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Megafono di governo

Sull'editoriale contro il pm Antonino Ingroia del direttore del Tg1 Augusto Minzolini

11 novembre 2009

Tg1 delle 20, giorno 8 novembre. Il direttore del telegiornale più seguito dagli italiani, Augusto Minzolini, prende la parola e decide di lanciarsi in una difesa del Lodo Alfano, che nelle scorse settimane è stato dichiarato dalla Corte Costituzionale illegittimo (LEGGI). "L'abolizione dell'immunità parlamentare è stata 'un vulnus' alla Costituzione, e c'è da auspicare che sia sanato", ha detto il direttore del Tg1. Secondo Minzolini, la riforma costituzionale del '93 fu "un atto di sottomissione della politica alla magistratura", confermata dall'elezione di numerosi magistrati in Parlamento, con la conseguenza che "il Parlamento non è riuscito a mettere in cantiere una riforma della giustizia".
Insomma, a giudizio del direttore del Tg1, "l'immunità parlamentare era uno dei fattori di garanzia per assicurare nella nostra Costituzione un equilibrio dei poteri. Non fu certo un'idea stravagante: strumenti diversi ma con le stesse finalità sono previsti in Germania, in Inghilterra e in Spagna, e di un'immunità beneficiano anche i parlamentari di Strasburgo: D'Alema e Di Pietro ne hanno usufruito recentemente". Dal '93 invece "l'immunità è stata cancellata dalla nostra Carta costituzionale. Motivo? In quegli anni la classe politica e i partiti per via di Tangentopoli avevano perso la fiducia della gente e l'abolizione dell'immunità fu un modo per dimostrare che i costumi sarebbero cambiati. Quell'operazione mediatica si trasformo però nei fatti in un atto di sottomissione alla magistratura". Inoltre, "governi di destra e di sinistra sono caduti sull'onda delle inchiesta della magistratura, e il Parlamento non è riuscito a mettere in cantiere una riforma della giustizia. Ma a parte le conseguenze, l'abolizione dell'immunità parlamentare ha provocato un vulnus nella Costituzione, si è rotto l'equilibrio tra i poteri e non se ne è creato un altro. Ora c'è da auspicare che quel vulnus, al di là delle dispute nominali su immunità, lodi e riforme del sistema giudiziario, sia sanato".

Spunto per l'editoriale sono state le dichiarazioni del pm Antonino Ingroia intervenuto qualche giorno fa in un convegno organizzato dall’ex collega Luigi De Magistris ora europarlamentare dell’Idv. Un intervento certamente duro ma schietto. Ingroia ha detto che l’Italia da anni e governata da chi, come la mafia, cerca l’impunità e fa vacillare lo stato di diritto. Ha criticato la legge sulle intercettazioni e il depotenziamento degli strumenti in mano ai pm. Ha fatto notare come, a suo parere, gli interessi privati in questo paese stanno sovrastando quelli pubblici.
“Qualche giorno fa – ha detto Minzolini - il procuratore di Palermo Antonio Ingroia ha giudicato pericolosa la politica del governo sulla giustizia. Un’analisi sorprendente per un magistrato che si è dato un obiettivo ancora più improprio: quello, sono parole sue, di ribaltare il corso degli eventi. Un programma politico che Ingroia ha giustificato con la difesa della Costituzione. Solo che la Costituzione che Ingroia vuole salvaguardare - ha affermato Minzolini - almeno su un punto sostanziale non è quella originale. Nella Carta infatti, insieme all'autonomia della magistratura, i padri costituenti, cioè i vari De Gasperi e Togliatti, inserirono l'istituto dell'immunità parlamentare: non lo fecero perché erano dei malandrini ma perché ritenevano quella norma necessaria per evitare che il potere giudiziario arrivasse a condizionare il potere politico".

La Giunta distrettuale palermitana dell'Associazione Nazionale Magistrati, a proposito delle critiche espresse dal direttore del Tg1 nei confronti delle dichiarazioni rese da Ingroia, è intervenuta con un documento: "Ancora una volta, nonostante il recente invito del Capo dello Stato ad un confronto tra politica e magistratura caratterizzato da rigore e misura, e dopo la vicenda Mesiano, si assiste all'ennesimo violento attacco, portato avanti da esponenti istituzionali e testate giornalistiche di rilievo nazionale, nei confronti di un magistrato: in particolare nei riguardi del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia [...] Il travisamento di sue dichiarazioni, rese in occasioni di convegni pubblici, lo addita come persecutore di intenti politici, di fatto così delegittimandolo ed esponendolo a rischio di isolamento. Ciò appare ancora più grave in relazione alle sue delicatissime funzioni e alle altrettanto delicate e rischiose indagini che sta conducendo. Al fine di evitare tale isolamento - conclude il documento - la Giunta distrettuale dell'Anm di Palermo esprime al collega piena e convinta solidarietà e vicinanza".

Antonino Ingroia da parte sua ha detto: "Non ho fatto alcuna critica nei confronti del governo, alcune mie frasi sono state estrapolate dal contesto e ad esse è stato attribuito un significato diverso". "Non ho né obiettivi, né programmi politici - ha aggiunto pacatamente il magistrato - tantomeno di ribaltare posizioni o attuali assetti politici e istituzionali. Penso che questa sia l'accusa più grave che si possa fare a un magistrato, non mi sento di meritarla. Le mie dichiarazioni erano semplicemente un richiamo ai principi fondamentali scritti nella carta costituzionale. Non mi sento schierato da nessuna parte se non con i padri costituenti e con i cittadini che pretendono verità e giustizia". "Ho fatto riferimento - ha detto ancota Ingroia - alla mia preoccupazione per alcuni disegni di legge, alcuni in corso di approvazione, mi riferisco a quello sulle intercettazioni, altri all'esame del Parlamento, mi riferisco alla riforma del codice di procedura penale, che a mio parere rischiano di aggravare la situazione di difficoltà investigativa della magistratura, soprattutto nei procedimenti più delicati sulle organizzazioni criminali, anche sul versante dei rapporti coi colletti bianchi. Poi ho aggiunto che da parte dei cittadini occorre, come ci ricordavano Falcone e Borsellino, una partecipazione attiva".

Contro l'editoriale di Minzolini si è schierato lo stesso Cdr del Tg1 che ha diffuso un duro comunicato: "Anche questa volta non siamo d'accordo. Anche questa volta il direttore ha schierato il telegiornale con un editoriale sul contestato tema della riforma della giustizia sposando esplicitamente le posizioni della maggioranza di governo. Uno strappo che contrasta con il ruolo di giornale istituzionale e non governativo caro a tutta la redazione, un ruolo che il Cdr continuerà a difendere". Critico anche il presidente della commissione di Vigilanza Sergio Zavoli: "Ciò che genera un diffuso dissenso è la manifestazione di una tesi unilaterale al fuori del pluralismo che la Rai è tenuta a rispettare".

Ha invece difeso il direttore del Tg1 la maggiornaza di governo: "Il suo editoriale non deve spaventare nessuno perchè oltre ad essere coraggioso è politicamente, storicamente e giuridicamente perfetto" ha detto Italo Bocchino, presidente vicario del Pdl alla Camera.

[Informazioni tratte da Repubblica.it, Ansa, La Siciliaweb.it]

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11 novembre 2009
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