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Ma con il governo Prodi il Ponte sullo Stretto si farà? ''Absolutely no", risponde il neo-ministro dei Trasporti

18 maggio 2006

Qualcuno ha già sentenziato: ''Eccoli i comunisti! Manco hanno messo piede al governo che già vogliono far diventare l'Italia un paese retrogrado e, ancora peggio, bloccare lo sviluppo del Sud!''
Ogni riferimento, ovviamente, non è puramente casuale, e quando si parla di blocco dello sviluppo del Sud, chi sta parlando lo sta facendo riferendosi alle prime dichiarazioni rilasciate dal nuovo ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, e a quelle del nuovo ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio.

Dal nuovo ministro Bianchi, infatti, è subito arrivata la prima indicazione sugli orientamenti del governo per quanto riguarda le Grandi Opere. Alla domanda se il Ponte sullo Stretto si farà, il neoministro ha risposto deciso: ''Absolutely no''.
Interpellato ieri, un attimo prima del giuramento al Quirinale, Bianchi si è mostrato cauto su tutte le questioni tranne una, il progetto per lo Stretto. ''Il ponte non si farà - ha spiegato - perché è l'opera più inutile e dannosa progettata in Italia negli ultimi 100 anni''. A suo parere ''su Tav, ponte di Messina, variante di valico, bisogna valutare in maniera serena quali siano i pro e i contro e decidere in base a questo''. Poi ha aggiunto che sul ponte sullo Stretto ''la posizione l'ho decisa da molto tempo'', mentre ''sull'alta velocità mi devo fare ancora un'idea''.

Ingegnere e urbanista, 61 anni, un passato politico tra le file del Pci, rettore dell'università di Reggio Calabria, originario di Roma ma di fatto calabrese d'adozione, Bianchi sa bene di cosa parla: le problematiche del territorio sono sempre state il suo pane quotidiano e la questione Stretto di Messina è un argomento che conosce bene avendo scritto un volume su questo tema a metà degli Anni 80.
''I trasporti sono una materia per me familiare, in quanto urbanista - ha spiegato -. Certo, non mi è familiare la conduzione di un ministero, ma vengo dal mondo della scuola: mi metterò a studiare e imparerò''.
La nomina di Bianchi è molto piaciuta a Legambiente (''è la miglior premessa per tornare a fare, seriamente, politica dei trasporti nel Paese, per realizzare nel Sud e in Italia le opere davvero utili''), che plaude anche al neo-ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio. Il leader dei Verdi, a sua volta, ieri ha confermato la bocciatura del progetto-Ponte (''Il ponte sullo Stretto tra la Calabria e la Sicilia non si farà, è scritto nel programma dell'Unione [...] Questo sarà un governo più ambientalista, pronto a fare opere utili e non progetti faraonici come il ponte sullo Stretto''), annunciando poi che sulla Tav ''si aprirà il confronto serenamente, con tutte le realtà locali, rispettando il programma dell'Unione che dice che le opere si fanno concordandole con le popolazioni''.
Più caute le parole del nuovo responsabile alle Infrastrutture Antonio Di Pietro, che ha rimandato ogni scelta al programma della coalizione, sostenendo che ''prima di prendere una posizione occorre una valutazione collegiale del governo''.

Il centrodestra, invece, ha colto la palla al balzo per scatenarsi. Secondo l'ex ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Pietro Lunardi, ''senza l'alta velocità in Piemonte e il ponte sullo Stretto, questo Paese tornerà alle caverne. Qualsiasi esperto di trasporti che si rispetti ha chiaro che si tratta di progetti irrinunciabili''.
Gasparri di An ha subito definito Bianchi ''un pessimo ministro'' che ''espone lo Stato a un oneroso risarcimento alle ditte che hanno vinto l'appalto'', mentre secondo il responsabile infrastrutture di Forza Italia Maurizio Lupi, dopo questo esordio ''catastrofico'', ''l'unico risultato sarà la paralisi di tutte le opere indispensabili per lo sviluppo del Paese''.
''Con il governo Prodi inizia il blocco dello sviluppo del Sud. Questo esecutivo, non solo non ha ministri siciliani, ma addirittura i ministri Pecoraro e Bianchi si dichiarano subito contrari al Ponte sullo Stretto, un'opera tanto attesa dal Mezzogiorno'', afferma il presidente dei senatori di Forza Italia, Renato Schifani. ''Questa è la conferma - aggiunge Schifani - dell'inizio del declino, del ritorno al passato che attende l'Italia con questo governo che già calpesta palesemente la volontà di quelle forze politiche che rappresentano la metà del Paese. La decisione di dire no al ponte di Messina costerebbe 500 milioni di euro di penale a carico dello Stato e quindi dei cittadini. Mi verrebbe da dire che questo governo ha già iniziato a mettere le mani nelle tasche degli italiani ancora prima di essersi insediato''.

Oliviero Diliberto, leader del Pdci, partito che ha segnalato il ministro Bianchi, ha subito tentato di smontare le polemiche, liquidando questa bordata di critiche come ''la solita campagna di propaganda. Bianchi - spiega - non ha fatto che attenersi a ciò che c'è scritto sul programma dell'Unione, cioè che il ponte sullo Stretto non serve''.

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18 maggio 2006
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