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Massimo Ciancimino di nuovo sotto inchiesta

Riaperte le indagine per associazione mafiosa su Ciancimino jr: ''Ho fiducia nei magistrati. Ho sempre contrastato Cosa nostra''

23 gennaio 2010

Su richiesta della procura di Palermo il gip ha disposto la riapertura dell’inchiesta per associazione mafiosa a carico di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo, Vito. "Ho piena fiducia nei magistrati – ha commentato l’indagato che, da mesi, rende dichiarazioni ai magistrati sulla trattativa tra Stato e mafia – E’ giusto che facciano luce sul ruolo che ho avuto in certe vicende. Non faccio parte di quelli che gridano al complotto: i pm lavorino serenamente, io sono tranquillo e dimostrerò che, dai primi contatti con i carabinieri fino ad oggi, ho sempre contrastato la mafia".

L’indagine, archiviata negli anni scorsi perché i pm sostennero che il figlio di don Vito agiva su indicazioni del padre e non era "pienamente consapevole che la sua attività si inserisse in quella più complessiva dell’associazione mafiosa", è stata riaperta a seguito delle nuove ammissioni del testimone.
Massimo Ciancimino, infatti, ha raccontato, tra l’altro, di avere consegnato i pizzini scritti dal boss Bernardo Provenzano al padre e di avere custodito le lettere e altri documenti dell’ex sindaco in una cassaforte di casa. Ammissioni che potrebbero far pensare a un suo ruolo attivo nelle vicende di cui il padre era protagonista.
"Si vedrà - ha aggiunto Ciancimino - quale sia stato il mio contributo a certe vicende visto che mi limitavo a portare buste chiuse di cui solo ora ho visto il contenuto. Io, comunque, resto a disposizione per ogni chiarimento".

Sulla strage di Ustica - Ciancimino jr, inoltre, avrebbe confermato anche ai pm della Dda di Roma, titolari del fascicolo riaperto sulla strage di Ustica, quanto ha messo a verbale agli atti del processo per favoreggiamento aggravato alla mafia, al generale dei carabinieri Mario Mori: furono i servizi segreti a chiedere l'aiuto dell'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino dopo la strage del DC9 dell'Itavia inabissatosi a largo di Ustica il 27 giugno del 1980 con a bordo 81 persone.
I fatti sono stati confermati al pm Erminio Amelio che ha sentito Massimo Ciancimino come persona informata dei fatti, negli uffici distaccati della procura in Piazza Adriana. Il verbale reso da Ciancimino è stato secretato come ha confermato lo stesso testimone all'Ansa. "Non posso dire nulla - ha detto Ciancimino - ma credo che sarò riconvocato dai pm di Roma".
Secondo quanto si è appreso, il figlio di don Vito ha confermato agli inquirenti romani il verbale agli atti del processo al generale Mori. Ciancimino ha spiegato che il padre fu chiamato dopo la strage di Ustica e si incontrò con l'allora ministro Ruffini. "Mio padre - spiega Ciancimino nel verbale - fece andare a chiamare l'onorevole Lima, fece andare a chiamare altre situazioni, altri personaggi, e quando ho chiesto a mio padre realmente cosa fosse successo, mi raccontò che già allora, nel primo momento, si seppe della storia dell'aereo francese che per sbaglio aveva abbattuto il DC9 e che bisognava attivare un'operazione di copertura nel territorio affinché questa notizia non venisse per niente. E qualora ci fosse stato bisogno di interventi di qualsiasi tipo, loro (i servizi) dovevano poter contare su mio padre".
La procura di Roma ha riaperto l'indagine sulla strage di Ustica sentendo nei mesi scorsi tra gli altri il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga e l'ex ministro Giuliano Amato proprio sulla ipotesi che ad abbattere il Dc9 dell'Itavia fosse stato un missile francese che avrebbe dovuto colpire un aereo con a bordo Muammar Gheddafi.

[Informazioni tratte da ANSA, La Siciliaweb.it]

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23 gennaio 2010
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