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Ma cos'è la destra... Cos'è la sinistra... Le disinvolte piroette, da un polo all'altro, del sindaco di Agrigento

01 marzo 2008

Il sindaco di Agrigento Marco Zambuto, ex Udc eletto un anno fa con i voti del centrosinistra, ha aderito al Pdl. Questo "ritorno alle origini" è stato sostanzialmente il risultato di un incontro svoltosi tra Silvio Berlusconi e lo stesso Zambuto.
Il sindaco di Agrigento ha declinato l'offerta di candidarsi rivoltagli da Silvio Berlusconi, decidendo di continuare a fare il sindaco di Agrigento.
A questo proposito ha chiesto e ottenuto dal leader del Pdl "precise assicurazioni per inserire nell'agenda del governo del Paese Agrigento e i suoi problemi". Dal canto suo il sindaco di Agrigento "si è impegnato a sostenere il programma e la proposta politica di Berlusconi e del Popolo della Libertà al cui processo costituente parteciperà personalmente".
A chi gli ha subito contestato il cambio di casacca, Zambuto ha risposto: "Ma quale inganno agli agrigentini? Io ho aderito al Pdl perché sono stato abbandonato da Romano Prodi...".

Tantissime le critiche che gli sono piovute dal centrosinistra. A partire dal deputato regionale del Pd Giacomo Di Benedetto, secondo cui Zambuto "ha ingannato la sua città e tradito le attese di cambiamento degli agrigentini. Nessun coraggio di cambiare, ma solo pavidità e opportunismo". E per l'ex assessore comunale dei Verdi Luigi Miccichè il sindaco "ha finalmente gettato la maschera".
Zambuto ha replicato dicendo: "Ci troviamo di fronte a elezioni politiche. Quindi, o si vota per Berlusconi, oppure si vota per Walter Veltroni, e io che sono un moderato da sempre, ho visto nella proposta di Berlusconi il punto di aggregazione politica. Nessun inganno. Ho chiesto più volte l'anno scorso a Prodi di inserire Agrigento nella legge speciale, ma non mi ha ascoltato". "Tra l'altro - ha proseguito ancora Zambuto - è stato proprio Berlusconi a volermi vedere, e io ci sono andato con Angelino Alfano (agrigentino e coordinatore regionale di Fi in Sicilia, ndr). E' stato molto gentile con me. E mi ha anche chiesto se volevo candidarmi alle elezioni regionali o anche alle politiche. Ho risposto 'No, grazie', perché per ora voglio continuare a servire la mia città, come ho fatto negli ultimi mesi. Se avessi accettato una candidatura, allora qualcuno avrebbe potuto accusarmi di 'cambio di casacca', ma così no. E poi ho chiesto a Berlusconi di inserire Agrigento nel programma del Pdl e lui l'ha fatto".

Di seguito vogliamo ripubblicare un articolo che Agostino Spataro ci inviò nell'aprile del 2007, in vista delle elezioni comunali di Agrigento...

Candidature: un'illusione agrigentina *
di Agostino Spataro

Non so altrove, ma ad Agrigento le liste per le comunali del 13-14 maggio si annunciano infarcite di candidati, noti e meno noti, passati con disinvoltura da uno schieramento all'altro o da un partito all'altro, anche nell'ambito della medesima coalizione.
Ovviamente, non trattasi d'improvvisi ravvedimenti politici o ideali, ma di una disdicevole ''ri-dislocazione'' di posizioni nel vortice di un potere torbido e arrogante che in Sicilia resta saldamente nelle mani della Casa delle libertà, per nulla scalfita dallo strappo di Casini.
Perciò, il flusso si orienta, prevalentemente, dal centro-sinistra verso la CdL. Solo in rari casi si verifica il percorso opposto. 
Oltre a dissesti elettorali, questi voltagabbana provocano indesiderati effetti ''collaterali'' a danno di persone in buona fede che ancora s'indignano per le ciniche incoerenze dei politicanti di questa ''seconda repubblica'' che ambivano addirittura a salvare l'onore perduto della ''prima''.
Un caso emblematico è quello del compagno Giacinto L., un esile e combattivo militante comunista, il quale, ogni qual volta apprende che qualcuno dei suoi è passato nelle fila avversarie, cade in uno stato di grave afflizione.

Ma prima del fatto, vediamo l'antefatto. Dalla storica ''improvvisata'' di Occhetto, che sciolse il PCI senza informare nessuno, Giacinto ha dovuto ingoiare molti bocconi amari che gli hanno funestato la vecchiaia.
Soprattutto lo fa arrabbiare questo stillicidio di passaggi (che lui bolla come 'tradimenti') che, per altro, lo espongono allo spietato sarcasmo dei suoi ottuagenari avversari a Porta di Ponte, prediletto punto d'incontro degli agrigentini.
Qualche anno fa, Giacinto, per evitare l'avvilente umiliazione, decise di starsene in casa, intristito e corroso dai suoi tormenti. Ben presto, le sue condizioni di salute si fecero preoccupanti.
Il medico diagnosticò una strana patologia: ''sindrome della Bolognina''. ''Il soggetto somatizza troppo la delusione politica''. La cura: tenerlo lontano dalle diatribe politiche, anche di quelle che quotidianamente infarciscono i tg locali. Non fu facile seguire la terapia suggerita.
Chiesero a me di parlagli, di dirgli qualcosa. Ma che cosa?
Per lenire la sofferenza del vecchio militante non trovai altro rimedio che architettare una consolatoria bugia: un piano segreto capace di trasformare quei tradimenti in argute astuzie di un ben congegnato stratagemma.

Un pomeriggio l'andai a trovare e mi accolse con una sequela di angoscianti domande: ''Ma che sta succedendo? Tutti ci stanno tradendo: consiglieri provinciali, comunali, segretari sindacali. Quante pugnalate al cuore! Ma per quale motivo?''
''Il motivo c'è, ma è riservato, non possiamo divulgarlo. Altrimenti il piano fallisce...''
. Esordii con fare ammiccante.
''Il piano? Che piano?'' m'interruppe Giacinto.
''Siamo sicuri che nessuno ci ascolti? Ti sto per comunicare un fatto molto importante, segreto, che tale deve restare... Non ne dovrai parlare con nessuno, nemmeno in famiglia. Devi sapere, caro Giacinto, che questi 'tradimenti' fanno parte di una strategia segreta messa a punto dal Partito per infiltrare le fila nemiche e conquistare posizioni di potere. Per ora, solo a livello locale. Quelli che tu chiami traditori, in realtà, sono nostre quinte colonne che svolgono un compito delicato, prezioso... La fase dell'infiltrazione non è ancora conclusa. Altri compagni dovranno seguirli.
Al momento opportuno li richiameremo all'ordine e vedrai che bel botto farà la Casa delle libertà...''

Giacinto si rincuorò: ''Ma dici sul serio? Allora la Camera di commercio, l'Associazione artigiana, il comune di P. sono in mano nostra...''
''Nostra! Adagio. Al momento opportuno ho detto. Per intanto, assoluto silenzio e comportiamoci come se nulla fosse. Tu, per esempio, sbagli a non andare più a Porta di Ponte. La tua assenza potrebbe insospettire i nostri avversari. Vai, come sempre hai fatto e sui sarcasmi dei tuoi amici scherzaci sopra. Tanto - come vedi - il gioco l'abbiamo in mano noi''
.

Grosso modo, la pietosa bugia ha retto fino ad oggi.
Ora non so bene se resisterà alla gran baraonda delle candidature che caratterizza questa tornata elettorale che ha ingarbugliato le cose, ben oltre i contorni del mio fantastico piano strategico.
Ad Agrigento sta succedendo di tutto. Addirittura, il centro destra propone la candidatura a sindaco di un ex consigliere comunale del PCI a cui la gran parte dell'Unione del centro sinistra contrappone quella dell'ex segretario provinciale dell'Udc.
Ora, se è agevole spiegare a Giacinto il senso recondito della prima candidatura, risulterà difficile spiegargli quello della seconda. Egli potrebbe pensare che l'avversario abbia scoperto il nostro gioco e lo abbia adottato come contromisura. In questo caso, le cose si metterebbero male... per la salute del caro Giacinto.

* pubblicato su la Repubblica/Palermo del 15 aprile 2007

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01 marzo 2008
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