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Marcello Dell'Utri condannato a sette anni

Il 'creatore' di Forza Italia è stato condannato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa

29 giugno 2010

Dopo sei giorni di camera di consiglio i giudici della seconda sezione della Corte d'appello di Palermo, presieduta da Claudio Dall'Acqua (a latere Salvatore Barresi e Sergio La Commare), hanno condannato il senatore Marcello Dell’Utri a sette anni di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa.
In primo grado, quando la camera di consiglio durò ben 13 giorni, al parlamentare del Pdl erano stati inflitti nove anni di reclusione. La corte, riformando la sentenza di primo grado, ha invece assolto Dell’Utri limitatamente alle condotte contestate come commesse in epoca successiva al 1992 perché "il fatto non sussiste", riducendo così la pena da nove a sette anni di reclusione. I giudici della seconda sezione della corte d’appello hanno infine dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’altro imputato, Gaetano Cinà, che frattanto è deceduto.
Il Procuratore generale Antonino Gatto, a conclusione della sua requisitoria, aveva chiesto la condanna di Dell’Utri a 11 anni di reclusione.
Dell'Utri oggi non è presente nell'aula bunker di Pagliarelli, ha infatti preferito aspettare la decisione della corte d'appello nella sua casa a Como.

La sentenza di oggi sigilla la chiusura ufficiale del "secondo atto" di uno dei processi più seguiti negli ultimi anni nel nostro Paese. Istruito a Palermo nel 1997, il processo di primo grado si concluse l'11 dicembre del 2004, dopo 257 udienze, con una sentenza di condanna a 9 anni di reclusione che indicava il senatore come un uomo a metà strada fra il mondo della ricca finanza milanese e i più efferati contesti legati a Cosa Nostra. L'appello è iniziato nel 2006.
A tirare in ballo il nome di Dell'Utri era stato il pentito Salvatore Cancemi già nel 1994, parlando di un altro personaggio che gravitava nell'orbita di Silvio Berlusconi sin dai primi anni '70: Vittorio Mangano. Questi, ufficialmente stalliere nella residenza di Berlusconi ad Arcore, era in realtà un vero e proprio "uomo d'onore" ben conosciuto negli ambienti mafiosi palermitani, portato a Milano alla corte del premier proprio dal senatore.
Ma quello con Mangano non era l'unico contatto dell'esponente del Pdl con personaggi di spicco di Cosa Nostra. Stando alle dichiarazioni dei pentiti Tommaso Buscetta e Nino Giuffrè, Dell'Utri avrebbe avuto rapporti di amicizia anche con storici capimafia come Gaetano Cinà e Stefano Bontade, facendo da vera e propria "cerniera fra potere mafioso, politico ed economico".
La mafia, in particolare, lo avrebbe usato fin dagli anni '70 come tramite per entrare a pieno titolo in grandi affari edilizi del nord come Milano 2. L'accusa ha inoltre sempre puntato il dito contro il rapporto fra Dell'Utri e i boss di Brancaccio, Giuseppe e Filippo Graviano. Questi contatti, riconducibili ai primi anni '90, sarebbero stati finalizzati a dettare le più importanti linee guida del progetto politico di Forza Italia, fondato proprio in quegli anni.

"Con questa sentenza si mette una pietra tombale sulla presunta trattativa tra Stato e mafia durante il periodo delle stragi. Quello che ha detto Spatuzza non è stato evidentemente preso in considerazione come voleva l'accusa", ha detto l'avvocato Nino Mormino, legale di Marcello Dell'Utri, sottolineando che la corte ha assolto il suo assistito per le condotte contestate in epoca successiva al 1992, escludendo cioè qualunque "patto" tra lo Stato e Cosa Nostra subito dopo le stragi.
Parlando poi del pentito di mafia Gaspare Spatuzza, che è stato sentito nel corso del processo nel corso del quale ha accusato Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, l'avvocato del senatore ha detto: "Spatuzza è fuori, ma non solo lui. Anche Vittorio Mangano, i rapporti Mangano-Dell'Utri, i patti politici per sostenere Forza Italia, gli episodi del '99. Rimane tutto fuori". Secondo Mormino, "rimane un processo di responsabilità comune e non di responsabilità politica". Mormino non esclude che ci sia anche una prescrizione nella sentenza: "Questo è un problema che dobbiamo verificare perché la pena che si applicava per l'associazione mafiosa nel '92 era tale che potrebbe anche rientrare nella prescrizione".

Tra i primi commenti provenienti dal mondo politico quello del leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro: "Anno più, anno meno, il fatto resta quello che è, ossia che Marcello Dell'Utri ha avuto rapporti penalmente rilevanti con la mafia. Speriamo che Berlusconi adesso non faccia ministro pure lui".

Il senatore Dell'Utri, in una conferenza stampa indetta stamane a Milano, ha definito la sua condanna una "sentenza pilatesca". "Hanno dato un contentino alla procura palermitana - ha detto - e una grossa soddisfazione all'imputato, perchè hanno escluso tutto ciò che riguarda le ipotesi dal 1992 in poi".
Marcello Dell'Utri lo aveva detto in passato e lo ha ripetuto oggi: "Vittorio Mangano è stato il mio eroe". Spiegandolo ai giornalisti ha citato anche i fratelli Karamazov, quando Andrej viene presentato come un furfante ma eroe. "Era una persona in carcere, ammalata - ha detto - invitata più volte a parlare di Berlusconi e di me e si è sempre rifiutato di farlo. Se si fosse inventato qualsiasi cosa gli avrebbero creduto. Ma ha preferito stare in carcere, morire, che accusare ingiustamente. È stato il mio eroe. Io non so se avrei resistito a quello a cui ha resistito lui".
"Cercherò il procuratore Gatto e gli farò le condoglianze", ha continuato Dell'Utri soffermandosi sulla parte della sentenza che ha escluso perchè il fatto non sussiste l'ipotesi di un suo coinvolgimento nelle vicende che riguardano le stragi dei primi anni Novanta. Su quel periodo, però, secondo Dell'Utri "è giusto indagare ma - ha proseguito - lo si faccia nella giusta direzione, non attaccando cose a persone che non c'entrano niente di niente".
Dell'Utri spera nel giro di un anno in una sentenza per lui positiva da parte della Cassazione. "Spero che dicano: 'ma che stiamo facendo, lasciate stare". Il senatore del Pdl ha spiegato che si aspettava una sentenza di questo tipo. Se fosse arrivata l'assoluzione "avrei detto - ha aggiunto - che la pena l'ho già scontata: 15 anni di pena. Io non somatizzo, ma il disagio c'è".

Il Procuratore generale Nino Gatto ha invece commentato: "Vedremo quali sono le motivazioni. Sono stupito. In pratica le cose dette da Spatuzza e l'intero impianto accusatorio che pure era ben piantato su questo punto non è stato preso nella giusta considerazione". "Non è vero tra l'altro - ha aggiunto - che Filippo Graviano ha smentito Gaspare Spatuzza, anzi ha confermato alcuni episodi. Invece Giuseppe Graviano stava male e non ha voluto rispondere. Bisogna capire perchè la corte ha deciso di eliminare la 'stagione politica' da questo processo. In ogni caso sono sempre possibili ulteriori indagini. Non voglio pensare alla prescrizione, non ci ho mai pensato. La difesa valuterà se esistono i termini".

Il testo del dispositvo della sentanza - Questo il testo integrale del dispositivo della sentenza emessa dalla seconda sezione penale della Corte d'appello di Palermo, presieduta da Claudio Dall'Acqua, nei confronti del senatore Marcello Dell'Utri.
"Visti gli articoli 150 cp, 530, 531 e 605 ccp; in riforma della sentenza del tribunale di Palermo dell'11 dicembre 2004 appellata da Cinà Gaetano e Dell'Utri Marcello ed incidentalmente dal procuratore della Repubblica di Palermo - si legge nella sentenza - si dichiara di non doversi procedere nei confronti di Cinà Gaetano, in ordine ai reati ascrittigli perche' estinti per morte del reo. Assorbita l'imputazione ascritta al capo A della rubrica di quella in cui al capo B, assolve Dell'Utri Marcello, dal reato ascrittogli, limitatamente alle condotte contestate come commesse in epoche successiva al 1992, perché il fatto non sussiste e per l'effetto riduce la pena allo stesso inflitta ad anni sette di reclusione. Conferma nel resto l'appellata sentenza. Condanna - proseguono i giudici - Dell'Utri Marcello alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite Provincia regionale di Palermo e Comune di Palermo che si liquidano per ciascuna di esse in complessivi euro 7.000 oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge. Indica - conclude la sentenza - in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, AGI, Rainews24.it, La Siciliaweb.it]

 

 

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29 giugno 2010
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