Ma è la verità quello che conta ...
I ministeri della Difesa e dei Trasporti condannati a risarcire 100 mln ai parenti delle vittime della strage di Ustica
A distanza di 31 anni dalla strage di Ustica, in cui morirono 81 passeggeri del volo Itavia 870 Bologna-Palermo, il tribunale civile del capoluogo siciliano ha condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a un maxi-risarcimento di oltre 100 mln di euro per i parenti delle vittime.
I ministeri della Difesa e dei Trasporti sono stati condannati dal Tribunale civile di Palermo perché giudicati responsabili di non avere garantito la sicurezza del voto 'Itavia'.
Il giudice Paola Protopisani si è pronunciato accogliendo le domande avanzate dai parenti delle 81 vittime della strage. Il tribunale ha inoltre ritenuto i ministeri responsabili dell'occultamento della verità e li ha condannati ad un ulteriore risarcimento dei danni.
Secondo la Corte, le istituzioni condannate hanno provocato "danni morali e psichici notevolissimi ai familiari delle vittime". Il 30 maggio 2007, il Tribunale di Palermo aveva condannato i due ministeri a versare 980.000 euro a una quindicina di familiari. Poi, nel giugno 2010, la sentenza venne confermata portando il risarcimento a un milione e 390.000 euro. Infine oggi, la sentenza definitiva con il maxi-risarcimento. La sentenza è stata depositata dopo un'istruttoria durata 3 anni.
"La sentenza - dice il collegio legale costituito da Alfredo Galasso, Daniele Osnato, Massimiliano Pace, Giuseppe Incandela, Fabrizio e Vanessa Fallica, Gianfranco Paris - è il frutto di una lunga e articolata istruttoria, durata circa tre anni, nella quale il tribunale ha avuto modo di apprezzare e valutare tutte le emergenze probatorie già emerse nel procedimento penale". Secondo i legali, "il risultato della vicenda processuale rende giustizia per la ultratrentennale 'tortura della goccia' che i parenti delle vittime hanno dovuto subire ogni giorno della loro vita anche a causa dei numerosi e comprovati depistaggi di alcuni soggetti deviati dello Stato".
Per i legali "la sentenza apre un nuovo percorso per la ricerca della verità. Fu un missile ad abbattere il voto Itavia", come alcuni testimoni, tra cui l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, hanno affermato durante il processo. Gli avvocati auspicano che "chi di dovere avvii ogni opportuna azione nei confronti degli Usa e della Francia affinché sia ammessa finalmente la responsabilità per il grave attentato. Così si ridarebbe dignità e onore a tutto il Paese e alle vittime".
E la ricerca della verità potrebbe ripartire proprio da questa sentenza, "nella quale - spiega l'avvocato Osnato, che sposa la tesi del missile, probabilmente di nazionalità francese - si parla esplicitamente del famigerato 'Punto Condor', un tratto dell'aerovia militare usata dai francesi, la 'Delta Wisky' che incrocia proprio sopra il cielo di Ustica l'aerovia civile 'Ambra 13'. La pericolosità di quel punto - aggiunge - era stata più volte segnalata da piloti dei mezzi di linea".
Questa sentenza, aggiunge ancora l'avvocato, "contiene caratteri innovativi anche per quanto riguarda la quantificazione del danno. Il giudice ritiene che le prescrizioni sul piano penale per i circa 50 militari indagati non possono essere trasferite sul piano civile e la sentenza condanna i due ministeri secondo il principio della 'immedesimazione organica', e cioè la responsabilità civile dei militari ricade sugli organi dello Stato da cui dipendevano".
I legali auspicano inoltre che "in concomitanza della caduta del regime di Gheddafi, la nazione sia direttamente informata del contenuto degli archivi dei servizi segreti libici nei quali si ha ragione di ritenere che siano contenuti ulteriori documentazioni rilevanti sul fatto. E ciò consentendosi un accesso diretto da parte dell'Italia senza alcuna manomissione".
Intanto, per il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Carlo Giovanardi, "la sentenza, per quello che sembrano essere le motivazioni, è in totale contrasto con quella della Cassazione, già passata in giudicato, e con le altre sentenze del Tribune civile di Roma. È ormai accertato, sulla base della documentazione ufficiale acquisita presso la Nato che nessun altro aereo era in volo in quella notte in prossimità del DC9 Itavia, mentre la Commissione dei periti internazionali guidata da Aurelio Misiti ha concluso all'unanimità, dopo il recupero del relitto, per l'esplosione di una bomba in una toilette di bordo. Sarà interessante conoscere sulla base di quali documenti, ignoti al Governo italiano e alla Cassazione, il Tribunale civile di Palermo ha tratto le sua conclusioni che dovranno naturalmente essere vagliate nei gradi successivi" conclude il sottosegretario.
In effetti la tesi della bomba esplosa in volo, sostenuta dalla perizia Misiti ha retto fino in Cassazione. Ma in quest'ultima sentenza viene smontata. Si ritorna, insomma, alla pista dello scontro aereo tra jet militari, di cui pagò le spese il Dc9. La stessa sostenuta in un primo momento dal giudice istruttore Rosario Priore: "Quella odierna è una sentenza importantissima, soprattutto perchè riconosce la validità della sentenza del giudice Priore e ribadisce con forza le responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti che non hanno vigilato come avrebbero dovuto sulla sicurezza dei voli e non solo". Così la senatrice Daria Bonfietti (Pd), la presidente dell'Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica. "La cosa importante non è tanto la cifra, che non è altissima - dice Bonfietti - quanto quello che questa sentenza riconosce". Ovvero il fatto che "sposa la sentenza-ordinanza del giudice Priore e quella di primo grado, poi messe in discussione negli altri gradi di giudizio, per cui la dinamica dei fatti era chiara. Oggi viene ribadito che l'aereo è stato abbattuto in un episodio di guerra aerea e vengono ribadite le responsabilità dei due ministeri anche in campo civile: non hanno vigilato sulla sicurezza dei voli civili e hanno nascosto la verità con i successivi depistaggi". "Siamo in una stranissima situazione - ha spiegato ancora la senatrice - la verità ha trovato una conferma da Cossiga, è stata ammessa da Formica come quella che tutti conoscevano, ma il nostro Governo non vuole accettarla, imprigionato dalle banalità di Giovanardi che, oltre ad imperversare a Bologna per gli anniversari, va all'ambasciata Usa a pietire il sostegno alle sue tesi. Il presidente della Repubblica - ha concluso - negli ultimi due anniversari ha parlato di 'intrecci eversivi e intrighi internazionalì e ha chiesto che 'ogni sforzo deve essere compiuto per arrivare alla verità'".
Quel volo maledetto - Il Dc9 I-Tigi Itavia, in volo da Bologna a Palermo con il nominativo radio IH870, scomparve dagli schermi del radar del centro di controllo aereo di Roma alle 20.59 e 45 secondi del 27 giugno 1980. L'aereo era precipitato nel mar Tirreno, in acque internazionali, tra le isole di Ponza e Ustica. All'alba del 28 giugno vennero trovati i primi corpi delle 81 vittime (77 passeggeri, tra cui 11 bambini, e quattro membri dell'equipaggio).
Il volo IH870 era partito dall'aeroporto "Guglielmo Marconi" di Borgo Panigale in ritardo, alle 20.08 anziché alle previste 18.30 di quel venerdì sera, ed era atteso allo scalo siciliano di Punta Raisi alle 21.13. Alle 20.56 il comandante Domenico Gatti aveva comunicato il suo prossimo arrivo parlando con "Roma Controllo". Il volo procedeva regolarmente a una quota di circa 7.500 metri senza irregolarità segnalate dal pilota. L'aereo, oltre che di Ciampino, era nel raggio d'azione di due radar della difesa aerea: Licola (vicino Napoli) e Marsala. Alle 21.21 il centro di Marsala avvertì del mancato arrivo a Palermo dell'aereo il centro operazioni della Difesa aerea di Martinafranca. Un minuto dopo il Rescue Coordination Centre di Martinafranca diede avvio alle operazioni di soccorso, allertando i vari centri dell'aeronautica, della marina militare e delle forze Usa. Alle 21.55 decollarono i primi elicotteri per le ricerche. Furono anche dirottati, nella probabile zona di caduta, navi passeggeri e pescherecci. Alle 7.05 del 28 giugno vennero avvistati i resti del Dc9. Le operazioni di ricerca proseguirono fino al 30 giugno, vennero recuperati i corpi di 39 degli 81 passeggeri, il cono di coda dell'aereo, vari relitti e alcuni bagagli delle vittime. Il volo era stato colpito da un missile, poi il "muro di gomma" di generali e ministeri durato trenta anni.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere.it]