Ma i british workers non ce l'hanno con gli Italians...
E se fosse il primo segnale di una reazione protezionistica alla recessione mondiale?
I lavoratori della raffineria Lindsey che protestano contro l'utilizzo di manodopera straniera, non hanno accettato la proposta di compromesso dell'azienda. Le trattative partite con grandi speranze di trovare una soluzione alla disputa che dura da una settimana si sono già arenate.
Secondo indiscrezioni i sindacati volevano che almeno metà dei 200 posti di lavoro contestati fossero assegnati a lavoratori britannici, mentre la Total, proprietaria della raffineria, era disposta a concedere meno del 25 per cento. Rappresentanti dei sindacati hanno dichiarato che la Total voleva destinare a lavoratori britannici solo 60 posti e hanno chiesto le "prove" che gli operai stranieri siano soggetti allo stesso contratto e condizioni degli inglesi. La società petrolifera francese ha ribadito che non ha effettuato alcuna discriminazione e ha rispettato le regole europee.
La disputa era nata dalla decisione di Total di concedere un appalto da 18 milioni di euro alla società americana Jacobs che lo ha poi girato alla siracusana Irem, che ha utilizzato manodopera italiana e portoghese invece dei lavoratori del posto.
Il segretario generale del sindacato Unite, Derek Simpson, ha dichiarato stamattina che anche se un accordo verrà raggiunto a Lindsey resta da affrontare il "problema più ampio" degli appalti vinti da società straniere. Simpson ritiene che in questi casi non ci siano condizioni di parità tra i lavoratori stranieri e quelli britannici che vengono esclusi a priori: "Questi problemi si ripresenteranno e sono certo si ripresenteranno anche in altri Paesi fino a quando ci renderemo conto che non si può utilizzare la libertà di movimento e di lavoro per escludere i lavoratori del posto".
Ieri il vicepresidente della Irem di Siracusa, Giovanni Musso, ha ricordato che "non c'è nessuna clausola sociale che prevede di non assumere operai inglesi: nel nostro staff in Inghilterra ne abbiamo assunti venti". Sul proseguire delle polemiche nel Regno Unito, Musso - dopo aver sottolineato di avere nello staff dipendenti inglesi, ad esempio come responsabili di qualità - ha detto: "Aspettiamo quello che ci dirà la Jacobs". E ha avvertito: "Ci sono delle clausole che prevedono penali in caso di rescissione...".
Intanto la protesta continua. Stamane davanti alla raffineria si sono assembrati centinaia di lavoratori per protestare e a loro si sono uniti centinaia di precari del settore edile. E la protesta ha contagiato anche altri settori. In questi giorni altre centinaia di lavoratori nelle centrali elettriche e in quelle atomiche in Inghilterra e Scozia hanno scioperato in segno di solidarietà con i colleghi di Grimsby.
Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ieri da Lussemburgo, nel corso di una conferenza stampa congiunta col premier Jean-Claude Junker, Napolitano si è associato al primo ministro lussemburghese nella condanna degli scioperi in corso in Gran Bretagna.
"Quanto sta accadendo in Gran Bretagna è un episodio grave, ma in questo caso il razzismo non c'entra", ha detto il presidente della Repubblica, ricordando che anche il premier britannico, Gordon Brown, "ha preso posizione fermamente contro questo atteggiamento inammissibile". Per Juncker, l'episodio britannico "non è legato all'Ue ma al cretinismo che colpisce alcuni".
Anche la Commissione europea ha ribadito che "non è chiudendo i confini che si crea più occupazione". Rispondendo alle domande dei giornalisti, la portavoce Chantal Hughes ha ricordato che sono quattro gli Stati membri - Germania, Belgio, Austria e Danimarca - che mantengono tuttora alcune limitazioni per l'ingresso dei lavoratori provenienti dai nuovi Paesi che sono entrati a far parte dell'Unione, ma che entro il prossimo mese di aprile questi Stati dovranno "fornire spiegazioni precise sul fatto che mantengono ancora le barriere".
[Informazioni tratte da Il Sole 24ORE.com, Repubblica.it, Corriere.it]