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Louise - Michel

Delépine e Kervern narrano con l'ironia quanto sta accadendo nell'oggi della crisi mondiale

03 aprile 2009

Noi vi consigliamo...
LOUISE - MICHEL
di Benoît Delépine e Gustave Kervern

Una fabbrica nella regione francese della Picardia. Pochi mesi dopo una riduzione del personale, le operaie sono in allarme. Quel giorno, il direttore le convoca per una piccola sorpresa, un regalino con ricamato sopra il nome di ciascuna. Un dono che tranquillizza gli animi. Torna la speranza. Rientrando a casa, una decina di lavoratrici celebra l'avvenimento al caffè all'angolo. La mattina seguente, la costernazione: macchinari, uffici, tutto è stato sgombrato durante la notte. La direzione è scomparsa, con la complicità di una repentina nuova gestione. Disillusione totale. Le operaie sono radunate nello stesso caffè del giorno prima: la rappresentante sindacale annuncia la cifra che spetta a ciascuna, 2000 euro contro i quarant'anni passati a lavorare nella fabbrica. Scandalizzate ma realiste, decidono di mettere insieme tutto il denaro per finanziare un progetto di reimpiego. Vengono prese in considerazione diverse idee: creare una nuova società, rilevare un'altra fabbrica... ma nulla riesce a suscitare il loro entusiasmo. Louise, la più scatenata, prende la parola. Ha un'idea che funzionerà e che si possono permettere: assumere un sicario per uccidere il capo!

Anno 2008 
Nazione Francia
Produzione Mathieu Kassovitz e Benoît Jaubert per MNP Entreprise, No Money Productions, Arte France Cinema 
Distribuzione Fangango  
Durata 94' 
Regia, Soggetto, Sceneggiatura Benoît Delépine e Gustave Kervern  
Con Yolande Moreau, Bouli Lanners, Robert Dehoux, Sylvie Van Hiel, Jacqueline Knuysen, Pierrette  Broodthaers, Francis Kuntz, Hervé Desinge, Terence Debarle, Yannick Jaulin
Genere Commedia


In collaborazione con Filmtrailer.com

NOTE DI REGIA - Il nostro scopo era quello di realizzare una esilarante e nerissima commedia. Volevamo un film dallo stile libero, costruito e montato in modo semplice ma originale. Volevamo che i protagonisti fossero personaggi simpatici ma radicali. Volevamo un western sociale, in cui i buoni più buoni potessero diventare cattivi, e dove i cattivi fossero degli irriducibili criminali. Dei nostri film precedenti, volevamo conservare il senso del ritmo e la cornice particolare, l'onnipresenza del rumore anche durante i lunghi silenzi. Il dialogo doveva restare al minimo ma le parole dovevano essere essenziali e gli attori avrebbero avuto libertà di improvvisare nelle loro interazioni. Volevamo inserire una musica stramba e con una tonalità estrema, ma che mantenesse per tutta la storia un livello di credibilità. Volevamo che il film fosse più incentrato sulla storia umana che non sull'estetica. Volevamo una troupe poco numerosa e flessibile, che catturasse tutti i momenti non programmati con molta intensità. Volevamo che il film cogliesse l'essenza dei paesi in cui è ambientato. Volevamo dall'inizio alla fine dei colori un po' slavati, come quelli dei cieli del nord. Volevamo che il sonoro fosse grezzo e diretto, e smuovesse gli spettatori, senza nessuna eccezione. Volevamo un film che toccasse il pubblico. Se poi avrà successo, tanto meglio! 
Benoit Delépine e Gustave Kervern

Commedia irriverente sulla rabbia contro i licenziamenti
di Paolo Mereghetti (Corriere.it)

E se gli umili, gli sconfitti, i perdenti riuscissero per una volta a vendicarsi? Se don Chisciotte abbandonasse il suo destino da inguaribile sognatore e per una volta nella vita riuscisse davvero a sconfiggere i mulini a vento? Forse nella realtà non succederà, ma al cinema anche i sogni più audaci possono sperare di avverarsi. Proprio come è successo al film Louise-Michel, che la sua battaglia contro i fantasmi del «buon» cinema e del «buon» gusto l'ha vinta sia sullo schermo, che davanti.
Sullo schermo perché racconta una di quelle storie che in anni più coraggiosi e spregiudicati si sarebbero dette «oltraggiose» e che oggi sembrano condannate al sospetto e alla diffidenza. E davanti allo schermo perché la coppia di registi che la firma - Benoît Delépine e Gustave Kervern - è riuscita non solo a farsi finanziare un film così (da Mathieu Kassovitz e da Arte) ma soprattutto a non farsi omologare con i soliti discorsi sui «gusti del pubblico» e le «aspettative del mercato». E il miracolo maggiore forse è proprio il loro, quello di due autori comici cresciuti alla scuola dell'irriverente programma tv Groland, che nel 2004 per esordire sul grande schermo propongono «un road movie su una sedia a rotelle». E lo girano davvero, interpretandolo anche in coppia (titolo: Aaltra). Mentre il successivo Avida (2006), racconta il tentativo fallimentare di rapire un cane.

Storie improbabili, raccontate con un gusto tutto surreale per le situazioni paradossali, dove l'importante sembra essere soprattutto la ricerca di una logica antitelevisiva («In uno sketch per la televisione bisogna concludere la gag in un minuto altrimenti il pubblico si distrae. Al cinema l'importante è il mistero e la spiegazione di quello che mostri può arrivare anche quando la scena è finita»). E dove serpeggia uno spirito anarcoide che si diverte a scompaginare le regole, le sicurezze e le convenzioni, spirito che i due registi chiamano solo «anar» per evitare ogni politicizzazione. Salvo poi chiamare i protagonisti del loro terzo film come il nome e il cognome di una celeberrima anarchica francese, Louise Michel, esiliata in Oceania dopo aver partecipato alla Comune di Parigi, paladina dei diritti delle donne e infaticabile organizzatrice di scuole libere per figlie del proletariato...
In Louise-Michel il film, le proletarie sono le impiegate di una fabbrica tessile della Piccardia (regione al confine col Belgio) che un giorno si vedono regalare dal loro padrone dei nuovi camici con il nome ricamato sopra, a testimonianza della volontà di andare avanti nonostante la crisi, e il giorno dopo, arrivate al lavoro, trovano la fabbrica completamente vuota, senza neppure più un macchinario. Dieci di loro decidono di mettere in comune la misera liquidazione ma invece di aprire la solita pizzeria, scelgono, su proposta della taciturna Louise (l'attrice belga Yolande Moreau, grandissima), di pagare un killer per uccidere il padrone.

Ad evitare polemiche fuori luogo su ogni possibile deriva «terroristica», il film ha già messo in campo nelle scene precedenti un paio di situazioni irresistibilmente surreali, come un fallimentare tentativo di cremazione o il buco-della-serratura-portabile per «spiare» quando e dove si vuole la donna dei propri desideri (che qui naturalmente è la massiccia Louise, sempre vestita con un castissimo impermeabile). E procede su questo stesso terreno, a metà stralunato e a metà provocatorio, anche quando Louise individua il possibile killer grazie al fatto che perde la sua pistola per strada...
Come a dire che prima di una lettura realistica della storia viene la sua dirompente irriverenza contro ogni tipo di convenzione, a cominciare dal personaggio del killer Michel (Bouli Lanners, «incontournable» come dicono i francesi), che per eliminare i suoi obiettivi implora un paio malati terminali di fargli un «piacere», per continuare con i misteri del capitalismo che renderebbe irreperibile il vero responsabile delle proprie malefatte. Tanto che dopo aver fatto fuori il proprietario della fabbrica in Piccardia, le licenziate scoprono che il «vero» capo starebbe a Bruxelles, poi in Lussemburgo, poi ancora nell'isola di Jersey, innescando una «catena di sant'antonio» di vendette che sembra non dover finire mai (un consiglio: non alzatevi ai titoli di coda. Restate anche dopo). Mentre i due registi si divertono a mescolare ulteriormente le carte svelando due ulteriori segreti «sessuali » sui protagonisti. A dimostrare che forse il capitalismo avrà mille teste sfuggenti ma che le risate possono «tagliarle» tutte. Almeno in questo film.

Note - Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma (III edizione, 2008) nella sezione 'L'Altro Cinema/Extra'.

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03 aprile 2009
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