Maxi sequestro ad un fedelissimo di Messina Denaro
Requisiti beni per 25 milioni di euro ad un "ex semplice agricoltore" già arrestato nel 1997 per associazione mafiosa
Agenti della Divisione Anticrimine della questura di Trapani e finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria - la task force che dà la caccia a Matteo Messina Denaro - hanno sequestrato beni per 25 milioni di euro a Michele Mazzara, 52 anni, indicato dagli investigatori come fedelissimo del boss latitante.
Tra i beni sequestrati 99 immobili - tra i quali terreni per 150 ettari e alberghi - 8 auto, tra cui due Suv, 17 automezzi agricoli, 86 tra conti correnti e rapporti bancari e tre società (una alberghiera, una edile e una che fa assistenza residenziale per anziani). Il provvedimento prevede, inoltre, l'amministrazione controllata di un'altra società per l'acquisto la valorizzazione e l'utilizzazione di terreni, aree e fabbricati destinati ad uso agricolo, industriale e turistico alberghiero. Sequestrato anche un albergo di San Vito Lo Capo, il Panoramic.
Arrestato nel 1997 dalla Mobile per associazione mafiosa, Mazzara secondo gli inquirenti avrebbe coperto la latitanza del capomafia latitante, trovandogli nascondigli sicuri e luoghi da usare per i summit. Da semplice coltivatore, nel giro di pochi anni, ha messo su un impero economico creando imprese che spaziano dalla commercializzazione di prodotti agricoli, in regime quasi monopolistico, all'edilizia e al settore turistico- alberghiero: ma per gli inquirenti, dietro alle fortune del contadino trapanese ci sarebbe Cosa nostra.
Secondo gli investigatori, dagli anni '90, periodo in cui per le indagini ha debuttato nel "mondo" mafioso, ha accumulato, direttamente o attraverso prestanomi, un immenso patrimonio immobiliare, a fronte di dichiarazioni al fisco di redditi quasi inesistenti che cozzano con i movimenti milionari sui diversi conti correnti a lui intestati. Un'escalation economica dovuta, secondo gli inquirenti, all'investimento di capitali illeciti.
A carico di Mazzara le accuse di diversi pentiti come Francesco Milazzo, ex killer della cosca mafiosa di Paceco, Vincenzo Sinacori, ex capo del mandamento di Mazara del Vallo, e Vincenzo Ferro: i collaboratori lo descrivono come un fedelissimo dei boss Vincenzo Virga e Filippo Coppola e parlano del suo ruolo nella copertura della latitanza del padrino latitante Matteo Messina Denaro.
Mazzara ha patteggiato la pena in un processo per favoreggiamento; ma secondo gli inquirenti, dopo la condanna, avrebbe rafforzato il suo ruolo in Cosa nostra e avrebbe realizzato speculazioni immobiliari e costruito alberghi a San Vito Lo Capo e Castelluzzo-Makari. [Lasiciliaweb.it]
"L'aggressione al patrimonio dei boss mafiosi è fondamentale per combattere Cosa nostra, come dimostra il sequestro dei beni all'imprenditore Michele Mazzara, ritenuto prestanome e fiancheggiatore di Matteo Messina Denaro. Il sequestro eseguito oggi dalla magistratura e dalle forze dell'ordine di Trapani contribuisce a fare terra bruciata attorno al capo di Cosa nostra. Ma ancora più importante è la gestione da parte delle Stato delle aziende, nonché il riuso a fini sociali e istituzionali dei beni sottratti alle mafie perché colpisce le organizzazioni criminali sul piano economico e promuove una cultura dei diritti e della legalità. In questi anni sono stati fatti molti passi in avanti, ma c'è ancora molto da fare poiché sono tante le aziende costrette a chiudere dopo la confisca e i beni finiscono spesso in malora a causa dei tempi lunghi della burocrazia e della mancanza di risorse per poi recuperarli. So che il governo sta lavorando per migliorare il sistema della gestione dei beni confiscati, mi auguro che si arrivi al più presto ad una svolta". Lo dichiara il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia.
- Nella caccia a Messina Denaro... di Felice Cavallaro (Corriere.it)