzione della domanda di giustizia nel penale" le parziali ricette per alleggerire i carichi e quindi ridurre i tempi della giustizia.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it]

 

 

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28 gennaio 2013
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