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Ma saranno giudicati da Dio

Detenuti e mafiosi contro la scomunica loro lanciata da Papa Francesco

07 luglio 2014

La scomunica di Papa Francesco a esponenti di mafia e 'ndrangheta ha fatto effetto sui 200 detenuti ad alta sicurezza del carcere di Larino (Campobasso). In molti hanno chiesto chiarimenti sul significato e sui riflessi pratici del provvedimento lanciato dal Papa una quindicina di giorni fa nel corso della messa nella spiana di Sibari, e innanzitutto se abbia ancora senso, per loro, partecipare alla messa.
"È una cosa sorprendente, che conferma quanto il Papa, parlando, incida nelle coscienze" ha commentato l'arcivescovo di Campobasso-Bojano, Giancarlo Bregantini.
La scomunica era arrivata dal Papa, il 21 giugno nel corso della visita pastorale a Cassano all'Ionio. Nel corso dell'omelia nella messa alla Piana di Sibari, con una chiarezza senza precedenti, Papa Francesco aveva detto: "I mafiosi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati". Mai un Papa aveva pronunciato queste parole. E infatti Famiglia Cristiana sottolinea che non è possibile "nessuna attenuante dopo le parole di Francesco". E sull'atteggiamento dei detenuti di Larino, diversi dei quali legati alla criminalità organizzata, il settimanale dei Paolini parla di "ritorsione" perché considerano la scomunica "un affronto".

Il vescovo di Termoli-Larino, monsignor Gianfranco De Luca, ha colto l'occasione celebrando una Messa nel penitenziario molisano, per illustrare il messaggio del Papa e dire che è difficile accogliere Dio se si ha "la notte" nell'animo. "I detenuti ne avevano parlato con il cappellano - racconta Bregantini - Quest'ultimo ha invitato il vescovo De Luca a spiegare il senso dell'intervento del Papa. Ciò dimostra come non sia vero che dire certe cose sia clericalismo. In realtà le parole del Papa, come quelle della Chiesa e di Gesù Cristo, hanno sempre una valenza etica che diventa sempre culturale ed economica, quindi con grandi riflessi politici".

La scomunica del Papa sembra invece non aver sortito alcun effetto a Oppido Mamertina, in Calabria, dove la processione della Madonna delle Grazie della frazione Tresilico si è fermata davanti all'abitazione del presunto boss della 'ndrangheta Peppe Mazzagatti, 82 anni, condannato all'ergastolo ed ai domiciliari per motivi di salute e ritenuto uno dei principali protagonisti di una delle più sanguinose faide della 'ndrangheta di Oppido Mamertina verificatasi negli anni '90.
Il Vescovo, monsignor Francesco Milito, ha annunciato "provvedimenti energici", mentre il Ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha definito l'episodio come "deplorevoli e ributtanti rituali cerimoniosi".
La processione è partita normalmente dalla piccola chiesetta di Tresilico con in testa molti amministratori comunali, alcuni sacerdoti ed i carabinieri. Giunti nei pressi dell'abitazione di Mazzagatti l'effige della Madonna si è fermata per mezzo minuto con un tentennamento, chiamato 'Inchino', in segno di saluto. Quando il comandante della stazione dei carabinieri si è accorto di quanto stava accadendo è uscito dalla processione ed ha avviato le procedure per l'identificazione di tutte le persone che stavano partecipando al rito religioso.

I militari hanno anche realizzato un video di quanto stava accadendo in modo da poter avere uno strumento per identificare in modo inequivocabile tutti i partecipanti. La relazione fatta dai carabinieri è ora confluita in una informativa che gli investigatori invieranno alla Procura della Repubblica di Palmi ed alla Dda di Reggio Calabria.
Sulla vicenda il Vescovo di Oppido-Palmi ha espresso parole di dura condanna perché si tratta di "un fatto grave. Faremo chiarezza fino in fondo e prenderemo provvedimenti".
Il sindaco, Domenico Giannetta, ha affermato che "se ci sono stati gesti non consoni siamo i primi a prendere le distanze ma ci pare che durante la processione è stata ripetuta una gestualità che va avanti da oltre 30 anni, con la Vara rivolta verso una parte del paese".
Duro il commento del procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, secondo il quale il gesto compiuto è "un vero e proprio atto di sfida alle parole di scomunica pronunciate da Papa Francesco. Bene il comportamento dei Carabinieri ora la Procura farà il suo lavoro".
Non è la prima volta che in Calabria emergono ingerenze della criminalità nei riti religiosi. In occasione della festa di Pasqua in due comuni del vibonese c'era stata una forte polemica sullo svolgimento della processione dell'Affruntata.

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07 luglio 2014
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