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Ma arriverà anche in Italia la pillola abortiva RU486? E se arriverà, questa è veramente sicura?

11 dicembre 2007

Lo scorso novembre l'azienda francese Exelgyn ha presentato domanda all'agenzia europea per i farmaci, l'Emea (con sede a Londra), per la commercializzazione in Italia della pillola abortiva RU486. La richiesta di autorizzazione è stata esaminata ieri dall'Aifa, l'agenzia italiana per il farmaco, e già in primavera la pillola, presente in quasi tutti gli stati membri dell'Ue (con le eccezioni di Italia, Portogallo e Irlanda) potrebbe essere disponibile anche in Italia.
A metà febbraio, se non sorgeranno ostacoli, si completerà la prima fase della procedura di registrazione del farmaco. Passeranno poi altre settimane per l'inserimento del prodotto nella fascia di dispensazione, quasi certamente la fascia H (utilizzo in ospedale, così come previsto dalla legge italiana sull'aborto).

Quando, e se,  la pillola RU486 sarà autorizzata in Italia, il suo impiego avverrà nel rispetto della legge 194 sull'aborto per la tutela della salute della donna: lo ha assicurato il ministro della Salute Livia Turco: “Dopo che, come previsto dalle norme europee, l'Aifa avrà verificato la sussistenza dei presupposti perché il farmaco sia autorizzato anche nel nostro paese - ha spiegato il ministro - chiederò al Consiglio Superiore di Sanità di valutare l'eventuale necessità di specifici indirizzi, affinché l'impiego del farmaco avvenga nel totale rispetto delle esigenze di tutela della salute della donna, garantite dalla legge 194”.

Ma proprio nei giorni scorsi una nuova analisi di studio ha gettato delle ombre sulla “bontà” della RU486, infatti secondo uno studio elaborato dalla Società Medico Scientifica Interdisciplinare Promed Galileo, presentato alla Camera dei deputati ed inviato all'Aifa, la pillola abortiva RU486 è meno sicura rispetto all'aborto chirurgico con un tasso di mortalità 10 volte maggiore.
Secondo dati del New England Journal of Medicine riferiti solo agli USA nel 2005 ed enunciati nel corso di una conferenza stampa: le morti per aborto chirurgico sono di 1 su un milione, mentre le mortalità associate all'aborto con RU486 sono di 1 su 100mila.

Ovviamente il documento ha già suscitato un fronte di discussione. Il ginecologo Silvio Viale, primo fra gli sperimentatori nel nostro Paese della RU486, ha accusato il quotidiano della Santa Sede “Avvenire” di condurre “una campagna mistificatoria per tentare di condizionare l'informazione su questo farmaco” riferendosi ad un articolo pubblicato nei giorni scorsi e intitolato “Il dossier che inchioda la pillola abortiva”.
“Trattandosi di una procedura europea di mutuo riconoscimento, che si basa su solide evidenze scientifiche, su una ventennale esperienza di uso del farmaco nel Vecchio Continente e sulla recente revisione della scheda della Ru486 da parte dell'Agenzia europea (Emea), approvata dalla Commissione europea nel giugno scorso - ha detto Viale - le questioni scientifiche legate alla sicurezza e all'efficacia del farmaco sono fuori discussione. Il medicinale - ha sottolineato ancora il ginecologo - registrato in 13 paesi europei, lo è già in altri paesi e presto sarà registrata in altri. In 20 anni di storia la pratica clinica ha sempre superato le polemiche. Nel 2007 l'Emea e la Food and Drug Administration (Fda), ente regolatorio sui farmaci degli Stati Uniti, hanno ribadito la sicurezza del farmaco. L'Organizzazione mondiale della sanità ha confermato il mifepristone (principio contenuto nella pillola, ndr) nella lista dei farmaci essenziali [...]”.  “Nonostante le evidenze scientifiche e cliniche - ha contestato l'esperto - Avvenire guida una campagna di stampa per impedire la registrazione del mifepristone in Italia”.

Di contro lo studio, al quale documento ha aderito anche l'European Medical Association, rileva anche che “l'interruzione di gravidanza farmacologia si caratterizza per una efficacia statisticamente inferiore rispetto al metodo chirurgico, pertanto una percentuale sensibile di pazienti viene sottoposta ad una duplice procedura abortiva”. Inoltre, “la maggiore durata della procedura abortiva farmacologia, assieme all'elevato numero di pazienti perse al follow-up rende più problematico il controllo delle possibile complicanze”. Il rapporto denuncia ancora che “la bassa qualità degli studi, spesso caratterizzati per l'assenza di randomizzazione, e la contraddittorietà dei risultati, rendono difficoltosa l'interpretazione dell'accettabilità del metodo”.
Per tutto questo le diverse associazioni di medici e bioeticisti (al documento hanno già aderito l'Associazione Medicina e Persona, l'Associazione Medici Cattolici Italiani, il Forum delle Associazioni Sanitarie Cattoliche, la Società Italiana per la Bioetica e Comitati Etici, l'Associazione Sintotermico CAMEN, l'Associazione Ostetriche Felicita Merati, la Fondazione Maddalena Grassi, la Fondazione San Giuseppe Moscati, la Fondazione Lanza, la Confederazione Italiana Centri Regolazione Naturale Fertilità, l'Unione Farmacisti Italiani e Cristiani per l'Ambiente) concludono: “Il possibile incremento del ricorso all'interruzione di gravidanza, verificatosi dopo l'introduzione della Ru486 in alcuni paesi, rende necessario procedere al ulteriori indagini”.

- Lo studio della Promed Galileo

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11 dicembre 2007
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