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Massimo Ciancimino al processo Mori

Il figlio di 'Don Vito' dopo le nuove accuse a De Gennaro, davanti alla IV sezione del Tribunale di Palermo ha parlato del presunto "puparo"

10 maggio 2011

Massimo Ciancimino, arrestato il 21 aprile per calunnia aggravata nei confronti di Gianni De Gennaro, ha continuato a parlare dell'ex capo della polizia che, secondo il testimone che oggi ha deposto al processo al generale Mario Mori, avrebbe saputo dei contatti tra suo padre Vito, ex sindaco di Palermo, e il boss Bernardo Provenzano.
Le accuse a De Gennaro sono contenute negli interrogatori in carcere resi ai pm palermitani Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Paolo Guido dopo il suo arresto. I verbali sono stati messi a disposizione della difesa di Mori.
I pm hanno depositato anche la perizia della polizia scientifica su alcuni documenti consegnati in questi anni da Massimo Ciancimino alla procura. Una delle fotocopie, secondo i rilievi della scientifica, sarebbe stato falsificata aggiungendo il nome di De Gennaro alla lista di personaggi delle istituzioni e delle forze dell'ordine che avrebbero avuto, secondo Ciancimino jr, un ruolo nella trattativa tra mafia e Stato nel periodo delle stragi. Dietro la produzione documentale di Massimo Ciancimino ai pm ci sarebbe un personaggio, su cui sta indagando la Dia nelle indagini condotte da Ingroia, Di Matteo e Guido. Proprio sul presunto "puparo" si sono concentrate nelle ultime ore le ricerche della Procura. È stato lo stesso testimone ad avere ammesso, durante gli interrogatori in carcere di essere stato avvicinato negli scorsi mesi da un personaggio di cui ha fornito anche il nome ai pm. Questa persona lo avrebbe avvicinato circa un anno fa durante la presentazione del suo libro "Don Vito" allo Steri di Palermo, sede del rettorato dell'università, consegnandogli diversi documenti e missive del padre tra cui anche la fotocopia "falsificata" con il nome di De Gennaro.

CIANCIMINO JR AL PROCESSO MORI - Con la sua inseparabile bottiglietta d'acqua e con un voluminoso faldone di documenti, Massimo Ciancimino, testimone assistito, che ha accettato la presenza di fotografi in aula, si è presentato oggi davanti alla quarta sezione del tribunale di Palermo al processo al generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu per favoreggiamento alla mafia. Dopo venti giorni di carcere, il figlio dell'ex sindaco è apparso pallido e teso, meno spavaldo delle altre occasioni in cui è stato sentito come superteste. È la seconda volta che depone al processo Mori. La prima volta, un anno fa, era stato nell'aula bunker dell'Ucciardone.
Le prime domande del pm Nino Di Matteo si sono concentrate sulla genesi della nomina dell'avvocato Nicolò Amato come legale del padre Vito Ciancimino, che sarebbe stato frutto di un suggerimento dei carabinieri che in quel periodo incontravano l'ex sindaco di Palermo. La circostanza è stata confermata in aula dal teste. "Avevamo degli ottimi avvocati, tra i più conosciuti a Palermo - ha detto - Mio padre però mi disse, dopo il suo arresto, che doveva cambiare legale. Doveva nominare Amato, gli era stato suggerito da Mori e dal capitano Giuseppe De Donno. Fui io stesso ad andare da Amato e dirgli che sarebbe stato il prossimo avvocato di mio padre. Lui non fu per nulla sorpreso, mi disse che era già stato allertato ma non da chi". Poi, le domande del pm Di Matteo sono tutte su un misterioso personaggio.


Mario Mori

Il "puparo" - "Sono stato avvicinato da questo personaggio, in modo molto amichevole, che mi ha detto di avere ricevuto copia del manoscritto di mio padre 'Le Mafie' accompagnato da una documentazione per dimostrare la persecuzione giudiziaria che attuavano Giovanni Falcone e Gianni De Gennaro. Mi disse che la vittime della trattativa erano state mio padre e il generale Mori e che la trattativa era stata orchestrata da altri personaggi come Amato e Mancino". Così Massimo Ciancimino ha parla del presunto "puparo", il personaggio che gli avrebbe consegnato documenti dicendo di darli ai pm. "Si è presentato - ha proseguito - come autista del generale dei carabinieri Paolantoni, una persona che conoscevo bene, veniva spesso a casa mia. Eravamo alla presentazione del mio libro 'Don Vito' allo Steri, l'anno scorso. Mi disse che aveva del materiale, e in quel caso mi consegnò quattro fogli, che mi potevano aiutare se avessi voluto scrivere il seguito del libro. Mi ha detto anche che mio padre gli aveva fornito tutta questa documentazione, che lui chiamava "il pepe", per rendere più appetibile l'eventuale pubblicazione del libro 'Le Mafie'". "Dopo che lo vidi a Palermo lo incontrai altre tre volte a Bologna - ha detto - Mi diede sempre documenti importanti, erano tutti manoscritti di mio padre. Ogni volta mi diceva di darli all'autorità ai magistrati e così io facevo. Poi lui si informava se io li avessi davvero consegnati ai pm. Questo personaggio non voleva entrare nella vicenda". Il "puparo" avrebbe anche suggerito a Ciancimino di non parlare più di Mori. "Lui è una vittima della trattativa come tuo padre, mi disse - ha raccontato il figlio dell'ex sindaco - porta le carte ai magistrati. Poi mi promise che mi avrebbe dato una lettera autentica di De Gennaro a mio padre che avrebbe dimostrato il tentativo dell'ex capo della polizia di delegittimarlo. In più mi avvertì che si stava muovendo qualcosa contro di me, che era stato dato ordine di farmi fuori e in maniera esemplare. Questo 'mister x' mi disse di lasciare Palermo, di andare via. Di questi fatti ne parlai con i giornalisti Francesco La Licata e Franco Viviano". L'avvertimento, secondo Ciancimino, si sarebbe concretizzato in un'intimidazione. "Dopo qualche settimana dall'ultimo incontro - ha proseguito - che fu a febbraio, mi è arrivato un pacco con quaranta candelotti di dinamite. Io mi sono spaventato e ho portato la mia famiglia prima al festival di giornalismo a Perugia e sarei voluto andare in Francia per Pasqua ma poi mi avete arrestato".
Ciancimino junior ha sostenuto che il "puparo" gli ha parlato anche del "signor Franco", l'uomo della trattativa fra mafia e Stato, ancora senza nome. "Mi disse che lo conosceva, gli chiesi di poterlo incontrare".


Gianni De Gennaro

Il nome di Gianni De Gennaro - La fotocopia falsificata che ha portato Massimo Ciancimino in carcere per calunnia aggravata nei confronti dell'ex capo della polizia, Gianni De Gennaro, è entrata nel processo a Mori e Obinu. "Non ho scritto io il nome di De Gennaro accanto agli altri della lista - si è giustificato Ciancimino -. Mio padre cerchiò la parola Gross. Non ricordo che lui lo scrisse. Quando 'mister x' mi ha consegnato la fotocopia con De Gennaro io mi sono stupito perché questa aggiunta io non l'avevo mai vista". "Il documento senza la dicitura accanto lo conoscevo - ha proseguito Ciancimino -. È l'elenco di nomi che è stato scritto da me sotto dettatura, tranne l'aggiunzione di De Gennaro. Era la lista dei rapporti 'trasversali' con le istituzioni che aveva intrattenuto come mediatore di Cosa nostra fin dagli anni Settanta. Mio padre me li dettò nel 2000. C'erano nomi che non mi aspettavo. Per esempio Contrada. Mio padre lo considerava addirittura un suo nemico perchè ebbe un ruolo nel suo arresto".


Il presidente della Corte Mario Fontana

Il confronto fra il capitano "Ultimo" e il colonnello Giraudo - La giornata in aula per il processo Mori-Obinu era iniziata con il confronto tra Sergio De Caprio, il capitano Ultimo, e il colonnello dei carabinieri Massimo Giraudo. Questi aveva detto che Mori non avrebbe concesso a De Caprio gli uomini necessari per stanare Bernardo Provenzano. Da qui sarebbe nata la rottura dei rapporti fra i due. La circostanza è stata poi smentita da De Caprio.
"Nel 1995-1996 cambiò molto il tuo atteggiamento nei confronti del generale Mori - ha detto Giraudo rivolgendosi a De Caprio - Ti ricordo che avesti parole di astio nei confronti di Mori. Quando ci fu la voce che sarebbe venuto il colonnello Ganzer al Ros, che era stato voluto da Mori. In quell'occasione si scatenò la tua rabbia perché Mori non ti diede il personale necessario per catturare Provenzano. Ti ricordo anche che dopo l'arresto di Riina dicesti che ci avrebbero dato anche un satellite".
"In quel periodo ero alla scuola di guerra a Civitavecchia - ha spiegato De Caprio - Per quanto riguarda i mezzi che ci avrebbero dato, lo dissi dopo che assassinarono Falcone e non dopo la cattura di Riina. Quello che dici è falso. Tu mi hai visto sempre sporco. Non hai mai avuto rapporto con me se non raramente e sempre per chiedere promozioni. Volevi che intercedessi. Mori mi ha sempre dato gli uomini, non c'è dubbio su questo. Giraudo ricorda male, la mia disputa era con il generale Nunzella, perché voleva trasferire la mia sezione da Milano a Roma". Giraudo quindi, ha confermato le sue dichiarazioni: "Non ho fatto alcuna confusione fra Nunzella e Mori".
Così, il presidente Mario Fontana ha dichiarato chiuso il confronto.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Corriere.it, Repubblica/Palermo.it]

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10 maggio 2011
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