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Lucio Moro e Luciano Passarin, i due tecnici dell'Impregilo rapiti e poi rilasciati in Nigeria, sono rientrati in Italia

28 febbraio 2007

Lucio Moro e Luciano Passarin, i due tecnici italiani dell'Impregilo, rapiti in Nigeria venerdì scorso e liberati dopo tre giorni, sono rientrati in Italia nella notte con un volo del Sismi.
Stamattina si sono recati in Procura a Roma e sono stati sentiti dai pm Italo Ormanni e Diana De Martino che hanno aperto un fascicolo sul loro rapimento.

Prima di partire i due friulani hanno raccontato la loro brutta avventura. ''E' stato pesante, abbiamo subìto pressioni psicologiche dure e siamo anche stati picchiati'', ha detto Lucio Moro. ''Venerdì eravamo su una barchetta in mezzo a un fiume, per controllare lo stato d'avanzamento dei lavori della nostra azienda: sono arrivati all'improvviso, sbucando dal nulla, come se avessero qualcuno che sorvegliava la zona e li ha avvertiti col telefonino. Quando sono arrivati hanno sparato in aria, non addosso a noi, sanno bene che dovevano preservare le loro prede''.
I due tecnici hanno descritto un blitz rapidissimo (''sull'acqua si muovevano come pantere''), e poi di una lunga corsa in ''speed boat'' lungo i mille canali del delta del Niger (''eravamo sdraiati sul fondo della barca, coperti da un telo, non ci muovevamo anche per non creare incidenti. Andavamo a tutta velocità, non potevamo capire nulla'').
Dopo circa un'ora Moro e Passarin sono arrivati in un accampamento. Ha raccontato ancora Moro: ''Siamo rimasti lì venerdì, sabato e domenica. In alcuni momenti ci hanno trattato molto male, ci hanno picchiati, abbiamo subìto pressioni psicologiche forti. Poi con qualcuno c'è stato anche un momento di dialogo, alcuni sembravano anche abbastanza elaborati, costruiti''.
Sia Passarin che Moro sostengono che il gruppo ha detto di appartenere in qualche modo al Mend, il Movimento per l'emancipazione del Delta Niger che dal 7 dicembre scorso tiene prigionieri i due tecnici dell'Agip Francesco Arena e Cosma ''Mimmo'' Russo. ''Sì, ci hanno detto che sono un gruppo che fa parte del Mend'', ha detto Passarin, ''e poi hanno elencato le loro rivendicazioni, la richiesta che la ricchezza dell'area, il petrolio, arrivi anche alle popolazioni della regione del Delta''.
Lucio Moro, che ha vissuto in Nigeria per lavoro molti anni, è rimasto impressionato dalla determinazione con cui si sono comportati i rapitori: ''Ho vissuto in Nigeria da anni, mi sono trovato in situazioni difficili, anche in mezzo a una sparatoria, ma determinati, decisi come questi non ne ho visti''.

Non è possibile dire se il gruppo che ha effettuato il rapimento Impregilo appartenga davvero al Mend, anche perché il tradizionale canale di comunicazione del Mend (un portavoce che risponde alle mail che gli vengono inviate) ha espressamente detto nei giorni scorsi che questo rapimento non era stato effettuato dai suoi militanti. Anche quest'ultimo rapimento dimostra però una cosa: da quando il Mend ha iniziato la sua battaglia contro i capi di Lagos e i governatori locali, dietro gli attacchi dei guerriglieri si moltiplicano le azioni di gruppi di semplici criminali, a caccia dei dollari che le compagnie petrolifere e quelle dell'indotto mettono in bilancio come ''spese collaterali''.
Il Mend, oltre a Francesco Arena e Cosma Russo, ha nelle sue mani ancora una decina di occidentali. Secondo una conteggio tenuto dall'Agip, a partire dal gennaio 2006 nel delta del Niger sono stati sequestrati 154 lavoratori stranieri. Nigeriani e filippini sono stati i più colpiti, rispettivamente con 33 e 25 persone. Poi gli inglesi (18), i cinesi (14), i sudcoreani (14), gli italiani (9) e gli americani (8). Nelle mani dei rapitori ci sono ancora 7 lavoratori, di cui 2 italiani, 1 francese, 1 filippino, 2 croati ed 1 montenegrino.

Il livello d'allarme per i nostri connazionali che lavorano nella zona del Delta rimane alto. Il Mend ha già avvertito che i nostri connazionali sono ancora nel mirino dei rapitori, anche se non corrono rischi immediati. Una questione di visibilità internazionale. ''Un italiano vale altri cento ostaggi - ha dichiarato Jomo Gbomo, portavoce del Movimento, in una email inviata all'Ansa l'altro ieri - Ma siamo soddisfatti di ciò che abbiamo e non abbiamo intenzione di prenderne altri per ora''. Dopo le minacce, Gbomo ha comunque ribadito che la responsabilità del sequestro di Moro e Passarin non è da imputare al Mend. ''La maggior parte dei sequestri nel Delta - ha spiegato - sono effettuati da piccole bande di criminali''. E ha invitato l'Italia a considerare il Mend l'unico interlocutore da contattare se dovessero capitare altri casi. ''Noi possiamo fermare questo genere di sequestri, se decidiamo di farlo - ha avvertito - perché conosciamo coloro che ne sono gli autori''.

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28 febbraio 2007
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