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Lo Stato non paga per le intercettazioni

Il ministero della Giustizia ha maturato un debito di ben 140 milioni di euro

31 ottobre 2008

140 milioni di euro. E' il debito che lo Stato ha nei confronti di Research control systems, Area e Sio, ossia le tre società lombarde che gestiscono in Italia oltre il 70% del mercato delle intercettazioni telefoniche e ambientali, che nei giorni scorsi hanno lanciato un ultimatum: questi milioni devono essere pagati entro il 1° dicembre 2008.
Gli amministratori delegati delle tre aziende mercoledì scorso erano a Roma, al Ministero della Giustizia, per consegnare una lettera che spiega del loro "gravissimo dissesto finanziario" e che promette la paralisi delle inchieste nella maggior parte delle procure d'Italia. "Permanendo questa situazione del blocco dei pagamenti - hanno scritto nella lettera - i nostri servizi non potranno più essere garantiti a partire dal 1° dicembre".

Ma cosa succederebbe se le tre azienda si troveranno costrette a sopsrendere i servizi fino ad ora garantiti? Ebbene, si bloccherebbero, ad eempio, le intercettazioni per le indagini sul clan dei Casalesi e quindi sugli uomini che hanno giurato vendetta contro lo scrittore Roberto Saviano. E ancora, sarebbe la fine per le registrazioni ordinate dai magistrati calabresi sulla 'ndrangheta del dopo-Duisburg. Sarà il fermo per le inchieste siciliane sui grandi latitanti della mafia e per quelle milanesi sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell'economia lombarda. Stop anche alle intercettazioni (volute dai magistrati di Firenze, Bologna, Torino, Milano e non solo) sul terrorismo islamico.
Insomma, se Research control systems, Area e Sio staccano la spina, di fatto si bloccherebbero le indagini telefoniche, ambientali, gps, video, di tre quarti delle procure italiane e di quasi tutte le sedi di Direzione distrettuale antimafia.

"Da più di due anni - hanno scritto Andrea Formenti (Area), Roberto Raffaelli (Research control systems) ed Elio Cattaneo (Sio) - i pagamenti dei corrispettivi che abbiamo maturato subiscono ritardi o interruzioni che sono non più sostenibili e compromettono la nostra sopravvivenza: 140 milioni sono una cifra enorme - dicono - che abbiamo anticipato chiedendo soldi alle banche. Qui non c'è una situazione Alitalia, siamo aziende sane. Però ci manca la liquidità e 500 giorni di ritardo nei pagamenti sono troppi dato che lo Stato è il nostro unico cliente". Con quell'"unico cliente" le tre società hanno lavorato per le inchieste più importati dell'ultimo ventennio: dalla cattura di Provenzano all'omicidio D'Antona, dal caso Biagi all'uccisione del piccolo Tommy, da Calciopoli alle indagini di Woodcock.
I problemi sono cominciati a luglio del 2006. Il decreto Bersani stabilì che non fossero più le Poste ad anticipare le spese delle procure per poi rivalersi sul ministero della Giustizia. Da allora in poi si decise che i servizi "di ausilio alle indagini", quindi anche le intercettazioni, fossero liquidati direttamente dalla Banca d'Italia, di certo più lunga nel saldare i conti.

"In questa storia ci sono paradossi a non finire", lamentano i tre amministratori delegati. "Per esempio: il 30 novembre ci toccherà pagare le tasse su entrate che non abbiamo mai visto. La sola cosa che ci pare di aver capito negli incontri avuti a Roma è che si tenderà a stabilire un budget per le spese di giustizia. Ma è possibile fissare cifre su una materia come la giustizia?". Per ora la sola cifra certa è quella del debito, alla quale andrebbero sommati almeno altri venti milioni di interessi maturati in 21 mesi.
Sio, Research control systems ed Area occupano trecento persone: ingegneri, esperti di informatica, elettronica e telecomunicazioni, teoricamente tutti posti di lavoro a rischio. Nel settore si calcola siano un migliaio gli addetti e, contando i debiti accumulati dallo Stato anche con le altre aziende, si arriva alla quota record di 300 milioni di euro.

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ricevuta la missiva, ha subito annunciato la creazione di  una "unità di monitoraggio" per valutare e quantificare il "buco" sulle spese relative alle intercettazioni. "Presto - ha reso noto il capo del Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria (DOG) Luigi Birritteri - sarà elaborata una circolare per regolamentare i criteri di pagamento in tutte le procure d'Italia. Il ministro Alfano prevede la diramazione di una circolare che offra indirizzi certi circa le modalità contrattuali da utilizzare nel rapporto con le ditte fornitrici dei servizi (quelle che noleggiano gli apparecchi e che sono titolari dei crediti nei confronti dello stato)".

Intanto, la Dda di Palermo ha avviato un proprio "piano risparmi" sulle intercettazioni. Il capo della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Francesco Messineo, ha invitato i propri sostituti a utilizzare le intercettazioni in maniera "prudente" e con una "avveduta gestione delle risorse disponibili". Quanto disposto da Messineo prevede che l'opportunità di prorogare le intercettazioni dopo 180 giorni dal loro avvio per inchieste di mafia o ricerca di latitanti dovrà essere valutata e autorizzata dal procuratore della Repubblica dopo un'apposita riunione.
L'avvio del risparmio sulle intercettazioni telefoniche ed ambientali voluto dal procuratore di Palermo, è dettato dagli alti costi di questi servizi. "Ovviamente - ha scritto Messineo nella circolare inviata giusto in questi giorni ai pm - appare improbabile, e sarebbe peraltro non funzionale all'attività di indagine, qualsivoglia preordinata limitazione quantitativa nell'uso delle intercettazioni, dovendo salvaguardarsi la necessaria flessibilità e funzionalità rispetto alle esigenze primarie di accertamento e di repressione del reato".

Il capo della Dda di Palermo ha ricordato come le intercettazioni ambientali e telefoniche sono "largamente utilizzate soprattutto nelle indagini per reati di criminalità organizzata, costituiscono un efficacissimo ausilio conoscitivo e consentono di ottenere, sia nella cattura di latitanti, sia nelle investigazioni giudiziarie in senso stretto, risultati altrimenti impossibili da conseguire".
Per Messineo, dunque, occorre "prefigurare regole formali che consentano di assicurare e verificare in ogni momento la piena e costante corrispondenza fra le esigenze di indagine e la proroga di durata delle attività tecniche originariamente disposte"

[Informazioni tratte da Corriere.it (articolo di Giusi Fasano), Il Messaggero.it, La Siciliaweb.it]

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31 ottobre 2008
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