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Maxi sequestro al "re dei supermercati"

Il procuratore generale assicura: "Non ci sarà nessun danno per i lavoratori"

16 maggio 2013

Militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catania hanno sequestrato beni per diversi centinaia di milioni di euro riconducibili all'imprenditore Sebastiano Scuto. Il "re dei supermecati" in Sicilia è stato condannato a 12 anni dalla Corte d'appello di Catania per associazione mafiosa.
L'operazione si è svolta in cinque città siciliane, a Salerno, Reggio Emilia, Monza e Milano.
Il sequestro preventivo è stato disposto dalla prima sezione penale della Corte d'appello su richiesta del procuratore generale del capoluogo etneo, Giovanni Tinebra.
Sigilli sono stati posti a beni per i quali era stata disposta la confisca con la sentenza di secondo grado all'imprenditore. La sentenza non è definitiva, e per questo è stato disposto il sequestro preventivo e non la confisca.
Il provvedimento riguarda 409 immobili, tra terreni e fabbricati, di proprietà di Scuto, della moglie e dei loro tre figli. Sequestrati anche tutti i beni (quote societarie o azionarie, mobili, immobili, conti correnti e quant'altro) appartenenti a 48 società intestate alla famiglia Scuto. Eseguiti anche i sequestri di conti correnti e rapporti con istituti di credito e finanziari delle varie società indagate.

La Corte d'appello di Catania, il 18 aprile scorso, ha ribaltato, in parte, la sentenza di primo grado, emessa il 16 aprile del 2010 dalla seconda sezione penale del tribunale di Catania, che lo aveva assolto dall'accusa di avere gestito a Palermo centri commerciali in comune con i boss Bernardo Provenzano e i Lo Piccolo e dissequestrato tutti i beni dell'imprenditore, confiscandone "una quota ideale del 15%". I giudici di secondo grado lo hanno infatti riconosciuto colpevole di collegamenti con la mafia palermitana e disposto la confisca di tutti beni, nella misura in cui era stata decisa dal gip in sede d'inchiesta.
La difesa di Scuto ha sempre sostenuto che il "re dei supermercati" avrebbe agito da "vittima di estorsioni da parte delle mafia" e che "pagava il clan per evitare ritorsioni personali".

Per l'imprenditore lavoravano 1.600 dipendenti. Secondo il procuratore Tinebra il sequestro di beni "non ha ricadute negative sulla procedura concorsuale di concordato preventivo in corso, né sul correlato piano di dismissioni. Le legittime aspettative di lavoratori, creditori, acquirenti e aspiranti acquirenti ora possono trovare maggiore garanzia", anche per l'Aligrup. Tinebra ritiene che "la misura cautelare reale del sequestro adottata, oltre agli effetti penali suoi propri, non ha alcuna ricaduta negativa sulla procedura concorsuale di concordato preventivo in corso né sul correlato piano di dismissione controllata di beni sottoposti a confisca non definitiva ed a sequestro".
Il piano, sottolinea il pg, è "finalizzato a creare risorse per il soddisfacimento dei creditori attraverso il concordato e a salvaguardare il livello occupazionale dei lavoratori interessati alla dismissione dei punti vendita ed al loro ritorno alla operatività. Anzi le legittime aspettative dei lavoratori, dei creditori, degli acquirenti e degli aspiranti acquirenti dei beni dismessi e da dismettere possono trovare maggiore garanzia attraverso la necessaria sinergia tra gli organi della procedura fallimentare e l'amministrazione giudiziaria di Aligrup nella procedura di dismissione e di perfezionamento del concordato". [Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it]

- Dodici anni in appello per il "re dei supermercati" (Guidasicilia.it, 19/04/13)

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16 maggio 2013
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