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Ma di cosa parliamo quando parliamo di Termini?

Montezemolo si dice aperto al dialogo ma sulla Fiat di Termini Imerese ricalca le parole di Marchionne

29 gennaio 2010

AGGIORNAMENTO
Per l'impianto di Termini Imerese, che Fiat vuole chiudere a fine 2011, il governo ha sette proposte da valutare per il salvataggio dell'unità produttiva.
Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola nel corso del tavolo con azienda e sindacati, secondo quel che riferisce una fonte presente all'incontro. "Per Termini abbiamo sette proposte delle quali stiamo valutando l'effettiva consistenza prima di portarle a questo tavolo. Da Fiat ci aspettiamo risposte sulle prospettive industriali di tutti gli stabilimenti. Il governo auspica che a Termini rimanga la produzione legata all'auto", ha detto Scajola aprendo il tavolo, stando alla fonte.
Per quanto rigurada gli incentivi, il direttore Relazioni esterne del gruppo torinese, Ernesto Auci ha detto che la Fiat  non essendo un'azienda assistita dallo Stato, il governo è libero di decidere sugli incentivi, "anche nel bene del Paese". "Siamo pronti a sostenere proposte di riconversione da parte della Regione a Termini Imerese per mantenere l'occupazione anche quando la produzione finirà. Fiat non è un gruppo assistito: sugli incentivi il governo è libero di decidere anche per il bene del Paese", ha detto Auci. Senza il rinnovo degli incentivi nel 2010, Fiat ha avvertito il governo che le immatricolazioni potrebbero scendere dai 2 milioni previsti a 1,7 milioni.
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C'è molta aspettativa su quanto verrà detto e deciso oggi al tavolo della vertenza tra governo Fiat e sindacati. L'aspettativa è degli operai, e in particolar modo delle tute blue di Termini Imerese, e ancora più in particolare dei 18 operai della Delivery & Mail, 13 dei quali da dieci giorni stanno sul tetto di uno dei capannoni dello stabilimento siciliano per protestare contro il loro licenziamento, arrivato dalla sera alla mattina perché il Lingotto ha deciso così.
E' loro l'aspettativa ed è grande. Quanto si deciderà oggi, o nei prossimi giorni, scriverà nero su bianco il destino di circa duemila famiglie. Al contrario, per l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, nell'incontro di oggi non si dirà nulla di nuovo, perché quello che doveva essere deciso è stato deciso. Marchionne, infatti, non sarà presente alla vertenza. "La Fiat non è il governo e di conseguenza non può sobbarcarsi dei drammi sociali della gente" ha detto pressapoco così Marchionne, le scorse settimane. Lui, manager brillante, non deve avere cuore perché il business non si fa con i sentimenti... Ha deciso che la Fiat di Termini Imerese deve essere chiusa e per lui quell'azienda è già chiusa. Ci sono delle persone che si stanno ammalando sopra il tetto di un capannone solo perché stanno difendendo ciò che dice il primo articolo della nostra Costituzione? Lui se ne sta fregando, il suo lavoro è un altro...
Già, a molti di noi tutto ciò sembra fuori da ogni logica che tenga in considerazione quell'elemento principe che si chiama "umanità", eppure...

Ieri, il presidente della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, ha detto che per Termini Imerese "le condizioni di svantaggio competitivo dell'impianto e la non economicità industriale rendono impossibile proseguire la produzione oltre il 2011", ma "portare a Pomigliano una vettura di grandi volumi e per noi fondamentale come la Panda, core business di Fiat Auto, è una decisione molto impegnativa e coraggiosa, che dimostra che la Fiat ha a cuore lo sviluppo industriale del paese". "E' chiaro che - ha aggiunto Montezemolo - tutti i nodi vanno affrontati in un clima di dialogo e confronto con le parti sociali e il Governo, che ha dimostrato in questi mesi una grande attenzione alla filiera dell'auto". "Le pratiche tecniche avviate due giorni fa per chiedere il ricorso alla cassa integrazione nell'ultima settimana di febbraio e nella prima di marzo - ha spiegato - sono la diretta conseguenza del crollo degli ordini che stiamo registrando in questo mese, addirittura peggiore rispetto a gennaio 2009, quando il mercato toccò il punto più basso". "La posizione della Fiat - ha aggiunto - è sempre stata chiara, sia sul progetto industriale e quindi sulla strategia in Italia che l'amministratore delegato ha illustrato a dicembre al tavolo governativo sia sul ricorso alla cassa integrazione per Termini Imerese . Le condizioni di svantaggio competitivo dell'impianto e la non economicità industriale dello stesso rendono purtroppo impossibile il proseguire la produzione oltre il 2011".
Insomma, Montezemolo ha aperto al dialogo, ma non si capisce di cosa parlerà con governo e parti sociali se questi ultimi da settimane continuano a ripetere che il fulcro della vertenza di oggi è Termini Imerese, mentre lui ha ribadito quanto detto e ripetuto e ribadito e riaffermato da Sergio Marchionne, che l'altro ieri, come per mettere un punto finale alla questione ha detto lapidario: "La Fiat in futuro non pensa di utilizzare lo stabilimento siciliano per nessuno dei suoi business".

Ad aprire il tavolo della vertenza di oggi sarà il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, che ancora ieri ha ribadito la propria posizione rispetto alle aperture al dialogo del presidente Montezemolo: una riorganizzazione del comparto Automotive è comprensibile ma no alla chiusura degli stabilimenti e alla perdita di posti di lavoro. "L'apertura al dialogo arrivata da Montezemolo - ha detto Scajola - significa che il governo riconosce il diritto e la fondatezza delle argomentazioni Fiat per la riorganizzazione del comparto Automotive. E' chiarissimo che l'Europa abbia una capacità produttiva superiore al mercato ma in Italia la produzione Fiat è inferiore alle stesse immatricolazioni Fiat. Da parte del Lingotto c'é l'impegno a crescere in maniera robusta". "Il governo trova logica la riorganizzazione degli stabilimenti ma ferma restando l'italianità di Fiat e la necessità di non perdere posti di lavoro. Se ci saranno chiusure ci dovrà essere un lavoro in comune per mantenere le realtà industriali. Non mi pare - ha ribadito il ministro - che fosse utile annunciare la Cig in una difficile fase di trattativa".
Scajola ha parlato anche di Pmigliano d'Arco e Termini Imerese: "Sono convinto che di fronte a questa Fiat rinnovata e con gli impegni già presi, e che vorremmo sentire confermati in questi incontri, Pomigliano dovrà avere una prospettiva importante. C'è una prima indicazione positiva: il prodotto più venduto dalla Fiat, la Panda, verrà costruito non più all’estero ma a Pomigliano d’Arco. C’è, quindi, una prospettiva di crescita. Noi puntiamo che tutto il Sud non possa essere penalizzato dalla ristrutturazione aziendale della Fiat". Se su Termini Imerese "non vorranno più fare auto, dovremo comunque realizzarvi un polo industriale significativo".

Secondo il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, "la Fiat mette benzina sul fuoco". "La scelta dell'azienda - ha detto Epifani parlando con i giornalisti - di forzare in maniera così netta la chiusura di uno stabilimento, non dare risposte ai precari di Pomigliano, mettere in cassa integrazione 30 mila lavoratori per due settimane proprio quando si deve affrontare con il governo la questione della chiusura dello stabilimento di Termini Imerese, dimostra che l'azienda sta mettendo benzina sul fuoco". "Ci sono - ha proseguito Epifani - le esigenze dell'azienda e ci sono le esigenze dei lavoratori, le esigenze del Paese. Noi restiamo - ha osservato ancora il segretario generale della Cgil - il Paese dove si producono meno automobili rispetto a quelle che si vendono. E questo rispetto agli altri Paesi è un distacco imbarazzante. Noi produciamo addirittura un quarto di quello che vendiamo e vogliamo ancora chiudere stabilimenti e vogliamo ancora fare stabilimenti sempre fuori dall'Italia". "Così - ha aggiunto - non può funzionare. Non è che il costo del lavoro è superiore a quello francese o tedesco. Gli altri tengono le loro produzioni e l'occupazione nei loro Paesi, bisogna lavorare per fare la stessa cosa anche in Italia se no - ha concluso Epifani - siamo un Paese un pò strano, strabico".

Intanto, ancora stamane, la Fiat non ha ancora revocato il blocco della produzione a Termini Imerese, deciso dal Lingotto due giorni fa a causa della protesta degli operai che ostacolavano l'ingresso nello stabilimento dei tir carichi di materiale per l'assemblaggio della Lancia Ypsilon. "I cancelli adesso sono liberi - ha detto il segretario della Fiom di Palermo, Vincenzo Comella - ma l'azienda non ci ha comunicato alcuna revoca del provvedimento". Davanti a uno degli ingressi dello stabilimento i familiari dei 13 lavoratori della Delivery & Mail hanno appeso un lenzuolo con su scritto: "Dov'è la politica? Come sempre a fare i propri interessi, lasciando che la Fiat tolga il futuro alle nostre famiglie: vergognatevi". I tredici lavoratori dormono in sacchi a pelo e si riparano dal freddo e dalla pioggia sotto le condutture di areazione. "Siamo stanchi ma da qui non scenderemo - hanno ripetuto ancora una volta - fino a quando non avremo garanzie per continuare a lavorare all'interno della Fiat, dove operiamo da circa 20 anni".

Il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, ha inviato una lettera ai deputati eletti nell’Isola, chiedendo loro di bocciare la proposta di legge che prevede gli ecoincentivi alla Fiat qualora il piano industriale dovesse continuare a prevedere la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese. La posizione della Regione, che oggi sarà presente al tavolo della vertenza, è a questo punto chiara: nessun margine di trattativa nei confronti di un'azienda - si legge in una nota di palazzo d’Orleans - che chiude stabilimenti, licenzia i dipendenti al Sud e vara piani di cassa integrazione al Nord, mentre distribuisce dividendi ai suoi azionisti. ”Il polo di Termini Imerese – ha scritto Lombardo - è importante per l’economia siciliana. Ed è strategico nel bacino del Mediterraneo, che è già diventata area di espansione di nuovi mercati. Può giovarsi della collaborazione del polo tecnologico siciliano che, a Catania, sta già sperimentando nuovi motori ecologici. L’unico reale differenziale dello stabilimento, la distanza dai mercati mitteleuropei, potrebbe essere annullato raccordando la produzione ai trasporti via mare, attraverso il porto di Termini Imerese, che è già operativo e stranamente ignorato nelle strategie industriali del colosso torinese". "La Regione - ha aggiunto il governatore - è pronta a investire oltre 300 milioni di euro per potenziare il polo industriale di Termini. Ma la Fiat non fornisce elementi di valutazione, né ha mai spiegato quante risorse siano state impiegate in Sicilia rispetto alle ingenti risorse pubbliche ricevute dallo Stato nel corso della sua storia". "Se nonostante questo contesto, la decisione di chiudere lo stabilimento dovesse essere ‘indiscutibile’ – conclude - è necessario uno scatto di responsabilità e orgoglio, non votando gli ecoincentivi. Un’arma democratica, per costringere la Fiat a riaprire il confronto e il dialogo con le istituzioni e i sindacati".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, ANSA, La Siciliaweb.it, LiveSicilia.it, Apcom, AGI, Reuters.it]

 

 

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29 gennaio 2010
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