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Meglio licenziarli o armarli?

La provocatoria indecisione di Andreo Vecchio, da sempre imprenditore antiracket

04 dicembre 2008

"Non so che fare: se chiudere il cantiere e licenziare i 45 dipendenti che ci lavorano o fare arrivare altri due escavatori e munire gli operai di armi".
Andrea Vecchio, l'imprenditore antiracket presidente dell'Ance di Catania, dice che l'ultimo furto subito, il quinto in poco più di un mese, lo ha "svuotato" tanto da pensare anche di "andare via e lasciare perdere tutto".

La notte scorsa due escavatori sono stati rubati nel cantiere di Vecchio, impegnato nella realizzazione della parte strutturale dell'illuminazione sulla strada Cassabile-Rosolini. Secondo l'imprenditore, che è sotto protezione dopo avere denunciato e fatto arrestare gli estorsori legati al clan Santapaola che gli avevano chiesto il pizzo per un suo cantiere a Catania, i furti subiti a Siracusa potrebbero non essere collegati alla criminalità organizzata. Anche se il manager non esclude che i furti siano comunque un modo per "infastidirlo". "Sapendo che non mi possono chiedere soldi perché non ne avrebbero - ha detto Vecchio - potrebbero avere deciso di darmi fastidio così. Io non mi fermo ma le istituzioni devono intervenire per fermare questi furti che procurano danni per milioni di euro".
Ieri l'imprenditore, appena uscito dall'incontro con il prefetto di Siracusa, che sulla vicenda ha convocato un comitato provinciale per l'ordine alla sicurezza, ha ammesso di essere "sconfortato e fortemente indeciso". "Vivo uno stato d'animo contrastato - ha detto - e non so veramente che fare: cento pensieri mi passano in testa. Aspetto di andare alla riunione in prefettura e poi decideremo a mente serena su che cosa fare".

Secondo il senatore del Pd, Enzo Bianco, che della di città di Vecchio, Catania, è stato sindaco: "Quello che è accaduto all'imprenditore Andrea Vecchio è vergognoso e inammissibile. Lo Stato non può tollerare che una persona così esposta, che è diventata un simbolo della lotta all'illegalità, continui a essere vittima della mafia. C'e in gioco la credibilità di tutti". "Non dubito che gli inquirenti sappiano da quale famiglia mafiosa provenga questo ulteriore attentato", ha aggiunto Bianco, auspicando che "si adottino subito tutti i provvedimenti necessari". "La risposta dello Stato deve essere immediata e ferma - ha concluso il senatore - e a Vecchio va tutta la mia solidarietà e stima per non aver mai abbassato la testa di fronte alla morsa della mafia". 

E se da una parte persone come Andrea Vecchio fanno capire quanto è importante dover stare particolarmente vicini a tutti quegli imprenditori che rischiano quotidianamente la vita piuttosto che perdere la propria libertà, dignità ed onestà, da una parte opposta avviene che la speranza verso un cambiamento venga messa in discussione da personaggi come Stefano Italiano, divenuto anch'esso simbolo della lotta antiracket e che oggi si scopre avrebbe favorito la mafia.
Italiano, presidente della cooperativa Agroverde di Gela, che nel 2005 denunciò le richieste di pizzo facendo arrestare e poi condannare gli esattori del racket, è adesso indagato per riciclaggio aggravato dall'aver favorito la mafia
. L'uomo, che vive scortato da più di un anno e fa parte dell'associazione antiracket di Gela, è stato iscritto nel registro degli indagati dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta nell'ambito di una indagine condotta dal centro operativo Dia. Secondo gli investigatori, Italiano quando denunciò i mafiosi per le richieste di tangenti, si sarebbe "limitato a riferire soltanto degli episodi estorsivi, tacendo di quelle collusioni pregresse con le cosche mafiose".

L'indagine della Dia è finalizzata a fare luce sui meccanismi economico-finanziari di Italiano, che per l'accusa consentivano di riciclare grandi somme di denaro proveniente dal attività illecite delle cosche e nel contempo acquisire contributi pubblici per importi elevatissimi destinati a ristrutturare gli impianti che venivano poi realizzati da ditte riconducibili al clan mafioso dei Madonia.
In seguito alle indagini il gip del tribunale di Caltanissetta ha ordinato il sequestro della cooperativa Agroverde, che fattura 20 milioni di euro all'anno e da tempo era diventata il simbolo della lotta al racket dopo che Italiano aveva denunciato gli esattori del pizzo. E' stato proprio l'imprenditore, infatti, assieme al sindaco di Gela, Rosario Crocetta, a spingere in questi anni con l'esempio altri 70 commercianti gelesi a denunciare. Adesso il sequestro comprende il capitale della cooperativa, gli impianti aziendali e tutte le disponibilità bancarie della società per un valore complessivo stimato in 32 milioni di euro. 

[Informazioni tratte da Corriere.it, La Siciliaweb.it]

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04 dicembre 2008
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